Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

I tempi di Napoli

Il nuovo film di Gianfranco Rosi è un bellissimo omaggio a Napoli e al suo vagare costante tra passato e presente. Più che un documentario, "Sotto le nuvole" è un'elegia per storie e immagini

La donna apre il cancello degli immensi magazzini sotterranei del MANN, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. “Da qui entriamo nell’eternità” dice alla collega che l’accompagna, e pare che le dica buongiorno, si accomodi. “Lavoro qui da trent’anni e conosco le cose e il loro spirito”, aggiunge mentre si aggira tra cumuli di reperti impolverati. “Tutto questo è una perfetta metafora del tempo: il tempo distrugge, il tempo conserva. Vede queste statue? Sono finite qui sotto magari per un restauro e non sono più tornate su, ce le siamo dimenticate. Invece chi è su nelle sale ce l’ha fatta, sta in mezzo alla gente. Loro sono qui e aspettano”.

Un pomeriggio qualunque in una strada come tante di un rione popolare di Napoli, forse alla Sanità. Il maestro in pensione Concetto Leveque detto Titti tira su con fatica la saracinesca della sua “scuola” che non è una scuola, pare piuttosto un negozio di rigattiere con le pareti piene di libri e al centro un grande tavolo con le sedie spaiate ovunque. Aspetta i ragazzi che fra poco arriveranno per farsi aiutare a fare i compiti, fanno classi diverse e gli fanno domande diverse, chi gli chiederà di storia e di grammatica, chi ripasserà le tabelline, a qualcuno correggerà il francese insegnandogli quanto è simile al napoletano. Quando non gli fanno domande lui legge I miserabili. “Di cosa si occupa il libro?” gli chiede un ragazzino. “Si occupa di ladri e truffatori, poveri che vivevano a Parigi dopo la rivoluzione francese, insomma un po’ come voi”.

Centralino dei Vigili del fuoco di Napoli. C’è appena stata una scossa di terremoto ai Campi Flegrei e i cittadini chiamano allarmati. I vigili rispondono gentilmente, ripetono con pazienza le stesse parole rassicuranti, a tutti chiedono se hanno bisogno d’aiuto. E con la stessa gentilezza danno l’ora esatta a un anziano che telefona tutti i giorni. E sono più veloci dei carabinieri a intercettare la richiesta di soccorso di una donna picchiata dal marito, le dicono cosa fare per mettersi al sicuro con i figli mentre mandano la volante dei CC.

È un caleidoscopio di storie concrete e umanissime il nuovo film-documentario di Gianfranco Rosi Sotto le nuvole, meritatamente Premio Speciale della Giuria a Venezia. Il titolo della pellicola, di cui Rosi firma anche il soggetto e la magnifica fotografia in un pastoso bianco e nero, lo spiega l’esergo: “Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole del mondo”, una frase che Jean Cocteau scrisse appena giunto a Napoli nel 1917, la città che lui definì “un enorme disordine, una Montmartre araba”.

Le prime scene immergono lo spettatore dentro nuvole dense da cui emerge la sagoma imponente del vulcano che vigila sulla città come un dio. E il Vesuvio è il vero protagonista della pellicola e il trait d’union delle storie che racconta, popolate da una umanità antica e contemporanea che visse e vive nelle strade e nel sottosuolo. Perché a Napoli tutto avviene – dalle piccole tragedie quotidiane all’apocalisse di Pompei di cui ancora ci occupiamo dopo duemila anni – all’ombra di quella montagna.

Il passato e il presente convivono a Napoli come in nessun altro luogo perché la terra che trema da secoli intorno al golfo è una gigantesca macchina del tempo. Questa città vive nel film di Rosi attraverso le storie minime di tutti i giorni, dove lo stupore per la grande bellezza lasciataci in eredità dagli antichi si mescola alla miseria del presente che continua a devastarla.

Così il Procuratore della Repubblica accompagnato dall’ufficiale dei carabinieri si immerge nei tunnel segreti e perlustra i siti archeologici violentati dai tombaroli della camorra che lasciano macerie per asportare pezzi di affreschi da rivendere all’estero. Ma nelle stesse ore gli archeologi dell’Università di Tokyo lavorano con pazienza a Villa Augustea, convinti di poter riportare alla luce reperti e resti umani del 79 dopo Cristo mai scoperti.

Intanto i driver dell’ippodromo di Agnano portano i cavalli a trottare sulla spiaggia. Mentre una nave siriana scarica tonnellate di grano ucraino a Torre Annunziata e per esorcizzare la paura di dover tornare sotto le bombe di Odessa, gli uomini si allenano in palestra e sognano di mangiare una pizza.

Lo sguardo di Rosi entra nelle carrozze vuote della circumvesuviana che tornano traballanti al deposito, infilandosi nell’alveare delle case di Napoli coi balconi che si affacciano sui binari, una donna guarda giù e svuota un recipiente di sotto, sempre “Napule è na’ carta sporca e nisciuno se ne importa”. E intanto le fumarole dei Campi Flegrei esplodono e nella notte turbinano le scintille del vulcano e tutto si confonde, nuvole, fumarole e scintille, con le mille luci della città.

Figlio del Sacro GRA, Sotto le nuvole offre allo spettatore una versione perfetta di quella cifra stilistica che contraddistingue Rosi e che gli ha meritato riconoscimenti a livello mondiale come a nessun altro regista di documentari. Sono stati necessari tre anni di incontri, sopralluoghi e riprese per costruire la trama di storie apparentemente scollegate, ma che in realtà si incrociano e dialogano tra loro in una pellicola unica, un affresco di umanità vera che evita i luoghi comuni e coloratissimi partenopei e si addentra in una materia densa di secoli fatta di riti, credenze, devozione, comicità e dolore, coraggio e solidarietà.

La fotografia in bianco e nero non è semplicemente una scelta estetica, è assolutamente funzionale alla drammaticità dei luoghi (a cominciare dall’onnipresente vulcano) e delle storie passate e presenti che il film racconta.

E non è un caso che la pellicola inizi e finisca in una sala cinematografica vuota dove si proietta Viaggio in Italia di Roberto Rossellini. Perché Napoli è ancora quel viaggio, è l’inizio ed è la fine. “Il mare è blu scuro. Scaglia giacinti sui marciapiedi”, scriveva Cocteau nella stessa frase che apre la pellicola. E dalla meraviglia dei giacinti scagliati dal mare noi siamo incantati da secoli.

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