Diario di una spettatrice
Ascoltate Hind Rajab!
Nessuno di noi si salverà finché non riusciremo a salvare Hind Rajab: è la convinzione con la quale si esce dal film di Kawthar ibn Haniyya, in pole per l'Oscar (e coprodotto da mezza Hollywood)
Scrivo questa recensione per chi ha deciso che non vedrà questo film, con la speranza di fargli cambiare idea. Mi riferisco ai pochi che sono infastiditi dalla “sovraesposizione mediatica” della tragedia di Gaza e ai molti che si sentono così coinvolti da pensare di non poterne affrontare la visione. A entrambi dico che La voce di Hind Rajab deve essere visto, anzi ascoltato, per la stessa ragione per la quale oltre un anno fa abbiamo visto La zona d’interesse, il raggelante film sul comandante di Auschwitz e la sua allegra famiglia al di là del muro del campo: semplicemente non possiamo chiudere gli occhi davanti alla Storia, la Storia di questo nostro tempo che sarà scandito dal prima e dal dopo Gaza.
Di questa pellicola scritta e diretta dalla regista tunisina Kawthar ibn Haniyya, già in pole position per l’Oscar al migliore film internazionale e che tanto clamore ha suscitato dopo la proiezione a Venezia – l’applauso più lungo mai registrato in un festival cinematografico e meritatamente Leone d’argento e Gran Premio della Giuria – è impossibile scrivere qualcosa che non sia già stato scritto. Mi limito quindi a qualche considerazione.
La storia vera che racconta è nota: tutto avviene in una manciata di ore il 29 gennaio 2024, quando il centralino della Mezzaluna Rossa a Ramallah (la Croce Rossa nei paesi musulmani) intercetta la richiesta di soccorso di un’auto intrappolata a Gaza dai carri armati dell’IDF: a bordo ci sono i cinque cadaveri di una famiglia palestinese in fuga e tra loro una bambina sopravvissuta di cinque anni, Hind Rajab. Il film porta sullo schermo quelle ore concitate in cui due uomini e tre donne tentano dal centralino di inviare un’ambulanza per salvare la bambina, forzando la burocrazia delle procedure imposte dall’esercito israeliano per concedere l’autorizzazione ai soccorsi. Alla fine moriranno sia la piccola sia i due soccorritori che l’hanno raggiunta.
La pellicola corre veloce per 89 minuti costruita interamente in studio (tranne le riprese finali sul luogo della tragedia) e offre allo spettatore il punto di vista degli operatori del centralino: gli attori, praticamente controfigure dei veri protagonisti (lo si vedrà nelle battute finali) recitano all’impronta reagendo alla registrazione originale e non filtrata delle richieste convulse di soccorso di Hind, intrappolata nell’auto tra i corpi dei familiari. Questa registrazione, subito divulgata online con enorme risonanza, costituisce lo scheletro della sceneggiatura, come ha spiegato la stessa regista: “Ho sentito che il mio ruolo, in quanto regista, fosse semplicemente di trovare il modo migliore e più cinematografico per trasmettere ciò che avevo ricevuto: la registrazione, la sua voce. Era già tutto lì. Dovevo capire, scoprire da quale prospettiva raccontarlo”.
È consigliabile fare mentalmente più di un passo indietro e ricordarsi di respirare per evitare di vedere l’intera pellicola in apnea. Come è scontato che lo spettatore condividerà le stesse emozioni – senso di impotenza, rabbia furiosa e tristezza infinita – che attanagliano i cinque operatori della Mezzaluna Rossa nel corso del tentativo disperato di salvare la bambina. Il nodo in gola arriva quando chiedono a Hind, tentando di distrarla, che classe fa e lei risponde “la classe delle farfalle” nella scuola materna “La casa della felicità”. Una farfalla che a cinque anni ha già capito la differenza tra dormire e morire.
“Questo film rappresenta il genocidio in corso, racconta quello che accade tutti i giorni a Gaza. La storia di Hind Rajab è una tra le migliaia di storie che emergono ogni giorno dalla Mezzaluna Rossa palestinese”, ha detto Clara Khoury, l’attrice di origini palestinesi che interpreta la psicologa che sostiene gli operatori e la bambina. Se si scorre l’elenco dei produttori di questo film si scopre che c’è mezza Hollywood: tra gli altri Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Alfonso Cuarón e lo stesso regista de La zona d’interesse Jonathan Glazer.
Come si esce dalla sala? Con un brivido, con la vertigine di una certezza assoluta dettata dall’orrore cui abbiamo assistito: nessuno di noi si salverà finché non riusciremo a salvare Hind Rajab.