Letterature diverse
Poesia della verità
Nel segno del "maestro" Ahmadu Bamba, in Senegal ha ancora grande rilievo la poesia poesia wolofal. Ne parliamo con Emiliano Minerba. «I versi sono uno strumento di identità e di crescita personale»
Nell’ambito degli appuntamenti sulla letteratura dei paesi africani, in collaborazione con i professori di africanistica dell’Università Orientale di Napoli, abbiamo intervistato Emiliano Minerba che ci parlerà della poesia wolofal del Senegal. Emiliano Minerba si è laureato all’Università di Napoli “L’Orientale” nel 2017. Nel 2018 ha iniziato il suo dottorato di ricerca in convenzione tra “L’Orientale” e l’Università di Bayreuth. Ha completato la sua tesi di dottorato, intitolata Analisi storica comparativa dei sistemi metrici swahili e wolof, nel 2022. Attualmente lavora presso l’Università di Bayreuth come post-doc nell’ambito del progetto PhiGe (“Philosophy and Genre: Creating a Textual Basis for African Philosophy”). Oltre alle tradizioni poetiche swahili e wolof, i suoi interessi di ricerca includono le letterature moderne swahili e wolof, in particolare il teatro, e le poesie orali, soprattutto nell’area bantu.
È uno specialista di poesia wolofal, me ne parla?
Mi occupo in particolare della poesia della confraternita muride. Questa confraternita nasce a cavallo tra Otto e Novecento, in periodo coloniale. Un periodo in cui ancora esisteva la vecchia classe nobiliare wolof, che però ormai non era che una rappresentante del potere coloniale francese. Le reti costituite dai sufi erano gli unici potenziali oppositori.
In questa epoca nasce Ahmadu Bamba, marabutto di antico lignaggio, dalle teorie molto innovative. Propone di non dedicarsi più allo studio nozionistico dell’Islam, ma di favorire l’elevazione spirituale attraverso la pratica e il lavoro. I muridi si trasferivano con le famiglie in dei villaggi costituiti appositamente intorno a dei centri di studi religiosi, chiamati “daara”. Studiavano e lavoravano insieme. Bamba fa questo esperimento in totale estraneità dalla politica, ma la sua idea ha talmente successo da spaventare i nobili, che aizzarono contro di lui le autorità coloniali, col pretesto – totalmente infondato – che Bamba stesse organizzando un jihad armato.
Bamba fu spedito in esilio per sette anni in Gabon. Alternò la sua vita tra nuovi esili e arresti domiciliari. L’autorità coloniale però non riuscì né a impedire la sempre maggiore diffusione del movimento, né la sua pratica non violenta.
Bamba era anche un prolifico poeta in arabo, ma volle che alcuni discepoli da lui scelti scrivessero poesie in wolof per meglio diffondere il messaggio religioso al popolo.
La poesia sufi in wolof è simile a quella araba e persiana?
La poesia wolof muride, innovando sulle tradizioni precedenti, tenta di spronare i credenti al lavoro e alla pratica quotidiana della religione. Bamba stesso scriveva: “Chi ha la conoscenza e non la mette in pratica è simile a un mulo gravato da un carico”.
Mancano molti temi classici della poesia sufi, per esempio non si toccano temi cari alla poesia del sufismo persiano, come l’amore, l’amicizia, il vino — tutti elementi, spirituali e non, visti come allegorie per avvicinarsi a Dio. In questo caso, questi temi sono assenti, mentre è fondamentale l’etica della pratica quotidiana, sia religiosa che lavorativa.
Anche qui l’uso delle metafore è presente, ma sono ispirate alla cultura orale wolof. Per esempio, la guida spirituale viene spesso paragonata a dei lottatori tradizionali chiamati “mbër”. Sono molto toccanti anche le metafore legate all’acqua: per esempio, la vastità del sapere del maestro viene paragonata a un oceano, le cui onde, con il loro andirivieni, simboleggiano il lento ma costante penetramento del sapere nelle menti e nei corpi degli allievi.
In questa poesia sufi, rivolgere tutti i pensieri a Dio non significa abbandonare il mondo, ma anzi lavorare nel mondo. Un discepolo di Bamba, famoso poeta wolofal, Mbay Jaxate, scriveva: “Dio non ha fatto del mondo una casa, ma un campo da lavorare”.
Queste erano quindi sia orali che scritte?
Erano composte per iscritto; bisogna ricordare che all’epoca il wolof era ancora scritto in un alfabeto derivato dall’arabo e non in quello latino come oggi. Comunque, le poesie venivano declamate, non tanto perché i fedeli fossero analfabeti — del resto, per motivi religiosi, un buon numero di fedeli sapeva leggere il Corano — ma perché la poesia wolof non ha rinunciato all’oralità.
La declamazione dei poemi è centrale. Sono poesie salmodiate, a volte da singoli, a volte da gruppi di fedeli, ma senza accompagnamento musicale.
Queste poesie presentano gli stessi metri della poesia araba classica?
Sì, si tratta di un bellissimo esempio di ibridazione. Dalla poesia araba islamica riprende la metrica, diverse forme stilistiche e le tematiche religiose, mentre dalla tradizione wolof prende la lingua — anche se scritta in alfabeto arabo — e le metafore della letteratura orale.
Chi sono i poeti iniziatori di questo genere, scelti da Bamba?
Sono quattro: Samba Jaara Mbay, Moor Kayre, Mbay Jaxate e Muusaa Ka. Sono conosciuti come la “Pleiade Muride”. Ma, nonostante la loro importanza sia riconosciuta universalmente, purtroppo mancano traduzioni o edizioni critiche. Si tratta di un lavoro urgente da fare, perché la loro lingua wolof è mutata rapidamente e molti madrelingua di oggi non comprendono più queste poesie.
Samba Jaara Mbay e Moor Kayre sono quasi contemporanei a Bamba e hanno tematiche molto più vicine al misticismo, come il loro maestro spirituale. D’altro canto, Mbay Jaxate e Muusaa Ka entrano nella Muridiyya quando si è già sviluppata la centralità della pratica del lavoro. Le loro tematiche sono quindi molto più concrete e legate all’azione. Si tratta dunque di una poesia che vuole ispirare l’amore per l’etica lavorativa e il miglioramento personale.
Muusaa Ka ha anche scritto un’epopea sugli anni dell’esilio del maestro Bamba.
Il sapere è centrale in questa produzione poetica?
Sì, non solo nella poesia, ma in tutta la pratica muride, poiché il sapere non è visto come un insieme di nozioni, ma come ciò che siamo e riusciamo a fare. Quindi noi non abbiamo un sapere, ma siamo un sapere. Siccome la fonte di ogni sapere è Dio, più io divento questo sapere, più mi avvicino a Dio.
Bamba è, per i muridi, un Polo, un Quṭb, una figura che il professore e islamista Carlo Saccone definisce con la bellissima espressione “persona-verità”. La realtà divina, che rimane sempre trascendente e quindi segreta, diviene manifesta e quindi concreta nel maestro. Il quale non la rivela verbalmente, ma attraverso la pratica.
Quindi il compito di chi vuole acquisire questa conoscenza è conoscere il proprio maestro, seguirne le indicazioni in ogni ambito della vita e letteralmente cercare di imitarlo.
Per la Muridiyya, tra Otto e Novecento, Bamba era il Quṭb di quell’epoca. Nelle poesie si percepisce molto l’intimità del rapporto tra maestro e allievo, che diventa quasi paterno.
Si tratta di una poesia ancora molto conosciuta in Senegal?
Assolutamente sì. Dopo questi poeti, ce ne sono stati molti altri. La confraternita muride è una delle più diffuse del Senegal, quindi queste poesie vengono recitate spesso dai fedeli e sono conosciute sia nel mondo culturale che nella società in generale.
Oggi esiste anche una poesia ispirata alla tradizione della poesia muride, pur non essendo scritta da fedeli e trattando tematiche laiche, come, per esempio, la situazione attuale del Senegal.
Nella quotidianità, dove si incontrano queste poesie?
Un po’ dappertutto. Quando vivevo a Dakar, vedevo quasi a ogni incrocio dei piccoli gazebo dove si servivano tè e caffè e dove, invece che musica, si ascoltavano queste poesie. Fanno veramente parte della quotidianità, anche di chi ormai non le comprende più appieno, poiché il wolof è mutato.
Anche il mito di Bamba è estremamente sentito ed è iconograficamente presente in tutta la città, attraverso murales, sui pullman e con foto sparse un po’ ovunque. Dal punto di vista iconografico, la sua immagine è più presente di quella del primo presidente del Senegal indipendente, Léopold Sédar Senghor.
Oggi, nella cultura popolare, il grande leader anticolonialista è diventato Bamba. Ma associare direttamente Bamba a Senghor non è del tutto corretto.
Perché?
Senghor voleva diventare un leader anticoloniale anche dal punto di vista culturale — basti pensare alla sua attività poetica, anche se scritta in francese, al concetto di negritudine e all’idea del Festival Mondial des Arts Nègres.
Anche Bamba oggi è considerato un leader anticoloniale, ma questo pensiero è fuorviante. In vita, pur avendo subito l’esilio e l’ostracismo sia dall’aristocrazia wolof che dai poteri coloniali, si è sempre proclamato un leader religioso e non politico.
Tuttavia, è percepito come il primo esempio di una cultura non violenta che ha saputo resistere all’esilio e all’ostracismo politico.
La Muridiyya viene vista oggi come un contraltare al modello di Senghor, che, pur essendo stato il grande leader dell’indipendenza senegalese, ha scelto un modello di Stato laico d’ispirazione francese — un po’ come Gandhi e Mandela hanno scelto quello anglosassone.
I fedeli, quindi, preferiscono il modello religioso della muridiyya a quello laico di Senghor. È però molto importante sottolineare che la muridiyya ha sempre sostenuto un’idea non violenta e aperta alla modernità dell’Islam. I movimenti integralisti che negli ultimi anni hanno dilagato nell’Africa occidentale non sono riusciti a penetrare in Senegal, anche grazie alla forza spirituale e sociale della Muridiyya.
Il wolof non è ancora lingua ufficiale in Senegal. Me ne parla?
Certo. In effetti, la questione dello status del wolof è un altro dibattito che anima il Paese e di cui è portavoce la Muridiyya. Infatti, la lingua ufficiale del Senegal è il francese, mentre il wolof non ha alcun riconoscimento formale, pur essendo di fatto la lingua più parlata nel Paese.
La Muridiyya, utilizzando il wolof e rifiutandosi di utilizzare il francese, si è attirata molte simpatie popolari. L’esempio più lampante di questa situazione è Tuubaa: questo centro, fondato come piccolo villaggio da Bamba stesso agli inizi della sua predicazione, è oggi una delle principali città senegalesi.
Un vero e proprio “Vaticano muride” di fatto, con regolamenti e leggi propri: una città in cui il francese non è di casa.
Mi recita una poesia muride?
Poesia “Xarit dëgg yewwul ba yewwuy jariñ” (“Amico, svegliati finché sei in tempo”) di Mbay Jaxate:
Amico, svegliati finché sei in tempo · non attendere finché il risveglio non sia uguale al sonno
Questa tua casa è solida e questi muridi ti circondano · comunque un giorno saranno loro a seppellirti
Dovrai restare solo nella fossa con le tue azioni · non vedrai più nessuno, vecchio o giovane
Resta quindi qui, ma che il tuo pensiero vada là · Chi non trattiene laggiù il pensiero non avrà la grazia
Lascia oggi qui il tuo corpo, in questa casa che egli ha fatto · e porta il tuo pensiero in quell’altra casa, vi corra incontro
La maniera in cui finirai annullerà quella in cui hai iniziato · finirai a correre un giorno, e non correrai fino a poter fuggire
Segui ora il bene, fuggi ora il male · Chi continua a seguirlo non avrà che un cuore rinsecchito
Coltivare è davvero utile solo nella stagione delle piogge · Coltiva solo, uomo, prima che arrivi la stagione secca
Il campo di chi cammina senza impegno, verso la sua vergogna · non curerà più i semi perché non avrà più pioggia
La stagione delle piogge è il mondo, coltivare la buona opera · Questo miglio è la tua ricompensa, quando finirà il lavoro possa tu gioire
Chi coltiva sei tu, coltiva dunque! Chi non coltiva coltivi · E non si volga al pranzo finché la fatica non possa interrompersi
Smetti di perderti in chiacchiere e di rigirarti nel letto · Chi fa così e non se ne pente vedrà la sua ricompensa azzerarsi
Sei a guardia di capre forti e vivaci · Le tue membra sono le tue capre, non concederti sonno nella veglia
Compi solo le azioni che soddisfano la tua guida spirituale · E così anche con le parole; altrimenti, tacile


