Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Lucentezza di Venere

I versi di “Lucente stella” furono forse gli ultimi di John Keats, riportati sull’edizione di Shakespeare dell’amico Severn che lo accudiva a Roma. Ipotesi discussa, come discusso è a chi questi versi erano rivolti: forse a Fanny, forse a Isabella. È certo però che celebrano Amore e Poesia

Lucente stella a lungo è stata considerata l’ultima poesia scritta da Keats, poi alcuni studiosi hanno messo in discussione quell’ipotesi. Se sia davvero l’ultima o meno può non essere di interesse vitale, per chi ha a cuore la poesia di Keats e la poesia in genere: questa lirica esiste, e splende, come una stella lucente. Ma in realtà non è proprio così irrilevante, a livello del nostro inconscio, se questa sia davvero la poesia con cui il grande poeta si congeda giovanissimo da questo mondo. È riportata sull’edizione di Shakespeare dell’amico Severn che lo accudisce a Roma, nella piccola piazza di Spagna, dove il poeta si spegnerà.
Non è insignificante che la poesia d’addio sia una lirica d’amore, trascritta su un libro dell’amico che lo segue e protegge, e dedicata a una donna amata.
Se questa è l’ultima lirica, la poesia di John Keats si chiude, nel tempo mortale, con l’amore, da cui la poesia, non solo di Keats, ma la Poesia in assoluto, ha origine. Un altro tema divide la critica, forse meno importante per il nostro inconscio, ma certo fatale per due donne che sopravvissero, giovani più di lui che se ne andava a 25 anni: quei versi furono scritti per una di loro, una delle due. Alcuni sostengono Fanny Brawne, la donna amata e presente in un epistolario struggente, altri Isabella Jones, che al primo incontro suscitò amore nel poeta.
Chiunque sia l’ispiratrice, si è tramutata in Lucente stella, o Luminosa stella, due traduzioni di Bright Star, chiunque fosse divenne, grazie al poeta, Venere.

Lucente stella

Lucente stella, fossi io come te, astro fisso
non nello splendore solitario sospeso nella notte,
e osservare, con le tue eterne palpebre accese
come un paziente insonne eremita della natura,
le acque che si muovono nel loro sacro dovere
di pure abluzioni attorno alle spiagge umane della terra,
o a contemplare le nuove dolcemente scese maschere
di neve sulle montagne e le brughiere
no, sempre immutabile come stella fissa
coricato sul seno sbocciato del mio dolce amore
per sentire per sempre i battiti del suo cuore,
per sempre sveglio in dolce inquietudine,
sempre, sempre ad ascoltare il suo tenero respiro,
e così vivere per sempre, 
o smorzarmi dolcemente nella morte.

John Keats

Traduzione di Roberto Mussapi

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