Pasquale Di Palmo
Alla scoperta dell’opera di Israel Joshua /1

L’altro Singer

Il suo finora più celebre fratello, Isaac Bashevis Singer, autore di libri come “Il mago di Lublino” e “Gimpel l’idiota”, lo considerava il suo maestro. E a leggere le sue storie, ora riproposte da Adelphi (a cominciare da “La famiglia Karnowski”) , si capisce il perché…

Mi cospargo il capo di cenere. Fino a poco tempo fa credevo infatti che di Singer ne bastasse uno solo, ovverosia Isaac Bashevis, lo straordinario narratore polacco naturalizzato americano, autore di splendidi racconti e romanzi, cui venne conferito il Nobel nel 1978. I suoi libri, scritti in yiddish, furono pubblicati in Italia da svariati editori, a cominciare da Longanesi che, tra gli anni Sessanta e Novanta, li presentò in una veste grafica elegante e ricercata. Nonostante sia fare in qualche modo torto a Singer, in quanto tutti i suoi testi presuppongono una perizia formale e un fascino ineguagliabili, ci limitiamo a segnalare in questa sede solo qualche titolo della sua ampia produzione: Il mago di Lublino, Shosha, I due bugiardi, Gimpel l’idiota, Zlateh la capra, Quando Schlemiel andò a Varsavia. Per chi ha avuto il privilegio di leggerli si tratta di libri indimenticabili, in cui viene fatto rivivere un mondo scomparso, quello delle comunità ebraiche e delle loro usanze prima dell’Olocausto, ritratte nel ghetto di Varsavia o nello shtetl, cittadina dell’Europa orientale a maggioranza ebraica.

Isaac B.SingerSi tratta di un mondo dominato da superstizioni e aspetti favolosi, dove i precetti rabbinici vengono messi a soqquadro dall’operato dei dybbuk, sorta di folletti che entrano nel corpo dei viventi per tormentarli o dove ci si dilunga a descrivere gli oggetti di culto: dai filatteri ai cernecchi che incorniciavano le chiome dei più ortodossi agli ingredienti con cui si prepara il cibo kosher, cioè conforme alle prescrizioni alimentari previste dalla religione ebraica. Dal suo primo romanzo, Satana a Goray, all’ultimo, Anime perdute, la produzione di I.B. Singer (nella foto a destra) è una sorta di inesauribile fucina di invenzioni, trovate, storie ricavate dalla cronaca che ne fanno il degno continuatore dei maggiori scrittori ebrei del Novecento – Kafka, Joseph Roth, Bruno Schulz – , della tradizione yiddish che annovera narratori del calibro di Sholem Aleychem, Isacco Leyb Peretz e Mendele Moicher Sforim nonché uno dei massimi artefici del racconto.

Israel J. SingerEro a conoscenza dell’esistenza del fratello maggiore, Israel Joshua (nella foto a sinistra), di cui però non avevo mai letto niente. Ora, dopo aver affrontato i suoi libri, debbo ricredermi e riconoscere che i Singer erano due. Nel 1970 Longanesi fece uscire anche la traduzione di quello che viene universalmente considerato il suo capolavoro, I fratelli Ashkenazi, accompagnata da una prefazione di Claudio Magris, ma senza troppo successo. Israel Joshua accolse il fratello negli Stati Uniti dopo essere riparato nel 1934 a causa delle persecuzioni razziali e dove scomparve prematuramente nel 1944, per un infarto, a soli 51 anni. Collaborò a varie riviste ebraiche e, con i suoi scritti, conobbe una certa notorietà.

Dopo la ristampa dei Fratelli Ashkenazi a opera di Bollati Boringhieri, ora il mondo editoriale nostrano riscopre a sorpresa i libri di un autore che continuò per tutta la vita a scrivere in yiddish, misurandosi costantemente con il ricordo del mondo ebraico in cui era cresciuto (il padre, figura di riferimento di entrambi i narratori, era un rabbino). Nell’arco di qualche mese hanno visto la luce libri che, per la loro indiscutibile bellezza, nulla hanno da invidiare a quelli del più celebre fratello. In questa recensione ci soffermeremo a passare in rassegna i titoli proposti da Adelphi, a cominciare dai romanzi La famiglia Karnowski (pagine 504, euro 20,00) e Yoshe Kalb (pagine 288, euro 18,00), riservandoci di tornare a parlare presto delle altre novità editoriali.

La famiglia Karnowski, pubblicato originariamente nel 1943, costituisce una saga d’eccezione, uno smisurato affresco che, basandosi sulle vicissitudini dei tre rampolli di questa famiglia, offre uno spaccato storico quanto mai verosimile sul progressivo decadimento della borghesia ebraica. Ambientato in Polonia, Germania e America, il romanzo di Singer si configura come un exemplum della diaspora e della parabola discendente di una famiglia che ebbe inizio con David, il capostipite, deciso a lasciare lo shtetl polacco in cui era cresciuto per cercare fortuna alla volta di Berlino, convinto che «bisogna essere ebrei in casa e uomini in strada», continua con le vicende del figlio Georg, apprezzato medico che, come recita la bandella di copertina, «incarnerà il vertice del percorso di integrazione e ascesa sociale dei Karnowski» e termina con la condotta equivoca di Jegor che, approdato negli Stati Uniti, diventerà una sorta di delatore al soldo dei servizi segreti nazisti presenti oltre Atlantico. Com’è stato osservato, i testi di I.J. Singer, alla stregua di quelli di Kafka, prefigurano le tenebre dell’incombente Shoah.

Yoshe KalbYoshe Kalb, che si può tradurre come Yoshe il tonto, è invece la storia di un uomo dalla personalità sfuggente, considerato di volta in volta come un santo o un impostore. D’altronde il tema del dualismo, della duplice personalità di un individuo attraversa come un fil rouge tutta l’opera dello scrittore polacco. Gli scritti di I.J. Singer presentano, sia nell’ambientazione sia nello stile asciutto ed essenziale, parecchie affinità con quelli del fratello. Non è un caso che quest’ultimo lo considerasse il suo maestro, aiutandolo nelle ricerche e nella stesura di questo romanzo davvero encomiabile.

La pecora neraBisogna segnalare inoltre l’uscita di La pecora nera, libro autobiografico che rievoca l’infanzia nello shtetl del narratore, oppresso dai rigorosi precetti paterni: «Qualsiasi cosa uno facesse era peccato. E ovviamente essere sfaccendati era peccato». Il volume, uscito postumo nel 1946, ebbe sicuramente una notevole influenza sulla “trilogia” autobiografica scritta da Isaac Bashevis comprendente i volumi Alla corte di mio padre, Ricerca e perdizione e Nuove storie dalla corte di mio padre.

Infine sempre Adelphi propone il recentissimo Sender Prager (pagine 84, euro 8,00), racconto in cui si narrano le vicissitudini dell’omonimo protagonista che, dopo una vita di dissolutezze, segue l’invito di un rabbino a sposare una giovane che si rivelerà una delusione. Ma lascio al lettore il gusto di proseguire. Per quanto mi riguarda ora so che di Singer ne esistono due, sempre che la sorella maggiore, Esther Kreitman, anch’essa scrittrice, non mi faccia ulteriormente ricredere e io sia costretto a cospargermi ancora il capo di cenere.
(continua)

Facebooktwitterlinkedin