Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

Le uova di Pisto

Storia dei due libri d’esordio ripudiati di Romano Bilenchi: “Vita di Pisto” e “Cronaca dell’Italia meschina”. Appartenendo agli anni della sua adesione al fascismo (da lui inteso in senso rivoluzionario e anti-borghese), lo scrittore toscano ne prese successivamente le distanze

A volte i libri più ricercati dai collezionisti riguardano testi che sono stati rifiutati, dopo la pubblicazione, dai loro stessi autori. È il caso di Vita di Pisto (Il Selvaggio, 1931) e Cronaca dell’Italia meschina ovvero Storia dei socialisti di Colle (Vallecchi, 1933), i due libri d’esordio dello scrittore toscano Romano Bilenchi. Si trattava, in questo caso, di scelte operate da opportunità politiche, in quanto il futuro autore di Il gelo faceva parte di quella frangia di intellettuali che avevano incautamente creduto di ravvisare nel fascismo una qualche analogia con il bolscevismo. Tali sedicenti «fascisti di sinistra» non disdegnavano una dialettica suffragata da scazzottate e manganellate varie.

Nelle file di questi intellettuali figura anche Mino Maccari, a cui si debbono le illustrazioni di alcuni tra i più bei libri novecenteschi, come ad esempio Artemisia di Anna Banti (Sansoni, 1947) e Bestie del 900 di Aldo Palazzeschi (Vallecchi, 1951). Maccari era il factotum della rivista torinese «Il Selvaggio», dalla cui costola nacquero alcuni libriccini, tra cui Vita di Pisto, dove Bilenchi ricostruisce da par suo la vicenda di un antenato garibaldino. Al libro, che inaugura la collana “Documenti”, dove uscirono opere di Arrigo Benedetti, Ardengo Soffici e Indro Montanelli, era allegata una fascetta editoriale, realizzata dallo stesso Maccari, in cui si attribuivano allo stesso vendite mirabolanti negli Stati Uniti: «Questo libro è andato a ruba nel Massachussets: trenta edizioni in poche settimane, crisi di gabinetto e sommosse. Costa lire sei». Peccato non esistesse nemmeno una traduzione per un simile exploit!

Il libro venne anticipato in nove puntate sul «Selvaggio» dal 31 marzo al 15 settembre 1931. Alla fine della terza puntata era riportata la seguente precisazione: «Pisto, che è tuttora vivente e vegeto, e abitante in Colle di Val d’Elsa, segue con interesse la pubblicazione di questa sua vita compilata dal nipote Romano. Ci scrivono di là, che interrogato se si ricordasse d’aver veramente detto, come si legge nella precedente puntata: “Uh bene! Mio padre è morto!” egli ha risposto: “Ero piccino, e lo dissi; però le uova nel tegamino che avevo in mano erano una e non due”. Di fronte a una dichiarazione del genere, non ci resta che prenderne atto».

Rispetto alla lezione anticipata su rivista i capitoletti passano da sedici a undici e Bilenchi, tenendo fede a quella maniacale nomea di perfezionista che lo contraddistinguerà in seguito, apporta alcune significative varianti (si vedano le note alle Opere complete, curate da Benedetta Centovalli e pubblicate da Rizzoli nel 2009). Il volume, una brossura con copertina color rosso mattone, misura cm 12,5 x 19,5, consta di 128 pagine e presenta 10 xilografie, oltre al ritratto fotografico di Pisto intento a sbadigliare. La fascetta editoriale, rarissima a trovarsi, è stampata in azzurro, quasi a staccare con le tonalità presenti in copertina. Sembra che la tiratura del volume, non dichiarata, fosse di 200 copie.

In un’intervista concessa alla rivista «Linea d’ombra» lo stesso autore dichiarò che, subito dopo la morte del padre, «andai a stare con i nonni materni. Con loro abitava un cugino di mio nonno: il famoso Pisto, garibaldino. Garibaldino fu anche l’altro mio nonno, quello paterno. Pisto, che si chiamava Giuseppe [Bordi], assieme a una trentina di altri giovani di Colle aveva tentato di imbarcarsi a Quarto con Garibaldi, ma essendo tutti troppo giovani furono rifiutati. […] Pisto non s’imbarcò, ma si fece tutta la campagna garibaldina. […] Questo Pisto raccontava a me e a Maccari un sacco di storie, e fu Maccari stesso, che si divertiva molto a questi racconti, che mi convinse a scrivere Vita di Pisto. Questo lavoro, lo devo precisare, non fu per me un lavoro letterario. Uscì sul “Selvaggio” con questa avvertenza: “Questo non è un lavoro letterario”. Politicamente noi giovani eravamo molto a sinistra: per noi il fascismo doveva essere una rivoluzione anti-borghese, e più tardi si precisò che doveva diventare il bolvescismo italiano».

La figura di Pisto rappresenta l’incarnazione degli ideali strapaesani che si rifacevano all’opera di Maccari, Malaparte e Longanesi, il quale diede vita alla rivista «L’Italiano». Non era d’altronde concepito, da parte di questi intellettuali sui generis, nessun atteggiamento remissivo nei confronti del regime. Passato già durante la guerra nelle file della Resistenza, Bilenchi si premurò di distruggere le copie rimanenti del suo libro d’esordio, cagione di vergogna, facendolo diventare uno dei testi più rari del Novecento, con quotazioni superiori ai 1000 euro. Vari tentativi intrapresi da diversi editori di ristampare il volumetto naufragarono miseramente, nonostante l’autore si fosse prodigato a emendare la lezione originale. Scrive Benedetta Centovalli: «Il fascismo di Bilenchi è rivoluzionario, mussoliniano, antiborghese, antiliberale, anticlericale, antimonarchico, e Pisto è il precursore dell’uomo nuovoche dovrebbe nascere dalla rivoluzione».

Fa idealmente da pendant il volumetto Cronaca dell’Italia meschina ovvero Storia dei socialisti di Colle, edito un paio d’anni più tardi da Vallecchi che diventerà l’editore di parecchi libri di Bilenchi. Si tratta di una brossura in 16°, contenente 136 pagine, che presenta in copertina un disegno dell’amico Ottone Rosai. Il volume contiene inoltre 34 disegni al tratto dello stesso artista e 16 facsimili di volantini e giornali. Venne pubblicato, dopo essere uscito in 14 puntate tra giugno e settembre 1932, sulla rivista «Il Bargello», nella collana vallecchiana che ha lo stesso nome. La pubblicazione venne rifiutata da Maccari. Cronaca dell’Italia meschina non figura nella succitata edizione delle Opere complete mentre il precedente volume delle Opere, pubblicato da Rizzoli nel 1997, non accoglieva neppure Vita di Pisto. La valutazione della Cronaca si aggira intorno ai 500 euro.

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