Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

I due esordi di Raboni

«Il mio primo libro è il secondo – o viceversa», raccontava il poeta riferendosi a “Il catalogo è questo”, pubblicato, quasi per gioco, dall'amico Lampugnani Nigri nel 1961, e a “Insalubrità dell’aria”, voluto da Vanni Scheiwiller (All'insegna del pesce d'oro, 1963). Ecco come andò…

L’esordio poetico di Giovanni Raboni avviene nel 1961 con una raccolta contenente quindici poesie intitolata Il catalogo è questo, chiaro omaggio alla famosa aria del Don Giovanni mozartiano. Il volumetto, edito da Lampugnani Nigri di Milano, contiene una nota introduttiva di Carlo Betocchi, estrapolata da due lettere indirizzate all’autore. «Posta in essere la realtà, a te interessa il sottosuolo della realtà, quello che è diventato personale ma tuttavia, attraverso certe caratteristiche, conserva un senso di universalità» precisa in una di esse Betocchi. Il libretto, di 48 pagine, misura cm 15 x 9,5, è protetto da un pergamino semitrasparente e consiste in una brossura bianca muta, con sovraccoperta grigia. Nel piatto anteriore, che ricorda i frontespizi degli antichi cataloghi, figurano titolo, nome di autore e prefatore, oltre a quello dell’editore e del luogo di stampa. La tiratura è di 195 copie contrassegnate da numeri arabi, oltre a 15 esemplari con le lettere dell’alfabeto. Il colophon riporta che l’edizione è stata «composta a mano e impressa da Luigi Maestri su carta appositamente fabbricata».

In un articolo apparso sulla compianta rivista «Wuz» diretta da Ambrogio Borsani, Raboni scrisse: «Il mio primo libro è, curiosamente, il secondo – o viceversa. Non solo: ci sono parecchie bibliografie che come mio primo libro ne indicano addirittura un altro che invece, forse, è il terzo… Le cose sono andate così. Nel 1958 o forse nel 1959, non ricordo bene, Vanni Scheiwiller che conoscevo allora solo di fama come giovanissimo e già prestigioso editore, mi telefonò per dirmi che aveva letto il dattiloscritto d’una mia raccolta di versi (era una prima stesura di L’insalubrità dell’aria e gliel’aveva fatta avere, da Firenze, Carlo Betocchi) e che l’avrebbe sicuramente pubblicata. Non disse quando né io glielo chiesi. La lunghezza dei suoi tempi era già leggendaria, e a me andava bene così: non avevo fretta, sapevo che la raccolta era da completare e migliorare e sin da allora la cosa più piacevole e più eccitante, per me, non è fare o aver fatto un libro, ma pensarci, lavorarci, insomma doverlo fare. L’insalubrità dell’aria uscì all’inizio del 1963 nella collana “Lunario”, la stessa dove erano giù usciti Erba, Risi, Orelli, Cattafi; non potevo desiderare di meglio».

Continua Raboni: «Nel frattempo, tuttavia, era successo che un altro mio amico e coetaneo, Arrigo Lampugnani Nigri, ritrovato dopo gli anni del liceo e diventato una specie di mio datore di lavoro (gli facevo da consulente legale, o qualcosa di simile, per le aziende industriali della sua famiglia), mi aveva chiesto di aiutarlo anche a coltivare un suo hobby, una piccola casa editrice (che pubblicò, fra l’altro, per due o tre anni, la rivista “Questo e altro”). Fra il 1960 e il 1961, mentre aspettavo senza la minima impazienza che Vanni mi mandasse le bozze, mi capitò di scrivere un gruppetto di altre poesie. Erano un po’ diverse da quelle di Insalubrità dell’aria, che aveva assunto ormai, con gli ultimi ritocchi e aggiunte, una struttura abbastanza compatta; e così le misi da parte. Ma credo di averne parlato con Lampugnani o forse fu lui a chiedermi se avevo scritto qualcosa di nuovo; sta di fatto che decidemmo, un po’ per gioco, di farne un libretto in pochi esemplari da regalare agli amici (a cominciare, naturalmente, dai direttori e collaboratori di “Questo e altro”). Come prefazione pensai di metterci, dopo avergliene chiesto e ottenuto il permesso, due lettere che Betocchi mi aveva scritto di recente. Così è nato Il catalogo è questo, di cui neanch’io so dire con certezza se sia il mio primo oppure il mio secondo libro; volendo, lo si potrebbe considerare come un’anticipazione del primo libro riassuntivo, Le case della Vetra, uscito nel 1966 da Mondadori».

Raboni precisa inoltre di aver seguito personalmente il processo di stampa, recandosi a più riprese nello studio di Luigi Maestri per scegliere il tipo di carta, i caratteri e l’impaginazione. Quattordici poesie confluirono nelle Case della Vetra, edita nello «Specchio» mondadoriano, mentre Primitivo, presente a pag. 19 della princeps di Lampugnani, non venne accolta e fu esclusa anche dal volume garzantiano di Tutte le poesie del 1997. Il perché è indicato dallo stesso autore: «Francamente non so rispondere. L’ho appena riletta e non mi sembra brutta, e neanche posso dire che mi piaccia meno delle altre quattordici. Sì, forse è un po’ diversa, ha una tonalità e un timbro singolari, che non hanno avuto molto seguito nel mio lavoro successivo. O forse, senza rendermene conto, ho voluto lasciare qualcosa di solo suo, di altrove introvabile, in quel mio primo libretto a sua volta introvabile: una specie di introvabilità al quadrato o meglio, un’introvabilità dentro l’altra, tipo scatola cinese». Primitivo figurerà solo nelle note del «Meridiano» L’opera poetica, curato da Rodolfo Zucco nel 2006, in stretta collaborazione con lo stesso Raboni prima della sua scomparsa, avvenuta un paio d’anni prima.

Nel 1967 uscirà, sempre per Lampugnani Nigri, anche la raccolta Gesta romanorum. Venti poesie 1949-1954, pubblicata nello stesso formato del titolo precedente in una tiratura di appena 99 copie fuori commercio, quasi a formare un dittico. Idealmente si tratta del vero esordio di Raboni che raccoglie una suite composta prima delle sillogi pubblicate in quegli anni. Non è un caso che sia Tutte le poesie garzantiane sia il «Meridiano» curato da Zucco propongano i testi di Gesta romanorum prima della raccolta organica Le case della Vetra. L’autore stesso precisa in una specifica nota del succitato volume di Tutte le poesie: «Sono i resti della mia prima raccolta di poesie, premiata a un concorso per inediti ma mai pubblicata e, a un certo punto, andata perduta. Alcuni dei testi che la componevano erano usciti, nel frattempo, in riviste o antologie, altri come “Appendice 1951-54” a Le Case della Vetra, altri ancora nella plaquette fuori commercio Gesta romanorum». Il dattiloscritto contenente la lezione integrale di Gesta romanorum è stato ritrovato nell’archivio di Betocchi depositato al Gabinetto Vieusseux di Firenze dallo studioso Luca Daino, autore del saggio I «bagliori degli spigoli». Giovanni Raboni tra modernismo e fenomenologia, edito nel 2020 da Mimesis: il fascicolo, composto di 52 carte, è suddiviso in quattro sezioni e contiene 42 poesie. Le valutazioni dei due libretti di Lampugnani Nigri possono variare dai 250 ai 700 euro.

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