Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

Il puzzle “Saison”

“Una stagione all’inferno” di Arthur Rimbaud: storia speculare di un libro di cui si credeva quasi del tutto distrutta la tiratura (500 copie) voluta dall’autore, e di un manoscritto considerato disperso e fortunosamente ritrovato da un bibliofilo che lo ha tenuto nascosto per anni

Une Saison en enfer risulta essere l’unica opera curata da Arthur Rimbaud. La scelta della tipografia ricadde sull’Alliance Typographique (M.-J. Poot et Compagnie), con sede a Bruxelles, al numero 37 di Rue aux Choux, in virtù del fatto che si trattava di un’associazione operaia con cui il poeta era stato in contatto quando frequentava i circoli democratici della capitale belga. L’accordo fu stipulato e Rimbaud si assunse l’onere delle spese di stampa per una tiratura di cinquecento copie. In realtà versò soltanto un anticipo avuto dalla madre e, durante il mese di ottobre del 1873, arrivò a Bruxelles per ritirare un piccolo numero di copie ed eclissarsi definitivamente. Sembra che pernottasse nello stesso albergo che aveva condiviso qualche tempo prima con Verlaine: l’Hôtel Liégeois. Soltanto pochi amici ricevettero un esemplare della Saison in omaggio, tra cui un vecchio compagno di scuola, Ernest Millot, e Ernest Delahaye che fu costretto a restituirlo nell’estate del 1875 perché l’autore voleva a sua volta regalarlo alla «vedova molto civile» che l’aveva ospitato a Milano. A Parigi sembra ne facesse dono soltanto a tre amici: Jean Richepin, Jean-Louis Forain e un terzo di cui si ignora il nome (secondo il biografo Graham Robb si tratterebbe di un giovane autore che faceva parte del Cercle Zutique: Raoul Ponchon). Lo stesso Robb al riguardo precisa: «Nel 1998 è venuta alla luce un’altra copia contenente un pezzo di carta sul quale era scritto l’indirizzo di Régamey. Può darsi che Rimbaud avesse distribuito più copie di quanto sappiamo, ma poche persone, ad ogni modo, avrebbero gradito rivelarsi come ex amici di un poeta omosessuale. Raoul Ponchon, ad esempio, negò sempre di aver ricevuto la sua». 

Il volume, che misura cm 17,5 x 12,5, consta di 54 pagine e ha una copertina di color paglierino sopra cui campeggia in nero il nome dell’autore, con solo l’iniziale del patronimico, e il titolo in rosso, entrambi riportati in stampatello. Sotto è indicato il prezzo del libro (un franco) e sono riportati i dati relativi a luogo, anno di stampa ed editore. Molto curiosa è la vicenda delle copie rimaste ad ammuffire nel magazzino della tipografia, in quanto l’autore non si era preoccupato di saldare il conto e ritirarle. Nel 1901 un bibliofilo belga il cui cognome viene riportato quasi sistematicamente in maniera diversa, l’avvocato Léon Lousseau o Losseau, recuperò casualmente e acquisì in blocco gli esemplari rimasti. Ne bruciò settantacinque che si erano deteriorati e comunicò la sua scoperta alla Société des Bibliophiles Belges ben tredici anni più tardi, il 12 luglio 1914. Fece omaggio di una copia ad alcuni amici scrittori e a ciascun membro della Société, di cui lui stesso faceva parte. Tale ritrovamento confuta la leggenda diffusa ad arte dalla sorella Isabelle e da Paterne Berrichon secondo cui il poeta avrebbe dato alle fiamme l’intera tiratura del libro insieme ad altri suoi manoscritti, in seguito a una crisi di carattere religioso. Da quel momento Une Saison en enfer si può considerare come una delle più ricercate e appetibili rarità bibliografiche a livello internazionale, con quotazioni che si aggirano intorno ai 10 mila euro.

L’ultimo tassello che rimane da esaminare per un puzzle che in realtà non sarà mai abbastanza chiaro riguarda il manoscritto originale della raccolta che, fino a qualche decennio fa, si credeva irrimediabilmente perduto. Enid Starkie, all’epoca in cui compose la sua famosa biografia, elencava solo un paio di manoscritti stilati in brutta copia relativi alla silloge. Clamorosamente nel 1998 la stampa si occupò di un bibliofilo che sarebbe venuto per vie misteriose in possesso di questo tesoro. Il 17 novembre dello stesso anno infatti la casa d’aste parigina Drouot-Montaigne mise all’incanto il manoscritto. Gli studiosi erano ormai convinti che l’originale del mitico manufatto, datato 1873, fosse andato irrimediabilmente perduto. Ricomparve invece dopo oltre un secolo insieme ad altri dieci poesie autografe e all’unico esemplare esistente della celebre foto del poeta scattata da Etienne Carjat nel 1871. Le pagine della Saison, custodite in una cartella di cuoio scuro, sono lacerate ma leggibili nonostante la grafia tormentata dell’autore. La storia di questa riscoperta presenta aspetti inverosimili. Proprietario del manoscritto originale è uno dei maggiori bibliofili francesi, Jacques Guérin, all’epoca novantasettenne, che annoverava nella sua collezione non solo autografi ed edizioni originali dei maggiori letterati francesi ma che era riuscito nell’intento di ricostruire nella sua abitazione il salotto con i mobili originali di Proust (si trova attualmente presso il Musée Carnavalet di Parigi). Si procurò anche il cappotto dell’autore della Recherche che, dopo la morte di quest’ultimo, veniva adoperato da un anonimo signore per andare a pesca. 

Rimbaud ritratto in un disegno dalla sorella Isabelle

Guérin scovò il brogliaccio autografo di Une Saison en enfer in una libreria antiquaria di Londra, nel 1938. Non poté comprarlo perché non aveva i soldi. Dodici anni dopo tornò alla carica: ne entrò finalmente in possesso e decise di non rendere pubblica la scoperta. «Non l’ho mai mostrato a nessuno. Non è mai uscito dalla mia biblioteca» racconta Guérin. «Ho deciso di separarmene perché sono molto vecchio e perché non ho eredi. È come se mi togliessi un gran peso di dosso: per cinquant’anni ho vissuto con l’enorme responsabilità che avevo nei confronti di questo manoscritto. Mi sento un po’ come quell’anziano signore che, al momento di morire, decide di maritare la figlia adorata: meglio affidarla a un altro che metterla sul lastrico. Ecco, io non ho voluto che Une Saison en enfer finisse sul lastrico. […] Ho iniziato a interessarmi a Rimbaud nel 1924: ero giovane, avevo 22 anni e il portafoglio era sempre vuoto. Per comprare il primo testo autografo di Rimbaud, che rivendetti in seguito al Museo di Charleville, fui costretto a indebitarmi. In seguito ho avuto fortuna perché ho trovato lungo la mia strada dei veri tesori: io appartengo a un’altra epoca, quella in cui per un libro, per una stampa, per un manoscritto, si era disposti a fare delle follie… Un bel giorno ricevetti il catalogo di una libreria che offriva fra l’altro la prima edizione di Une Saison en enfer: la comprai per 200 franchi. Poco dopo acquistai anche la prima edizione dei Canti di Maldoror: alla sera, quando tornavo a casa, guardavo quei due libretti e mi sentivo inondare dalla felicità. Parecchi anni dopo, nel 1938, scoprii a Londra il manoscritto originale della Saison en enfer: ma il prezzo era esorbitante e dovetti rinunciare. Poi è arrivata la guerra, gli anni sono passati. È stato nel 1950 che il prezioso manoscritto è entrato nella mia biblioteca: non si è più mosso di lì. Non ne ho parlato con nessuno, volevo essere l’unico a godermi quel capolavoro!». 

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