Adriano Mazzoletti
Ricordando Adriano Mazzoletti

Jazz can never die

Con un verso preso in prestito da Neil Young dedicato al Rock’n Roll e con un suo articolo del 2013 pubblicato su queste pagine, Succedeoggi saluta l’amico e collaboratore scomparso a Roma, storico del jazz e celebre conduttore radiofonico di programmi dedicati a questo genere musicale

Il modo migliore per ricordare Adriano Mazzoletti, profondo conoscitore e grande divulgatore di jazz – scomparso oggi a Roma, alla vigilia del suo 88° compleanno (era nato il 19 giugno 1935) – è riproporre ai nostri lettori un suo articolo apparso sulle nostre pagine 10 anni fa, cioè agli albori di Succedeoggi. Adriano, infatti, aderì subito alla nostra “sfida” (quando anche noi fondatori cominciammo l’impresa senza sapere come e quanto a lungo sarebbe durata), e finché ha potuto ha continuato a collaborare con noi e a condividere le nostre iniziative parallele. Ritroverà il lettore, in questo breve testo, la sua competenza, il piacere della lettura, l’eterna attualità di un genere musicale da lui coltivato e approfondito fin dal 1955. In attesa della prossima uscita del terzo volume del suo imprescindibile “Il jazz in Italia” (EDT Edizioni). 

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Nel vuoto quasi pneumatico in cui vive o meglio sopravvive il jazz internazionale, soprattutto quello americano, continuano a far parlare di sé solo le star di una volta, Ornette Coleman, classe 1930, Wayne Shorter, 1933, Herbie Hancock, 1940 Chick Corea, 1941, oppure Sonny Rollins anche lui ottantreenne come Ornette, che per motivi di salute ha annullato il suo tour estivo e il più giovane Keith Jarrett, classe 1945, che come è consuetudine ha giocato il suo “colpo di teatro” a Umbria Jazz: ha fatto spegnere le luci del palcoscenico, ha fatto ruotare il pianoforte a coda con la tastiera verso il fondale e, dando le spalle al pubblico, ha portato a termine, nel buio più assoluto, il suo concerto che aveva interrotto pochi minuti dopo l’inizio perché infastidito dal solito piccolo flash di un cellulare. Quando suona Jarrett, i teatri, d’ora in poi, dovranno munirsi di metal detector in modo da sequestrare telefonini, piccole macchine fotografiche e perché no anche mazzi di chiavi che potrebbero produrre, se casualmente toccati, un qualche rumore che infastidisce solo lui, Keith, mentre invece Gary e Jack sembrano infischiarsene. Ma non solo: all’ingresso del teatro forse dovrebbe essere presente un medico, munito di stetoscopio, in modo da sottoporre a visita preventiva gli spettatori, perché non si sa mai… e se uno fosse raffreddato o avesse la tosse?

Memorabilia nello studio di Adriano Mazzoletti

In attesa dell’arrivo d’oltreoceano di qualche nuovo genio, uno di quelli come Armstrong, Ellington, Parker, Gillespie, Davis o Coltrane che hanno modificato il linguaggio del jazz e che non si sono mai lamentati di ciò che stava succedendo in platea o peggio in un club di jazz, le case discografiche, grandi e piccole, stanno correndo ai ripari: le multinazionali, con la ristampa dei capolavori del passato, le altre, grazie a una legge comunitaria che stabilisce il pubblico dominio trascorsi cinquant’anni, alla ricerca affannosa di importanti registrazioni di concerti dei grandi del jazz, da pubblicare su disco. Opera quest’ultima altamente lodevole proprio per non disperdere momenti storici di grande importanza.

Uno scorcio dello sterminato archivio discografico di Adriano Mazzoletti

A questo proposito vorrei segnalare due dischi. Il primo risale al 17 settembre 1962 quando Duke Ellington con Charlie Mingus e Max Roach incise per la United Artist lo spettacoloso Money Jungle, capolavoro assoluto di musicisti di due diverse generazioni, così lontane fra loro – Ellington aveva iniziato la carriera nel 1920, gli altri dopo il 1940 – ma in grado di esprimere le loro idee in modo uniforme. Ripubblicato su cd da Poll Winners Records, questo disco inizialmente uscito su vinile, viene ora impreziosito da altri brani che non avevano trovato posto nel disco originale e che ora è possibile ascoltare per la prima volta. Cinque del trio e tre dell’orchestra provenienti, questi ultimi, da altre sedute di incisione. Per i fans di Ellington e non solo, un disco da non perdere.

Il secondo riproduce invece due concerti che il gruppo di Miles Davis diede al Blackhawk di San Francisco venerdì e sabato 21 e 22 aprile 1961. Era il periodo in cui Davis aveva al suo fianco Hank Mobley – che aveva sostituito Coltrane – oltre a Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb. Il cofanetto con due cd, comprende l’integrale dei due concerti di cui solo un brano, On the Green Dolphin Street, registrato il 21 aprile, venne a suo a tempo pubblicato. Dunque inediti assoluti, pubblicati finalmente da Essential Jazz Classics Records. Il gruppo suona magnificamente anche perché Kelly, Chambers e Cobb suonavano con Davis da oltre due anni e Hank Mobley aveva degnamente sostituito Coltrane. Ancora un cd da non perdere.

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