Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

Il racconto di Mal’aria

La storia (in due puntate) dei preziosi libretti realizzati dal 1960 al 1994 dall’«uomo angelico» Arrigo Bugiani. La più esile e variegata biblioteca del mondo, pensata e distribuita gratuitamente solo per amore delle lettere. Vi collaborarono poeti, scrittori e artisti di prima grandezza

«Caro Astengo, se Bugiani ancora non lo conosci, avrai il piacere, questo lo posso dire, d’incontrare un uomo angelico. Credo che i foglietti di “Mal’Aria” rappresentino per lui una ricreazione nel lavoro, il godimento di pubblicare con gusto scritti di amici e documenti curiosi». Così scriveva Camillo Sbarbaro in una lettera indirizzata a Domenico Astengo a proposito di Arrigo Bugiani che diede vita all’indimenticabile iniziativa dei Libretti di Mal’Aria nel 1960, proseguendola fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 1994, alla ragguardevole età di 97 anni. Fu lo stesso Bugiani a immortalare con la sua macchina fotografica sia l’espressione indulgente del poeta, ormai anziano, di Pianissimo sia le suppellettili della casa spoglia di Spotorno dove campeggiavano sopra la scrivania denominata il “pensatoio” i campioni essiccati di licheni e dove in un angolo riposavano, a fianco di una sbilenca sedia di paglia, le pantofole sformate del poeta. Una profonda amicizia e una reciproca stima legavano Sbarbaro e Bugiani, sfociata nella pubblicazione di alcuni impareggiabili libretti del poeta ligure, inaugurati da 5 cartoline, con un disegno di Emilio Greco, stampato dalla Tipografia Lombardo di Genova in carta pelure centorighe azzurra nel 1961.

A questo decimo numero faranno seguito In ricordo di Giacomo Natta, con un disegno del figlio di Arrigo, Orso Bugiani, 19° libretto, stampato dalla Tipografia Lombardo di Genova in carta pelle aglio nel 1962; Pensieri, con disegni di Henri S. Ibels, 39° libretto, stampato dalla Tipografia Lombardo di Genova in carta rasata nel 1963; Una goccia rimasta fuori dal «Contagocce», con un disegno di Marcel Vertes, 229° libretto, stampato da C. Cursi di Pisa nel 1977 su carta fiorita, in occasione del decennale della morte dell’autore. A questi titoli bisogna aggiungere Librettisti del primo tempo che comprende Elegiaca di Orsola Nemi e Facèzia di Sbarbaro, stampato come 419° libretto da C. Cursi di Pisa nel 1987 su carta za-bum (molto divertente l’epigramma che ironizza bonariamente sulla serie di volumetti in-32° di Sbarbaro pubblicati da Scheiwiller: «Peccato, ho stracciato / la nota della spesa! / Chi più di me distratto? / Vanni m’avrebbe fatto, / come nelle usanze sue / un altro in 32») e il penultimo libretto, il n. 500-69, che propone una lettera di Camillo Sbarbaro a Silvio Volta, stampato nel 1993 su «carta comunissima» dalla Pisangrafica. La collaborazione di Sbarbaro si può considerare come uno dei fiori all’occhiello dei Libretti di Mal’Aria, anche se non si deve dimenticare che la scelta degli autori che contribuirono a formare quella che Marino Parenti ha felicemente definito come «la più esile (ma sostanziosa) biblioteca del mondo» fu quanto mai variegata. Oltre ai nomi di autori molto vicini alla sensibilità di Bugiani come i poeti liguri Angelo Barile, Adriano Grande, Giorgio Caproni, frequentati quando Bugiani per motivi professionali risiede a Genova, bisogna ricordare gli autori legati all’esperienza della rivista di ispirazione cattolica «Il Frontespizio» da cui proveniva quel manipolo di artisti e scrittori toscani a cui Bugiani si sentì idealmente legato per tutta la vita: Nicola Lisi, Carlo Betocchi, Piero Bargellini, Domenico Giuliotti, Luigi Fallacara, Pietro Parigi.

Bugiani decise di fondare una rivista di cui far uscire nel primo anno, un po’ velleitariamente, dieci numeri. La redazione era composta, oltre che da Arrigo Bugiani, da Fiore Mascheroni e Basco Lazzeretti che, in realtà, erano pseudonimi dello stesso Bugiani. La rivista si chiamò «Mal’Aria» ed ebbe come sottotitolo quello di «Rivista maremmana». Le collaborazioni annoveravano intellettuali di area cattolica dal taglio fortemente polemico come Ernesto Balducci e Giovanni Fallani. Di «Mal’Aria», il cui motto era «Dio ci mandi male che ben ci metta», uscirono soltanto nove numeri tra il 1951 e il 1954, di cui quattro monografici, dedicati rispettivamente all’opera di Lorenzo Viani, Pietro Parigi, Luigi Bartolini e Domenico Giuliotti. E proprio con Giuliotti nel 1960 inizia l’avventura dei Libretti di Mal’Aria, nati da una costola della rivista di cui ereditarono il nome, con la pubblicazione dell’Inno eucaristico, stampato dalla Tipografia Lombardo di Genova in 500 copie. Il libretto contiene una xilografia di Pietro Parigi e presenta già quelle che sono le caratteristiche di tutti i titoli successivi: un foglio di cm 29 x 20 piegato in quattro, le cui pagine interne risultano bianche, venendo impresse solo occasionalmente. 

I titoli venivano raccolti in piccoli gruppi e inviati gratuitamente agli amici di Bugiani, il cui esempio dovrebbe far riflettere in un’epoca dominata dalle regole del profitto economico che spesso mal si conciliano con la qualità delle proposte editoriali. I libretti furono stampati in varie tipografie, seguendo l’itinerario esistenziale dello stesso editore che ritornerà nella sua amata Toscana, per stabilirsi definitivamente a Pisa. È doveroso passarle velocemente in rassegna, anche se nell’ultimo periodo di pubblicazione Bugiani dovette arrendersi alle moderne tecniche di fotocomposizione, senza per questo rinunciare al rigore artigianale che caratterizzava il suo operato: Stamperia Lombardo di Genova, Stamperia Artigiani Grafici di Sampierdarena, Stamperia Sigla Effe di Genova, Stamperia Colombo Cursi & Fratelli di Pisa, Stamperia Artigiana Igraf di Pisa, Pisangrafica di Pisa, Studio d’Arte Tipografica di Perugia.    

I libretti pubblicati sono 570, con una numerazione che non segue un criterio cronologico rigoroso, in quanto molti titoli, a seconda dell’estro dell’editore, furono anticipati o posticipati: ad esempio il n. 195 viene stampato nel 1978, il n. 196 nel 1976, il n. 197 nel 1979, i nn. 198, 199 e 200 nel 1980, il n. 201 nel 1975. I libretti sono suddivisi in cinque centurie che seguono criteri che Massimo Oldoni, nel suo saggio intitolato Bugiani, «Mal’Aria», i Libretti e ritorno, ha provveduto ad articolare in varie fasi, in cui il momento di carattere creativo, sia letterario sia figurativo, si alterna o si integra con la proposta di documenti rari o inediti della nostra tradizione, spesso di origine popolaresca. Non per niente l’intento, chiaramente irrealizzabile, era quello di creare una sorta di piccola enciclopedia popolare le cui minime dispense fossero costituite da queste fragili farfalle di carta. Le sue edizioncine infatti sembrano ispirarsi, sia per il formato sia per il tenore delle illustrazioni, ai calendari agresti, ai lunari e agli almanacchi popolari da cui gli stessi Bargellini, Betocchi e Lisi trassero ispirazione per comporre, molti anni prima, il Calendario dei pensieri e delle pratiche solari. Alle filastrocche e ai disegni dei bambini seguono stralci da opere erudite del passato, alle poesie e ai disegni di autori più o meno noti si succedono versi in dialetto, traduzioni da lingue poco conosciute (ma figurano anche testi di Apollinaire, Senghor e Wiesel), epigrafi che colpiscono l’immaginazione per la loro immediatezza e lapidarietà. A questo si deve annoverare il rigore quasi maniacale con cui venivano curati i libretti che, ben di rado, presentano refusi di sorta.

(continua)

Facebooktwitterlinkedin