Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Il Fai raddoppia

Per favorire visite con il “distanziamento” il Fai moltiplica le aperture di ottobre mettendo in mostra alcune meraviglie italiane per due finesettimana. Da non perdere Macchiagodena in Molise, Piedimonte Matese e l'Acquedotto Augusteo nell'avellinese

Mille indirizzi in quattrocento città per salvare l’Italia. Il Fai raddoppia le sue Giornate d’Autunno, ovvero l’apertura straordinaria di luoghi di solito inaccessibili, che in molti casi lo stesso Fondo per l’Ambiente Italiano restaura per mantenerli in piedi e vivi. Per la prima volta saranno due i week end consecutivi delle porte aperte, una sorta di risarcimento a chi ama il Bel Paese perché la consueta manifestazione primaverile è stata negata dal coronavirus. E proprio per distanziare i visitatori negli ingressi contingentati l’edizione autunnale si spalmerà in quattro giornate, il 17/18 ottobre e il successivo sabato e domenica, 24/25 ottobre.

Un’edizione dedicata a Giulia Maria Crespi, l’illuminata intellettuale-imprenditrice che inventò il Fai nel 1975 e che è scomparsa lo scorso luglio. Un “nume” e un esempio per i giovani volontari del Fai, che animano le giornate come organizzatori e ciceroni nelle rispettive delegazioni.

Difficile scegliere tra mille luoghi da visitare, spalmati su tutto lo Stivale. Dunque Succedeoggi ne indica qualcuno individuato nel centro d’Italia, un “cuore” dal quale si irradiano ideali arterie verso il resto del Bel Paese, raggiungibile dal Nord e dal Sud, dall’Est e dall’Ovest. È oltretutto un “cuore” schivo, nascosto, poco conosciuto e frequentato.

Il castello di Macchiagodena

Come appunto il Molise, regione schietta ed appartata, anche per questo poco toccata dall’epidemia. Ecco allora la meraviglia di Macchiagodena e del suo maniero. È in provincia di Isernia, è inserito nella lista dei Borghi Autentici d’Italia, nacque come villaggio dei Sanniti, ora ha l’aspetto di un castrum medievale, perché fu conquistato, dopo Roma, dai Longobardi. Poi passò di mano in mano a molte famiglie blasonate. Furono i conti Pandolfo e Landolfo di Isernia a fondare il castrum. Era il 964 e un documento fissa in “Maccia de Godino” il toponimo, divenuto nel XIII secolo “Maccia godina”, fino ad assumere il nome attuale nel Cinquecento. Una “sfida” al territorio è il Castello Baronale, costruito su uno sperone di roccia calcarea, a ridosso della chiesa madre. Un colosso a pianta poligonale, come certificano le basi dei muri perimetrali e le due torri, realizzate con blocchi di pietra squadrata a vista. Quella orientale ombreggia l’ingresso. Il castello duecentesco fu fondato come torre di guardia longobarda, attorno al quale si distese negli anni l’abitato, sullo sfondo di boschi di conifere prodighi di funghi, tartufi e frutti rossi, intatta oasi che fa di Macchiagodena una Riserva Naturale della Lipu. Le visite a cura della Delegazione Fai di Campobasso e dei volontari del luogo dureranno 60 minuti con un massimo di 15 persone e si terranno solo sabato 17 e domenica 18. L’itinerario si snoda tra le vie del borgo, costeggiando case in pietra d’impianto medievale, per arrivare alla “terrazza sul Matese”, un belvedere affacciato verso il massiccio molisano. Poi, la mole del Castello, nato come fortino nel periodo angioino, modificato in dimora nei secoli, trasformato in vero e proprio palazzo gentilizio dopo il terremoto del 1805. Un gigante chiuso al pubblico, perché necessita di essere consolidato. Anche per questo sono importanti le Giornate Fai, un’occasione per accendere i riflettori su monumenti abbandonati e anche per raccogliere fondi da destinare alla loro cura. Le visite sono gratuite, ma attendono una donazione libera, del valore di minimo 3 euro.

Non troppo lontano, a Piedimonte Matese, in provincia di Caserta, un’altra tappa può essere la cappella di San Biagio, visitabile domenica 18, dalle 9 alle 17. Un prezioso luogo sacro costruito alla fine del Trecento, probabilmente per volere della famiglia Jacobucci, allorché Piedimonte era feudo del conte Giacomo Caetani. Rispetta lo stile tardo gotico, affascina per due cicli di affreschi, opera di artista sconosciuto ma seguace di un grande Maestro romano, Pietro Cavallini, che tanto realizzo nella città del Papa (a Trastevere, gli affreschi di Santa Cecilia e i mosaici di Santa Maria). L’ignoto della Cappella dipinse sui muri le storie e i miracoli di San Biagio e gli anni  giovanili di Gesù. Davanti a quelle scene pregavano forestieri e pellegrini in transito, attratti dalla fama della cappella che dai Caetani passò alla famiglia Meola, poi ai Cenci, infine alla curia vescovile di Caiazzo, ottenendo nel 1926, con il regno dei Savoia, il riconoscimento di “monumento nazionale”.

Ancora, nell’Alto Casertano, la possibilità di una sosta originale (in entrambi i week end delle Giornate) che testimonia l’attenzione del Fai a realtà imprenditoriali rispettose del territorio. Ecco allora l’Oasi Ferrarelle, sì, l’acqua né liscia né gasata degli spot pubblicitari. La sua “casa” è uno scorcio di paesaggio italiano in cui natura e territorio si fondano con Industria e Cultura, con forte senso di responsabilità sociale di impresa, lo stesso di Giulia Crespi. All’interno dell’Oasi, la Masseria Mozzi, oggi sede dell’azienda agricola delle Sorgenti Ferrarelle e punto di ristoro dei visitatori, è un tipico esempio di casa rurale dei primi dell’Ottocento, sottoposta a rigoroso restauro conservativo, che tramanda lo spirito del tempo.

L’Acquedotto augusteo del Serino

Se poi in automobile ci si spinge più lontano, affrontando un’ora e mezza di viaggio, una meta affascinante a Cesinali, in provincia di Avellino, è l’Acquedotto Augusteo, nato per raccogliere le acque irpine che concorrevano ad alimentare il grandioso sistema di distribuzione idrica sotterranea di Neapolis, centinaia di caverne intercomunicanti risalenti ai tempi della fondazione greca e utilizzate fino alle soglie dei tempi moderni. L’acquedotto aveva origine nel territorio della antica Abellinum (oggi Atripalda) e riforniva quasi tutte le altre città della Campania. Partiva precisamente dalla sorgente oggi detta Acquaro, in territorio di Serino, raggiungeva l’area vesuviana, quindi Napoli e i Campi Flegrei, in un cammino lungo quasi cento chilometri. Se si considerano le diramazioni principali, quello voluto dalla “mente” di Augusto, il genero Agrippa, è il più grande acquedotto edificato ai tempi dell’impero. Nel territorio di Pozzuoli le alte arcate (oltre 40 metri) arricchivano d’acqua le piscine di Candito e Lusciano, proseguivano per la Stanza, a sud del lago d’Averno, dove si innestava la diramazione per Cuma e Baia, meta termale prediletta dalla aristocrazia romana, testimoniata dalle ville di Cesare e Pompeo e dai palazzi imperiali di Caligola, Claudio e Nerone. Aperto in entrambi i week end, l’Acquedotto si può visitare prenotando con e-mal ad avellino@faigiovani.fondoambiente.it.

 Ma è consigliata la prenotazione negli altri siti delle Giornate, consultabili in www.giornatefai.it. Tra gli altri, a Roma la Nuvola di Fuksas all’Eur e il complesso di San Pietro in Montorio, che appartiene alla Spagna. A Milano l’Ippodromo Snai di San Siro e gli Ex Frigoriferi Milanesi di fine Ottocento, oggi Fm-Centro per l’Arte contemporanea. A Firenze la Centrale Termica della stazione di Santa Maria Novella e il Giardino di Villa Guicciardini Corsi Salviati. Per tutti il motto è “Ricordati di salvare l’Italia”.

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