Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Nel sogno di Re Carlo

Ritorno alla Reggia di Caserta che il prossimo 2 giugno festeggerà l’Italia dopo il lockdown riaprendo il Parco Reale, mentre per gli Appartamenti bisognerà attendere il 17 giugno. 123 ettari di museo a cielo aperto, tra gli scorci del Vanvitelli e altre meraviglie

Durante lo stillicidio del lockdown Succedeoggi ha invitato i collaboratori a vagheggiare il primo dipinto che avrebbero voluto vedere alla fine dell’isolamento e a scriverne. Ecco, ora che sta per essere spezzato anche l’ultimo laccio alla libera circolazione nel Bel Paese, se mi chiedessero qual è il luogo dove vorrei recarmi subito mi sarebbe facile rispondere: la Reggia di Caserta, che mi è cara forse anche un po’ perché mia madre era campana. E per un’affezione ai Borbone di Napoli, spesso ingiustamente sbeffeggiati nelle loro “mollezze” e invece in più occasioni saggi regnanti, laddove nei Savoia, calati dal Piemonte, percepisco – mio sentire di parte? – più la tendenza a colonizzare il resto d’Italia, fatti salvi l’onere e l’onore di aver posto la corona sull’Italia unita.

Ritorno alla Reggia fortemente voluta da Carlo di Borbone (nel ritratto), dunque. Che vanta d’essere la più estesa d’Europa, patrimonio dell’Unesco, specchio di grandiosità a di bellezza concepita dal sovrano in una orgogliosa competizione con Versailles (la palma a parer mio va a Caserta, ridente, rigogliosa, fantasiosa mentre Versailles pur carismatica paga il pegno a una sorta di insormontabile austerità). E sarà un ritorno che suona come riappropriazione da parte degli italiani. Proprio per il 2 giugno la direzione della Reggia ha annunciato la riapertura del Parco Reale, 123 ettari di museo a cielo aperto che stupisce per valori architettonici, botanici, naturalistici, paesaggistici, a partire dalla scenografica sequenza di fontane che digradano dal Palazzo in un lungo viale che doveva arrivare fino a Napoli. Gli ingressi vanno rigorosamente prenotati on line e mascherine, distanziamento fisico e divieto di assembramento restano i comandamenti da rispettare. Soltanto dal 17 giugno, in un’ottica di prudente gradualità, è prevista l’apertura degli Appartamenti Reali. Ma intanto, godiamoci la passeggiata en plein air e gli scorci inimitabili creati da Luigi Vanvitelli, che lo scorso 12 maggio è stato festeggiato nel suo trecentoventesimo compleanno con una maratona social durata l’intera giornata e che ha anticipato l’operazione di scavo e conoscenza dell’architetto in vista delle celebrazioni del 1 marzo 2023, data che segna i 250 anni dalla morte.

Sotto il suo segno la cornice verde della Reggia divenne anche una cornice cilestrina, il colore dell’acqua. Che abbonda qui, portata dall’Acquedotto Carolino, appositamente costruito nella vocazione alla modernità che caratterizzò spesso il regno borbonico. L’approvvigionamento idrico del resto fu tra le prime preoccupazioni di Vanvitelli, che il 25 aprile del 1752 (il 20 gennaio antecedente, compleanno di Re Carlo, era stata posta la prima pietra della Reggia) scrive della sua ricerca delle sorgenti: «Sono stato sei giorni a cavallo, ho visto molta acqua, ne farò relazione al re…». Nell’impresa parco-acquedotto, mastodontica come la realizzazione del palazzo, Vanvitelli scelse un collaboratore, Francesco Collecini, e da Parigi giunse un capo-giardiniere, Martin Biancour. I lavori durarono diversi anni e non furono completamente compiuti: Carlo nel 1759 lasciò Napoli per Madrid, dove venne incoronato sovrano di Spagna con il nome di Carlo III; nel 1773 Luigi Vanvitelli morì e gli subentrò il figlio Carlo, meno estroso e volitivo. Tuttavia l’attrazione che Caserta era capace di suscitare nei viaggiatori del Grand Tour non aveva rivali. «La posizione è di eccezionale bellezza, nella più lussureggiante piana del mondo, ma con estesi giardini che si prolungano fin sulle colline; un acquedotto v’induce un intero fiume, che abbevera il palazzo e le sue adiacenze, e questa massa acquea si può trasformare, riversandola su rocce artificiali, in una meravigliosa cascata. I giardini sono belli e armonizzano assai con questa contrada che è un solo giardino», scrisse nel suo Viaggio in Italia Goethe, giunto nel 1787.

Le suggestive fontane – nomi mitologici i loro, come fontana di Eolo, di Cerere, di Venere e Adone, di Diana e Atteone, quest’ultima incorniciata dalla Grande Cascata – raccordano il giardino all’italiana a quello inglese, voluto da Maria Caterina d’Asburgo Lorena, moglie di Ferdinando IV. Era il 1786, il rococò cedeva il passo alla moda del Romanticismo e il botanico anglosassone John Andrew Graefer applicò i canoni dell’apparente “disordine” naturale: corsi d’acqua, laghetti, “rovine” – un Criptoportico, i ruderi di un tempio dorico – tra una vegetazione di piante talvolta importate fin dal Giappone, talaltra giunta da Capri e dalla costiera fino a Salerno, dalla Solfatara, da Gaeta. Anche il regale sposo Ferdinando aveva agito tra specchi lacustri. Nel Giardino all’italiana incanta la Peschiera Vecchia, nella quale egli guerreggiava in battaglie navali in miniatura e dove si allevavano carpe e trote da servire sulla mensa regale. E l’attigua Castelluccia, dove Carlo e la sua corte facevano le scampagnate, divenne per il successore lo scenario per finte battaglie terrestri. L’architetto Collecini dispose poi la costruzione di un altro lago, la Peschiera Grande, anch’essa luogo di gioco e delizie per i sovrani, che alla flottiglia di piccole barche da combattimento affiancarono, in un isolotto artificiale al centro, un fortino dotato di saettiere e cannoncini.

Si calcola che siano 27 mila gli esemplari arborei del parco. Un patrimonio che verrà rilevato e censito ai fini della tutela, come per gli impianti idrici e per i manufatti architettonici. I fondi Mibact già esistono, sottolinea Tiziana Maffei, direttore generale della Reggia, il bando per l’affidamento del servizio è già stato pubblicato. Molto c’è da fare per la salvaguardia del Parco, ma intanto godiamocelo anche con il nuovo logo, che di tutto il complesso monumentale di Caserta fa un vero e proprio brand. “RC” – nei colori oro e blu come nello stemma dei Borbone – non vuol dire solo Reggia di Caserta ma anche Real Casa e Re Carlo, che nell’Acquedotto, nelle seterie di San Leucio, nel bosco di San Silvestro e nel Palazzo con il suo Parco realizzò il suo sogno di illuminato sovrano.

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