Lidia Lombardi
Itinerari dal divano

Fatto a mano

Percorsi digitali daranno vita all’inconsueta edizione di “Buongiorno ceramica 2020”, festival dedicato alla tradizione dei maestri di ben 46 città italiane. Un tour imperdibile (il 16 e 17 maggio) nei segreti di un'arte antica che da sempre ci accompagna

Le rose violacee o i festoni di Ascoli Piceno; le riggiole di Vietri; i gruppi scultorei di Este; i vasi di Caltagirone. Sono alcuni dei fragili portenti in ceramica che ci verranno incontro in un viaggio virtuale, dandoci l’illusione di andarli a vedere di persona, innestati come sono in cornici di paesaggio e città d’arte che punteggiano tutto lo Stivale. Sarà questo Buongiorno ceramica, il festival di un artigianato in principio povero – ché a impastare la terra per farne contenitori di cibo e acqua impararono a farlo all’alba della Storia – ma presto diventato arte, svariando dai vasi etruschi ai monili, dai buccheri ai manufatti per l’architettura, dalle Madonne dei Della Robbia ai servizi da tavola barocchi e rococò.

Buongiorno ceramica è un appuntamento annuale che sfodera quanto prodotto nei dodici mesi dai “maestri” aderenti all’Aicc, Associazione Italiana Città della Ceramica. Sono quarantasei, segnalate dettagliatamente in una guida del Touring Club. Quasi tutte hanno un Museo dei prodotti usciti dalle botteghe locali attraverso i secoli. In molte fioriscono scuole che tramandano i “segreti” dei padri artigiani. E tutte si metteranno in gioco per l’edizione-scommessa 2020 nella quale non sarà possibile ospitare gli appassionati alla ricerca di laboratori, mostre, visite guidate, concerti, workshop, degustazioni. Il pubblico di quest’anno avrà però l’occasione di andare contemporaneamente in tutte le città della ceramica, nella modalità alla quale l’emergenza ci ha abituato: seduti sul divano e davanti al pc. Ma ciascuno potrà anche diventare homo faber in prima persona, invitato a realizzare un selfie ceramico e a postarlo.

Che cosa succederà allora il 16 e 17 maggio, la due giorni di Buongiorno ceramica 2020? Attraverso il web sul sito www.buongiornoceramica.it si faranno passeggiate virtuali nelle città che da nord a sud hanno dato vita a un’Italia del fatto a mano. Si passerà da laboratori e musei, si schiuderanno le porte delle gallerie contemporanee e dei palazzi storici per visitare mostre e conoscere le collezioni permanenti. Si incontreranno in videoconferenza i grandi Maestri e le loro opere, si apprenderà l’uso del tornio. Tanti percorsi digitali diversi daranno vita a una festa virtuale delle arti lungo la Penisola alla quale tutti possono partecipare con #buongiornoceramica, nel quale riversare foto anche di un solo oggetto o scattate nelle passate edizioni, commenti, osservazioni, suggerimenti.

Sarà comunque solo un assaggio di un grande patrimonio spesso ancora poco conosciuto che vuole tornare presto interamente godibile dal vero, in un tour dell’Italia straordinaria. Dice Massimo Isola, presidente di AiCC: «Con questa edizione virtuale cercheremo di aggiornare il nostro pensiero, le parole, le forme. Lo dobbiamo fare sapendo che portiamo in dote una tradizione autentica che ha accompagnato la vita degli uomini e delle comunità da sempre. Il vasaio, l’artigianato artistico, il fatto a mano, la terra. Il mondo della ceramica è aderente alla vita delle persone. Ne è parte. È un mondo che assorbe le nuove domande, le elabora e le riproduce. Per questo vogliamo essere protagonisti del cambiamento che ci attende. E lo abbiamo fatto cominciando a ripensare gli eventi che abbiamo realizzato negli anni, anche forme, decori, smalti, progetti, idee, buone pratiche. Sogni e sculture».

Gli aggiornamenti sulle attività (virtuali) in programmazioneil 16 e 17 maggio nelle 46 città diantica tradizione ceramica e in tutto il territorio nazionale saranno consultabili sul sito www.buongiornoceramica.it. Le città nelle quali andremo con il mouse sono Albisola Superiore, Albissola Marina, Appignano, Ariano Irpino, Ascoli Piceno, Assemini, Bassano del Grappa, Borgo San Lorenzo, Burgio, Calitri, Caltagirone, Castellamonte, Castelli, Cava de’ Tirreni, Celle Ligure, Cerreto Sannita, Città di Castello, Civita Castellana, Cutrofiano, Deruta, Este, Faenza, Grottaglie, Gualdo Tadino, Gubbio, Impruneta, Laterza, Laveno Mombello, Lodi, Mondovì, Monreale, Montelupo Fiorentino, Napoli-Capodimonte, Nove, Oristano, Orvieto, Pesaro, San Lorenzello, Santo Stefano di Camastra, Savona, Sciacca, Sesto Fiorentino, Squillace, Urbania, Vietri sul Mare, Viterbo. Centri in alcuni casi conosciuti in tutto il mondo, in altri da scoprire, specie negli exploit partiti nei secoli più lontani.

Caltagirone, per esempio. Già nell’Età del Neolitico si otteneva terracotta in questo luogo collinare al centro della Sicilia. Le botteghe vere e proprie fiorirono nell’VIII secolo avanti Cristo e produssero capolavori, come il “Cratere a figure rosse”. Una tradizione che seppe resistere proprio in virtù della posizione appartata di Caltagirone. Le città sulla costa videro infatti spesso spenti i loro fuochi e devastati i forni da invasioni, guerre, lotte intestine. Nell’entroterra di Catania invece (Caltagirone è Patrimonio Unesco dal 2002, facendo parte del Consorzio Val di Noto) i maestri vasai non si fecero colonizzare, piuttosto assorbirono gli influssi degli Aragonesi, dei Liguri, dei Veneziani dando ai loro contenitori per il miele e per i biscotti i colori giallo oro, verde ramino, blu. Alla concorrenza delle fabbriche campane (a Vietri sul Mare si cominciò nel 1627, con una mattonella votiva murata all’esterno di una casa e da qui partì l’usanza di decorare con le maioliche dai colori mediterranei gli edifici signorili come quelli umili, e infine arrivando a pavimentazioni di interni e decori per le cupole delle chiese), a quella concorrenza Caltagirone rispose inventando oggetti con scene popolari gremite di personaggi, ma anche a rifiniture per l’architettura, come nel Cimitero del Paradiso.

Anche Castelli, in Abruzzo, pensò in grande. La bottega dei Pompei creò nel 1551 una monumentale “Madonna che allatta il Bambino”. Ma non bastò: l’intero soffitto di una chiesa, quella di San Donato, fu ornato, tra il 1615 e il 1617, con immagini artistiche dipinte sulla terracotta, facendole attribuire l’appellativo di “Sistina della ceramica”. E la dinastia dei Grue creò fantastici paesaggi barocchi e suppellettili per i corredi delle più nobili famiglie. Un magistero che ha portato alla nascita, a Castelli, dell’Istituto Statale della Ceramica.

Ad Ascoli Piceno i giovani imparano a realizzare negli odierni laboratori le celebri rose inventate nel Settecento dalla famiglia Paci che le otteneva grazie a cotture a gran fuoco. A Este, nel Padovano, le ceramiche si connotano per le tonalità giallino terraglia di piatti, cestelli, oggetti popolari. Ma in vetrina ci sono anche quelli raffinati, anzi colti, dovuti al sodalizio, nel Settecento, tra l’orafo e incisore Girolamo Franchini e il modellatore francese Pierre Varion. Decine e decine di altre storie rivelano le altre città della ceramica. Nate nel chiuso di un laboratorio, di un atelier d’artista, di una bottega che dava sostentamento a padre, figli, fratelli. Dove s’imponevano il rumore sordo del tornio e la luce rossa della fornace.

 

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