Loretto Rafanelli
Per il 25 Aprile

I 100 di Sabbiuno

La festa della Liberazione dal nazifascismo è occasione per fare memoria dei caduti in nome della libertà. Sul basso Appennino bolognese, sul limite di un aspro e ripido calanco, nomi incisi su pietre ricordano l’eccidio del ’44, a cui Loretto Rafanelli ha dedicato questi versi…

Sabbiuno è un piccolo accenno sulle colline bolognesi, riserva su un lato panorami di un verde lussureggiante e campi coltivati con precisa armonia, mentre nell’altro versante calanchi ripidissimi ne fanno un paesaggio duro, inquietante e impraticabile. Proprio qui nel dicembre del 1944 si concluse l’esistenza di tanti giovani resistenti al nazifascismo, rastrellati in varie località (Bologna, Anzola, Amola, ecc.) e portati in questo luogo, dove furono fucilati e gettati nei dirupi. Ricerche effettuate nel dopoguerra, permisero di trovare molte salme, ma non tutte quelle che si pensava vi fossero, perché diversi corpi furono trascinati a valle dall’acqua o sepolti dagli smottamenti di vari mesi e mai più ritrovati. Infine venne simbolicamente indicato in 100 il numero dei morti, sulla base di testimonianze o con riferimento agli oppositori dispersi, di cui non si ebbero mai più notizie. Nel 1973, venne inaugurato un monumento alla loro memoria, semplicemente composto da pietre, in ognuna vi è inciso il nome del partigiano ucciso, collocate proprio sul limite del calanco, un luogo aspro e insidioso, che ci riporta istintivamente ai colpi delle armi, a quella violenza brutale scolpita fin nel profondo di quella terra coperta dal lutto. Pietre grigie e irregolari, per rammentare una tragedia che non possiamo cancellare.

 

 

 

 

 

 

 

 

La voce sbiancata di Sabbiuno

Sul calanco a voce sbiancata

affacciato sul vento, sgrano i nomi:

Efrem Benati, 17 anni, Nino

Bonfiglioli, 18, …, tante pietre

sporte sul ciglio grigio, morti

per continuare a scrivere la linea

azzurra degli alfabeti, per sospirare

grumi di silenzi e di suoni

nelle vallate e nelle piane grondanti

fiato, per scandire le vite nei cortili

di minute sante veglie, qui dove la creta

si fece dura come il sole

che scemava sui dorsi innevati,

ricorda dissi al giovane

che guardava senza accenti, ricorda

nell’oggi dalle gole trafitte

dall’acciaio postumo,

incrocia questi nomi nel gorgo

che si chiama Sabbiuno,

rosario di dicembre del ’44.

Loretto Rafanelli

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