Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Lucca tra Bellotto e Ragghianti

Nel Complesso di San Micheletto, sede della Fondazione intitolata al critico d’arte lucchese, “laboratorio di studio e centro di esperienze culturali”, una mostra testimonia il viaggio in Toscana del grande vedutista veneziano nipote del Canaletto. Mentre rinasce la celebre rivista “Critica d’arte”

La sala conferenze era il refettorio delle Clarisse, nei due chiostri spiccano sul prato sculture contemporanee, nella biblioteca si impongono una archetipica figura femminile in legno di Giuliano Vangi e un nudo di Vittorio Tavernari. L’archivio e la fototeca hanno il soffitto a capriate e affacciano sui tetti di Lucca. Sono gli spazi suggestivi della Fondazione Ragghianti che ha sede nel Complesso di San Micheletto, chiesa e convento appunto utilizzati dal XV secolo dalle monache. Una storia cominciata settecento anni prima con il luogo di culto dedicato a San Michele, rifatto nel medioevo, passato al Demanio nell’Ottocento, infine scelto negli anni Ottanta del Novecento come sede della “Fondazione Centro Studi sull’arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti”: voluta dal critico d’arte che a Lucca era nato nel 1910 e che fece in tempo a veder trasformata la donazione nel 1981 dell’archivio e della biblioteca sua e di sua moglie in “laboratorio permanente di studio e centro di esperienze culturali” aggiungendo “nuove potenzialità alle grandi tradizioni di Lucca”. La città dell’alta Toscana parrebbe non averne bisogno, tanto è il richiamo del suo fascino e dei suoi monumenti, per tutti la piazza dell’Anfiteatro e l’intatta cinta di mura cinquecentesche, immortalate in illustrazioni che tutto il mondo conosce.

E però la Fondazione che porta il suo nome – sostenuta dalla Cassa di Risparmio e dalla Regione oltre che da Provincia e Comune – si distingue per alcuni motivi. Intanto la biblioteca – forte di ottantamila volumi, ottocento testate di riviste e oltre trecentomila opuscoli e cataloghini d’arte – non è riservata soltanto agli addetti ai lavori: tutti nei pomeriggi dal lunedì al venerdì possono consultare i titoli (il martedì anche la mattina), non soltanto studenti e studiosi di storia dell’arte. Alla fototeca, poi, forte di duecentomila immagini, si affianca la videoteca che dà conto anche dell’altra passione di Ludovico Ragghianti, che si formò sulla Estetica di Benedetto Croce e partecipò alla Resistenza in Toscana e alla nascita del Partito d’Azione: quella appunto per la settima arte, che lo portò tra l’altro alla realizzazione di “critofilm”, ventuno pellicole grazie alle quali egli fece del mezzo cinematografico uno strumento di indagine critica e divulgativa.

Non si ha la sensazione, tra le sale e gli spazi aperti del Complesso di San Micheletto, di muoversi in un torre d’avorio, lontana dall’effervescenza della curiosità di tanti e dall’entusiasmo di quanti studiano arte. Perché la Fondazione apre le sue porte anche per concerti e mostre. Quella appena inaugurata porta la grazia di Lucca dentro gli ambienti in cui è allestita. Perché testimonia del viaggio in Toscana di Bernardo Bellotto, il grande vedutista veneziano nipote del Canaletto, al pari del maestro capace, nelle sue opere, di catturare la luce. Bellotto conobbe giovane il Granducato, risale al 1740 il suo tour, quando aveva diciotto anni. Eppure seppe diventare il «pioniere della pittura di veduta a Firenze e appunto a Lucca», osserva la curatrice della esposizione, Anna Bozena Kowalczik, nata a Varsavia, la città dove Bellotto morì nel 1780.

I contenuti scientifici della rassegna, derivati da recenti indagini, hanno permesso di anticipare di due anni il viaggio del pittore in Toscana e di identificare chi gli commissionò alcune delle opere esposte: il marchese Andrea Gerini e l’antiquario veneziano Anton Maria Zanetti di Girolamo, sponsor anche del soggiorno fiorentino e lucchese. Ma emozionano soprattutto le opere esposte, le uniche a testimoniare la permanenza nella città: sono cinque miniaturistici e precisi disegni prestati dalla British Library che illustrano alcuni luoghi attorno alla cattedrale e alla chiesa di Santa Maria Forisportam e un dipinto raffigurante la piazza San Martino, spazio suggestivo che ha per fondale il Duomo di Lucca. Dunque la città si rispecchia nelle opere di Bellotto, ritrovando com’era del Settecento, ammantata di quel’aura che indusse Giorgio III d’Inghilterra e poi Giorgio IV ad acquisire nel primo Ottocento l’album nel quale erano raccolti i disegni. Accanto, due vedute di Firenze, L’Arno verso Ponte Vecchio e Piazza della Signoria, mentre un ritratto di Zanetti e Gerini dà conto dei due estimatori del giovane artista veneziano e la macchina ottica del Canaletto, che viene dal Museo Correr, spiega lo strumento scientifico al servizio delle analitiche composizioni di zio e nipote.

La mostra, allestita fino al 6 gennaio prossimo, si intreccia ad altri arricchimenti del Complesso di San Micheletto: come, nei chiostri, i “Giardini della Scultura Pier Carlo Santini”, nuovo percorso espositivo delle opere portate a Lucca da quello che fu il primo direttore della Fondazione Ragghianti. È in corso anche la catalogazione dei documenti di Hugh Honour e John Fleming, studiosi del Neoclassicismo e del Romanticismo: emoziona vedere in uno scaffale in basso dell’Archivio due valigie di cuoio di Honour: zeppe di carte, mostrano su un lato la stampigliatura della provenienza: “Via Dover – Calais”.

Tra qualche giorno uscirà anche il primo numero della nuova serie di “Critica d’arte”, la rivista che Ragghianti fondò nel 1935, acquisita dalla Fondazione che ha così evitato il fallimento della testata.

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