Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Dolce Aretusa

Accesso aperto al pubblico alla fonte-simbolo di Siracusa, le cui acque scorrono nel sottosuolo di Ortigia. Un viaggio nella favola antica (narrata in audioguide) della ninfa che per sottrarsi alle brame del focoso Alfeo, figlio di Oceano, fu trasformata da Artemide

«…Sento il corpo/ grondante di sudore: gocce azzurre/ scendono sul terreno, dove vado; la chioma è tutta rorida: veloce,/ più veloce del dire e raccontare,/ mi cambio in acqua…». Così Ovidio, nelle Metamorfosi, narra la trasformazione della ninfa Aretusa. È un mito che unisce Grecia e Italia, nella culla comune del Mediterraneo. E che ora è rilanciato in quella finis Italiaeche è l’isola di Ortigia a Siracusa proprio dall’apertura al pubblico della Fonte Aretusa. Perché appunto in questo spazio circolare che tange il mare – nella città bianca e grondante di poesia, drammaturgia, scienza, storia, echi di divinità (Archimede e la guerra punica, il teatro greco e l’Orecchio di Dioniso, i tiranni e le rivolte del popolo, San Paolo e Federico II di Svevia) – c’è il verdissimo specchio d’acqua, da sempre per gli abitanti immagine della ninfa tramutata in fonte. Aretusa, appunto.

Il primo impatto con il luogo è dall’alto: una balconata affaccia dalla strada sulla larga polla, cinta da arbusti fioriti e contenuta da una massicciata in marmo, di nobile color avorio come i palazzi barocchi circostanti. Dal 6 agosto scorso, poi, è praticabile il camminamento che corre tutt’intorno allo specchio d’acqua, con “sbuffi” di vividi cespugli. Un verde tenue e azzurrato che si replica al centro della fonte grazie agli alti papiri nilotici, appena ondeggianti sotto la brezza marina. Li hanno donati al sito – valorizzato con un progetto di Civita Sicilia diretto per la parte architettonica da Francesco Santalucia, Viviana Russello e Domenico Forcellini – gli stessi siracusani, segno di devozione a una mitologia lontana dalle moderne religioni. Adesso loro e qualsiasi altro visitatore possono accedere senza difficoltà alla fonte, sfiorare le sue acque dolci, compiere in piena sicurezza una sorta di percorso devozionale che resuscita la storia d’amore narrata da tanti poeti, a partire da Omero e poi da Ovidio, Virgilio, Dante, Pascoli, fino a Quasimodo, Montale e D’Annunzio.

Così il percorso di visita restituisce l’emozione di un viaggio nella favola antica. Qui narrata in audioguida dalle voci italiane di Isabella Ragonese, Sergio Grasso e Stefano Starna e replicata in inglese, francese, spagnolo e cinese, a regalare la suggestione ai tanti turisti stranieri che silenziosi si avvicinano al luogo. Del resto, da duemila anni Fonte Aretusa è uno dei simboli di Siracusa. Le acque che scorrono nel sottosuolo di Ortigia, ragione prima della sua fondazione, ritornano in superficie proprio qui, dove il mito vuole che si uniscano a quelle del fiume Alfeo, in un abbraccio senza tempo, reificato dalla scultura sistemata tra i rami di un albero che ombreggia la fonte: una ragazza dalla lunga chioma e un giovane riccioluto ondeggiano nudi tra un lungo nastro che li avvolge carezzevole.

Eccola allora la storia d’amore non corrisposto ma infine imperituro: Aretusa in un giorno torrido fece il bagno levandosi le vesti. La vide Alfeo, figlio di Oceano, se ne innamorò a prima vista e cercò di avvicinarla. Ma lei fuggì fino all’isola di Ortigia, tanto timorosa e scontrosa quanto più lui si faceva spavaldo. Infine la ragazza dai folti capelli (la raffigurò tra i flutti anche una nostra banconota da 500 lire) chiese aiuto alla dea Artemide che prima l’avvolse in una nube e poi la trasformò in fonte. Alla disperazione di Alfeo rispose Zeus che lo cambiò in fiume capace di raggiungere, una volta sboccato nel mare greco, la Sicilia e appunto Ortigia. E di mischiarsi con la fonte mitica, che infatti sfocia nel Porto Grande della città siciliana. In una ideale unione delle due sponde del Mar Ionio che condusse Strabone a scrivere: «Ogni volta che a Olimpia si celebrava un sacrificio – si diceva – le acque della Fonte Aretusa si macchiavano di rosso; e se a Olimpia si gettava una coppa nel fiume Alfeo, questa riemergeva nelle acque del mare di Siracusa».

Del resto la città fu fondata dai greci e nelle sue liquide distese, dolci e salate, si sono specchiati nei secoli filosofi, re, condottieri, genti venute da lontano, molto diverse tra loro. Vitali e multiformi come i branchi di pesci un tempo sacri ad Artemide che popolano da millenni Fonte Aretusa, ai quali si aggiunta la fiorente colonia di piante di papiro e una famiglia di anatre, sicché oggi i siracusani la chiamano anche “funtana de’ papere”. Più solenne Cicerone, che osservando il tramonto dalla Fonte, sullo sfondo del Porto Grande dove duemila anni fa si svolsero epiche battaglie navali, lo definì «tra i più belli del mondo».

Fonte Aretusa si può visitare a ottobre dal venerdì al lunedì dalle 10 alle 16. Il biglietto può essere abbinato alla emozionante mostra che fino a tutto dicembre Siracusa dedica al suo più geniale figlio, Archimede, del quale si ripercorrono invenzioni e intuizioni in una serie di video e supporti multimediali. Anche qui il sostegno narrativo gode della voce di un grande attore, Massimo Popolizio, e di interpreti formati all’Inda, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico, che a Siracusa è nato e che tiene le sue rappresentazioni del Teatro Greco.

(Immagini © Vittorio Gallo)

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