Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Sistina by night

Due esperienze non alternative, ma complementari: l’immersione nel “Giudizio Universale” in 4k nello show di Marco Balich e la (possibilmente) successiva visita ai Musei Vaticani in notturna. Così le sollecitazioni dello spettacolo e la visione delle opere dal vero aiuta la comprensione

Ti balzano incontro, come si staccassero dalle pareti della Cappella Sistina, i Botticelli, Ghirlandaio, Perugino. Ti si avvicinano dalla volta di Buonarroti la Luna e il Sole della Creazione mentre Dio si libra aereo, e poi il Serpente che tenta Eva, uscita dalla costola di Adamo, e intanto la voce fuori campo racconta la Genesi… E scorrono infine netti nei particolari i ghigni in primo piano dei dannati, le smorfie e la speranza dei relegati in Purgatorio, il gesto timoroso della Vergine, il Cristo giudice dalla possente nudità nel messaggio palingenetico e severo del michelangiolesco Giudizio Universale. Li puoi vedere nel glamour della tecnologia immersiva ad altissima definizione 4k dello spettacolo di Marco Balich all’Auditorium Conciliazione (diventato il primo show permanente in Italia, 300 mila spettatori dal debutto, marzo 2018) e poi puoi confrontarli dal vivo con gli affreschi che vedono passare ogni anno dalla porta piccola e stretta dell’aula del Conclave sei milioni e mezzo di visitatori. Eccoli i “Venerdì in Bellezza”, l’abbinamento dello show “Giudizio Universale” (teatro, danza, musica, effetti speciali, tecnologia) alla visita in notturna del Musei Vaticani e della Cappella Sistina – un’apertura straordinaria ideata esattamente dieci anni fa da Antonio Paolucci, indimenticato direttore dello scrigno d’arte pontificio – che permette fino al 25 ottobre di goderselo dalle 19 alle 23. Insomma, alla replica delle ore 17 a prezzo scontato dello spettacolo di Balich segue la visita (ticket ridotto per l’abbinamento) ai Vaticani. E il raffronto tra le sollecitazioni dello spettacolo e la visione delle opere dal vero dimostra che le due esperienze non sono alternative, ma complementari: la prima aiuta la comprensione della seconda.

Per esempio: il volto di Cristo che lo show immersivo permette di esaminare nei particolari rilancia la sua somiglianza con quello dell’Apollo del Belvedere, una delle statue più affascinanti nel cosiddetto Cortile Ottagono. E il suo busto possente Michelangelo lo deve aver dipinto dopo aver visto il celeberrimo Torso del Belvedere, altro capolavoro dei Vaticani che la visita in notturna permette di “ripassare”. E come non pensare che il celeberrimo Laocoonte, che tenta di difendere i figli dalle spire del serpente, non sia stato il modello, nello sforzo sovrumano dei suoi muscoli, dei tanti vigorosi nudi del Giudizio Universale? Del resto appunto il cortile Ottagono, detto pure delle Statue, fu voluto da Papa Giulio II, lo stesso che commissiona a Michelangelo gli affreschi della Cappella Sistina. E ancora, i pezzi raccolti dal Papa in questo suo eccelso gabinetto di scultura en plein air costituirono il primo nucleo di quelli che diventeranno i Musei Vaticani. La visita al tramonto dei “Venerdì in Bellezza” offre inedite suggestioni. La prima è quel Cupolone nella luce dorata del sole calante che s’impone sul primo terrazzo dei Musei Vaticani. Qui lo sguardo può spaziare dalla facciata della Pinacoteca ai 32 ettari dei Giardini, al centro dei quali spicca la Casina dell’architetto Pirro Ligorio, dove papa Pio IV faceva la villeggiatura e che ora è sede della Pontificia Accademia delle Scienze. Tra il verde degli alberi, mentre si allungano le loro ombre, spunta un tetto bianco, il monastero Mater Ecclesiae, dove vive il papa emerito Benedetto XVI. Nel Cortile della Pigna s’impone il ridipinto edificio, passato dal cosiddetto “giallo Savoia” a quel bianco travertino per realizzare il quale si è usato anche un po’ del latte proveniente dalle fattorie pontificie di Castel Sant’Angelo. Mentre tutto sovrasta la mole in bronzo del Pignone nella nicchia ideata dal Bramante e, sullo sfondo opposto, un gruppo folk suona (sì, perché durante le aperture serali del venerdì c’è anche spazio per la musica, popolare qui, classica in un’altra postazione). Due pizzerie e un bar consentono lo spuntino per tirar tardi fino alle 23. E davvero tra lingue che si incrociano, note in sottofondo e passeggiata tra le collezioni di scultura, galleria delle Carte Geografiche, Stanze di Raffaello e Cappella Sistina pare di trovarsi nell’ombelico del mondo, artistico e spirituale. Ma anche swinging.

Del resto lo show dell’Auditorium Conciliazione, che si avvale della consulenza scientifica dei Musei Vaticani, ha preparato al tuffo nel passato più glorioso. Il racconto della nascita del capolavoro michelangiolesco (la supervisione teatrale è di Gabriele Vacis, le musiche sono di John Metcalfe e il main theme è un salmodiante Dies Irae di Sting con testo in latino, la voce di Michelangelo di Pierfrancesco Favino, quella narrante nella versione inglese di Susan Sarandon, di Ennio Coltorti per Giulio II e di Luca Biagini per Clemente VII) ha un preludio sulla ricostruzione della Roma del Rinascimento con un “volo” sulla città del 1508 in cui le immagini, come catturate da un drone, restituiscono il percorso che va dal Colosseo a Castel Sant’Angelo, con il ponte ancora privo delle statue del Bernini, per culminare nella Cappella Sistina solo dopo aver attraversato la cosiddetta Spina di Borgo – l’antico quartiere di vicoli e palazzi incastonati l’uno con l’altro che sorgeva al posto di via della Conciliazione – e aver sorvolato la cupola di San Pietro ancora in costruzione. Sul palco appare poi il Buonarroti intento a scolpire il David. Pare voler penetrare il trascendente nascosto nei blocchi di marmo, una serie di totem alla Kubrick. Giulio II invita Michelangelo nella Sistina, che avvolge il pubblico a 270 gradi, compreso il soffitto, che era un cielo stellato. Siamo proprio là dentro, il papa e l’artista ne discutono (al primo dà i gesti Francesco Maria Cordella, che si alterna nel ruolo a Pietro Rebora, il secondo è Valentino Infuso in tandem nelle otto repliche settimanali con Eugenio Di Fraia). Infine il toscano accetta di dipingere la volta: tormento ed estasi arrampicato su una scala che pare toccare il cielo, nel groviglio delle domande sul Creato. Una cosmogonia evocata da Balich (co-regia di Lulu Helbek) in un vortice teologico ed esistenziale: Dio crea luce e buio, terra e mari, animali e piante, l’uomo e la donna. Danzano attorno al pubblico bagliori, onde, scrosci, dolore, bellezza. Muore Giulio II, la Sistina diventa sede del Conclave: così una processione virtuale di cardinali vi si segrega (“Extra omnes!”) poi un comignolo spunta in mezzo alla platea con fumata bianca e odor d’incenso e l’eletto s’interroga nella Stanza delle lacrime. Habemus papam, è Clemente VII che dopo trent’anni chiama Michelangelo a dipingere il Giudizio. Schiere di angeli e diavoli, risorti e dannati ci ipnotizzano come fossimo su ponteggi da restauro. Li rivedremo tutti dopo la breve passeggiata crepuscolare fino ai Musei Vaticani.

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