Lidia Lombardi
Itinerari per un giorno di festa

Castro Pretorio in 3D

Documentata virtualmente attraverso un’installazione multimediale, l’evoluzione dall’antichità al XXI secolo del rione di Roma, ricco di storia, arte, tradizioni ignorate dai più. Un suggestivo viaggio nel tempo reso possibile (su prenotazione) dalla collaborazione tra il Museo Nazionale Romano e l’Hotel The St. Regis

Il caos della Stazione Termini che oscura e deturpa con sporcizia, bivacchi di sbandati, smercio di droga, bancarelle, ambulanti, la rarità delle Mura Serviane (le più antiche dell’Urbs), l’eleganza di Palazzo Massimo, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, ricchissima di reperti ancorché troppo poco visitata; ma anche il viavai incessante di automobili e autobus infilati nel “budello” di via Cernaia, che spacca in due i monumentali resti delle Terme di Diocleziano; e la fontana dell’Acqua Felice in largo di Santa Susanna con il Mosè dalle reminiscenze michelangiolesche; la chiesa di Santa Maria della Vittoria, fiera di una delle sculture più ipnotizzanti di Roma, l’Estasi di Santa Teresa del Bernini; ancora, il “girotondo” veicolare attorno alla fontana di piazza Esedra, sullo sfondo della Basilica di Santa Maria degli Angeli… Eccole, alcune delle cartoline a luce alternata del rione Castro Pretorio, gonfio di storia, arte, tradizioni, eppure snobbato dalla fretta e dall’inconsapevolezza di chi ci passa: studenti, impiegati ministeriali, viaggiatori, extracomunitari, uomini e donne d’affari. Un puzzle schizofrenico che merita invece di essere ordinato e compreso. Allora, entriamo in uno degli spazi in ombra (in via Giuseppe Romita 8) e inforchiamo uno dei dieci visori 3D messi a disposizione di quanti si prenotano: in sei minuti scorreremo, nell’evidenza ricostruttiva della realtà virtuale, la storia di questo pezzo di Roma che prima dell’avvento del regno Savoia faceva parte del rione più antico della città, Monti, e che poi la città divenuta Capitale scorporò e modificò, plasmandolo per essere una delle vetrine del rinnovamento urbanistico successivo al 1870.

Il viaggio a ritroso nel tempo si compie oltretutto in un luogo altamente emblematico delle trasformazioni subite dalla Città Eterna: quell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano (nella foto) – probabilmente un frigidarium – che i romani conoscono tout court come il Planetario. Perché qui, nel 1928, una installazione sullo sfondo della cupola imperiale disegnò la volta celeste diventando per quell’epoca il maggiore planetario d’Europa, dopo che nel 1911 l’Aula era stata la sede di una mostra archeologica e in seguito utilizzata, col nome di Sala Minerva, per proiettare film. E perché poi, a fine anni Cinquanta, ridiventò cinema, appunto con il nome di “Planetario”. Subendo infine un’altra definitiva modifica nel 1998: sala espositiva permanente di sculture provenienti da edifici termali, quelli di Diocleziano, di Caracalla e di Traiano. Ed ecco infatti incorniciati dalle nicchie un aitante Heracles del I-II secolo, copia romana da un originale di Policleto, proveniente dal complesso della Passeggiata Archeologica, così come un Hermes dello stesso periodo; ma anche il corpo finemente modellato nel marmo della Afrodite Cnidia, da Prassitele, che si trovata nelle Terme dioclezianee; la testa del cosiddetto Seneca, una terracotta del XVII secolo arrivata da Palazzo Venezia; quella di un giovinetto e un’altra di Esculapio risalenti al II-III secolo; una coppia di erme di Apollo e di Hermes che dovevano decorare la biblioteca a Caracalla.

Dalla realtà concreta delle sculture antiche a quella virtuale che l’antico ricrea. Così i dieci visori appena messi a disposizione di chi visiterà l’Aula Ottagona (aperta la seconda e quarta domenica di ogni mese dalle 10 alle 13, prenotazione obbligatoria, biglietto unico che consente anche l’ingresso all’intero complesso delle Terme di Diocleziano). Inforcato l’apparecchio, vedremo a volo d’uccello il rione. La pianta ci permetterà di individuare le costruzioni fondanti, nonostante le trasformazioni. Dunque, l’articolazione delle Terme, erette tra il 298 e il 306 dopo Cristo, le più grandi dell’antichità con i loro 13 ettari di estensione. Nel 1561, dopo quasi mille anni di abbandono, la loro riqualificazione in basilica con annessa certosa dedicata a Santa Maria degli Angeli in ricordo dei martiri cristiani morti durante la costruzione delle Terme. Progetto affidato da papa Pio IV a Michelangelo, che realizzò anche un chiostro. Si squaderna dentro al visore appunto la chiesa, che rimanda all’antico edificio negli spazi dilatati della zona centrale, l’unica che ha mantenuto il soffitto originario, ricorda Daniela Porro, direttrice del Museo Nazionale Romano; e “risorge” appunto l’Aula Ottagona com’era, adiacente a quella del calidarium.

La luce cala attraente dall’oculo della cupola a ombrello (nella foto) e si “tuffa” nella vasca al centro del pavimento. Che era rivestito di marmi intarsiati e colorati, così come gli otto nicchioni, decorati anche con stucchi. Ma poi il “viaggio” ci trascina fuori, a intercettare i cambiamenti urbanistici. Ricorda ancora Daniela Porro: «Piazza della Repubblica è più comunemente chiamata piazza Esedra proprio perché sorge sull’esedra dei giardini delle Terme e infatti l’architetto Koch, lo stesso che firma il palazzo della Banca d’Italia nella via Nazionale realizzata appunto a fine Ottocento, la disegna con porticati a semicerchio sorretti da classiche colonne e la fontana centrale proprio per ricordare la struttura imperiale». Anche la chiesa di San Bernardo faceva parte delle dotazioni periferiche delle Terme, per questo la passeggiata virtuale ci proietta davanti alla sua facciata e, di scorcio, alla fuga della strada verso il Quirinale da una parte e verso via XX Settembre e Porta Pia dall’altra.

La realizzazione dell’installazione multimediale e dell’esperienza immersiva nasce dalla collaborazione tra il Museo Nazionale Romano e l’Hotel The St. Regis Roma, che ha finanziato l’operazione e che mette a disposizione dei suoi ospiti altri dieci visori. Il suo edificio è parte integrante nella storia della zona. Si trova esattamente sulla linea di confine delle Terme e al contempo è stato uno dei punti di riferimento della trasformazione del quartiere in salotto ottocentesco. Con il nome di Grand Hotel fu inaugurato nel 1894 dal leggendario albergatore César Ritz, vantando di essere tra i pochi palazzi romani forniti di luce elettrica. Che stregava gli invitati nella sala da ballo, la prima pubblica della Capitale, ornata da grandi specchi, stucchi dorati e affreschi di Mario Spinetti, otto scene di vita rurale e rimandi mitologici, mentre il soffitto snocciola motivi floreali e un trompe l’oeil con scorci di cielo. «Temi – fa osservare Porro – curiosamente presenti in un’altra delle sedi del Museo Nazionale Romano, palazzo Altemps». Insomma, pareva scritta la sinergia con il recentemente restaurato St. Regis. A far da tramite con il general manager Giuseppe De Martino, Filippo Cosmelli, curatore del progetto virtuale che già pensa a un’ulteriore estensione multimediale per completare il tour di Castro Pretorio così come si è evoluto dall’antichità al XXI secolo.

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