Lidia Lombardi
La Domenica: itinerari per un giorno di festa

I fasti di Villa Pisani

Dal doge della Serenissima che la elesse a sua dimora di vacanze, a Pier Paolo Pasolini che vi ha ambientato un episodio di “Porcile”, attraverso Napoleone, D’Annunzio e la Bella Rosina… Nella quiete del Brenta, è l’emblema delle delizie favoleggiate nei libri di storia e di costume

La villa fu per eccellenza luogo di «gioco grosso, tavola aperta, balli e spettacoli», come disse Goldoni. Il parco è stato eletto nel 2008 “il più bello d’Italia”. È il biglietto da visita di Villa Pisani, emblema di delizie che si affaccia sul Brenta, a Stra, pronta ad accogliere chi provenga su un burchiello da Venezia o chi arrivi in automobile. Infatti la provinciale costeggia il fiume proprio dove s’apre il fastoso ingresso di quella che nacque come carismatica dimora di vacanza di Alvise Pisani, doge della Serenissima dal 1735 al 1741. Racconta molto questa residenza: fulgore e caduta della Repubblica di San Marco, l’età napoleonica, il dominio asburgico, la nascita del Regno d’Italia. Qui c’è la stanza da letto di Napoleone e vi soggiornava in estate l’imperatrice d’Austria Marianna Carolina, perfetta ospite dei regnanti d’Europa, da Carlo IV di Spagna allo zar di Russia Alessandro I, da Ferdinando II di Napoli a Ottone di Grecia. Invece non entrò nel patrimonio dei Savoia, perché divenne proprietà di Stato quando il Veneto venne annesso all’Italia. Il sipario sulla vita di corte calò nel 1866 e una ventina di anni dopo, nel 1884, l’intero complesso divenne un museo. Ma un museo vivo, che mostra se stesso mantenendo tutti gli arredi voluti dai suoi proprietari. E che reifica per i visitatori fin dall’atrio popolato di statue di nobili veneziani al doppio cortile porticato, al parco, alla coffee house, al labirinto, alle scuderie un mondo favoleggiato nei libri di storia e di costume.

villa pisaniEcco allora il rococò dell’altare di famiglia, delle piattaie, dei sofà, dei lampadari di legno dorato nella sala da ballo. Ma ecco lo stile impero della mobilia acquistata da Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone, che acquistò la villa dai Pisani in rovina dopo il crollo della Repubblica Veneta e divenuto Re d’Italia nel 1805 la pagò 1.901.000 lire venete. Per poi donarla appunto ad Eugenio, viceré d’Italia. Una stanza conserva il letto a baldacchino con la “N” di Napoleone davanti a una scrivania intarsiata e misteriosa per cassetti a doppio fondo opera del Maggiolini, intagliatore lombardo conteso dalle corti europee. Una mensa apparecchiata nella sala da pranzo è fiera delle stoviglie primo Ottocento e di un centrotavola neoclassico modulato nell’alabastro. L’infilata dei trenta ambienti squaderna la camera dei bambini Beauharnais, con culle, poltroncine e cavallo a dondolo, quella da gioco di dame e cavalieri con tavoli per quattro, quella della Villeggiatura con affreschi leggiadri che illustrano briosamente i rapporti tra gentil e forte sesso nel Settecento.

E di amori deve averne ospitati, questa dimora. Vi si fermò nel 1897 Gabriele D’Annunzio preso da liaison con Eleonora Duse e ispirato qui, specie dalla camera del Bonaparte, a scrivere pagine de Il fuoco, nel quale la Foscarina adombra appunto la divina attrice. Così scrive il Vate: «Questa è la stanza dell’imperatore!, disse il custode solennemente spalancando una porta. La grande ombra pareva onnipresente nella villa del doge Alvise. Le aquile imperiali, il segno della sua potenza dominavano dall’alto su tutte quelle pallide reliquie. Ma nella stanza gialla essa occupò il un vasto letto, si coricò sotto il baldacchino, tra le quattro colonne sormontate dalle fiamme d’oro. La sigla formidabile entro la corona di lauro splendeva sul capezzale. E quella specie di talamo funebre si prolungava nello specchio appannato tra due Vittorie che reggevano i candelabri…». Ma vi soggiornò anche Rosa Vercelliana, contessa di Mirafiori, ovvero la Bella Rosina, prima amante poi moglie morganatica di Vittorio Emanuele II, che qui indossò un abito rosa antico con bordi di velluto nero fedelmente riprodotto e indossato da un manichino. E ci passò Wagner, e nel 1934 vi si incontrarono per la prima volta ufficialmente Hitler e Mussolini, e vi girò un episodio del suo Porcile Pier Paolo Pasolini.

Villa Pisani 1La sequenza delle stanze converge nell’acme dell’edificio, la Sala da Ballo. Tripudio di luce, con l’oro degli stucchi rimandato dalla galleria per l’orchestra che corre tutta attorno l’ambiente. E di colori, specie nel soffitto affrescato nei toni del rosa, del celeste, del verde, del giallo da Giambattista Tiepolo, intento ad illustrare La Gloria dei Pisani, che appaiono in un angolo, Alvise in secondo piano, contornato dalla discendenza. Le finestre aprono sul parco, oltre undici ettari di prato, rarità botaniche, piccoli edifici di servizio. Il parterre che a inizio Novecento fu animato da una lunga vasca d’acqua rimanda ai fasti di Versailles, con sullo sfondo il pronao colonnato delle scuderie. Due esedre settecentesche sono anticipate da gallerie di glicine, la coffee house è su una collinetta circondata da un rivolo d’acqua. E intriga il labirinto, disegnato dal padovano Frigimelica de’ Roberti, che culmina nella rotonda torretta centrale, dove una scala a chiocciola esterna sembra un merletto e invita a ritrovare l’uscita chi gioca a nascondersi o a rubarsi baci tra le siepi di bosso.

L’ansa del Brenta circonda quieta la villa, il verde esterno fa eco a quello interno attraverso le barocche cancellate che chiudono la villa-museo. In questi giorni, e fino al prossimo 1 novembre, chi la visita trova anche allestita una mostra memore dei suoi tanti blasonati ospiti: Il grand tour e le origini del 3D è un Viaggio nella fotografia dell’Ottocento che espone immagini scattate dal 1860 al 1920 in Europa, e nel Mediterraneo, dai fiordi norvegesi alle Piramidi egiziane con gli apparecchi stereoscopici, replicate in 3D da un filmato che le riassembla mostrando Costantinopoli, Londra, Venezia, Firenze, Roma, la Grecia, la Spagna. I fasti e la meraviglia del mondo osservati dai curiosi del tempo che fu.

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