Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Le ali del poeta

Così Baudelaire, ripensando al suo cigno degradato nella metropoli che rinuncia alla bellezza, e alla “Ballata” di Coleridge, si identifica nel “principe dei nembi” che abita la tempesta ma è esiliato sulla terra…

I lettori di Succedeoggi hanno già incontrato Il cigno, suprema poesia, suprema figura alata di Baudelaire. Immoto re della bellezza nelle acque trasparenti dei laghi, sospeso più di un fiore di loto, potente in volo, dove si accoppia urlando e traversa i mari, il poeta Charles Baudelaire lo incontra in una strada parigina, fuggito da un serraglio come uno schiavo, malambulante sulla terra, sporco di polvere e fango. Così l’uomo ha spodestato il signore delle acque e del cielo. Ha degradato lo spirito, nella Parigi che cambia, sempre più borghese, sempre più lontana dalla bellezza e dal divino, nell’Ottocento del grande poeta francese.
Qui un altro alato, un altro Signore: l’Albatro è il bianco uccello dei Mari del sud, dal volto bello come quello di un bambino (guardatelo, Museo di Storia Naturale Francoforte, creato da un certo scienziato dilettante di nome Goethe…), apertura alare immensa, potenza di volo assoluta. Per Coleridge e da Coleridge, nella Ballata del vecchio marinaio, diviene per sempre il simbolo angelico, il bianco uccello mediatore tra Dio e l’umanità in mare, in navigazione nel mondo. Sappiamo che un marinaio, per noia, accidia, indolenza – il vero male esiziale del nostro tempo, anticipato duecento anni fa da un poeta – lo uccide immotivatamente con un colpo di balestra, recidendo il legame tra l’umanità e l’ordine sacro del creato.
Baudelaire, che bene ha in mente il modello di Coleridge, affonda il coltello nella piaga: ora nemmeno lo uccidono, i sublunari. No, catturano albatri, signori angelici dei cieli, per vederli caracollare, fiaccati, umiliati. Il poeta è simile al principe dei nembi: abita la tempesta, ride dell’arciere, sulla terra è invece esiliato, irriso. Le sue ali immense gli impediscono il cammino.

 

baudelaire-1855

L’albatro

Spesso, per divertirsi, le ciurme catturano

degli albatri, grandi uccelli dei mari,

che seguono, indolenti compagni di viaggio,

la nave che scivola su abissi amari.

 

E li hanno appena posti sulla tolda

che questi re dell’azzurro, maldestri e vergognosi

mollano pietosamente le loro grandi ali bianche

come dei remi al fianco, abbandonati.

 

Sinistro e fiacco questo viaggiatore alato!

Lui, poco fa così bello, come è comico e brutto!

Uno gli stuzzica il becco con la pipa

l’altro mima, zoppicando, l’infermo che vola…

 

Il poeta è simile al principe dei nembi

che abita la tempesta e ride dell’arciere:

sulla terra esiliato, in mezzo ai fischi, le sue ali

immense gli impediscono il cammino.

Charles Baudelaire
(Da Tu metteresti l’universo intero, traduzione di Roberto Mussapi, Salani)

Facebooktwitterlinkedin