Leone Piccioni
Carlo Emilio Gadda visto da vicino

L’intelligenza… che condanna!

Il carattere dell’Ingegnere, le sue battute spesso involontarie, le sue idiosincrasie, la sua formidabile vocazione di scrittore nell’“Identikit” del critico-amico

In margine alla lettura assai recente dello spumeggiante carteggio tra Gadda e Parise (Se mi vede Cecchi son fritto, Adelphi), curato magistralmente da Domenico Scarpa, ho ripensato a un mio libretto del ’97 dedicato a Gadda (Identikit per Carlo Emilio, Pananti, Firenze) uscito a più di vent’anni di distanza dalla sua morte e dal Gran Lombardo di Giulio Cattaneo. Scrivevo: «A vent’anni dal libro di Cattaneo credo che si possa tornare a scrivere pur rapidamente del carattere dell’ingegnere e della sua formidabile vocazione di scrittore». Ci trovammo, Cattaneo e io, con Gadda nella redazione letteraria del Giornale Radio. G. B. Angioletti, scrittore illustre e uomo di rara bontà, sapendo che Gadda si trovava in difficili condizioni economiche, lo fece assumere: ci trovavamo in Via Asiago. Io che avevo una Vespa spesso accompagnavo Gadda a casa. Dopo poco Gadda e Cattaneo furono trasferiti al Terzo Programma della Rai (tutto culturale) in via delle Botteghe Oscure, ma i contatti anche con me rimasero.

Gadda era nato in Brianza: gli fu fatto notare che la gente di Brianza risultava un po’ tarda. Rispose: «Non tutti, per loro fortuna sono condannati a essere intelligenti». Alla Rai una volta telefonò a Gadda lo scrittore calabrese La Cava, che Gadda non conosceva. Si presentò così: «Sono La Cava, siamo colleghi di penna» e Gadda reagì molto risentito: «Penna? Sandro Penna, non lo vedo da anni!». Gadda si voleva evidentemente cautelare da un sospetto di omosessualità in quei tempi eccessivamente moralistici. Ne scaturì una vendetta gaddiana che nel libro delle Favole scriveva: «Un tale, denominato La Fava, richiede all’autore che egli ascoltasse un poema che il detto Fava aveva fatto sulla libertà: “Preferisco la schiavitù” rispose l’autore».

Gadda 2La questione dell’omosessualità in Gadda non è facile da trattare: forse esisteva in lui ma vissuta in maniera che si potrebbe definire platonica. Ci sarebbe voluta una psicanalisi per capire qualcosa di più: ma Gadda non si sarebbe fatto psicanalizzare, era troppo legato ai suoi intimi pensieri, forse talora stravaganti, ma necessari alla sua vita e alla sua arte. Del resto dei rapporti di Gadda con le donne si sa solo di un episodio che lui stesso ci raccontò. Durante la guerra, in un alberghetto delle retrovie, Gadda che aveva una stanza contigua al suo capitano si ritrovò a letto con la figlia della padrona che smaniava e mugulava. Gadda le disse: «Ma stia zitta che il capitano ci potrebbe sentire». E noi che ascoltavamo il racconto: «Era a letto con te e le davi del lei?». «L’avevo appena conosciuta».

Nei tempi duri della fame, Gadda si trovò a Roma per breve tempo alla pensione Gargiulo. Arrivava da Firenze il famoso giurista e avvocato Calamandrei: portava con sé una borsa con dentro pane, ampolline d’olio, vino, pentolini con fagioli e carne: disponeva tutto sulla tovaglia, poi divorava tutto sveltissimo senza offrire mai nulla: «Tendeva la tovaglia, metteva le ampolle come se avesse dovuto dir Messa e poi celebrava con grande rapidità». Al Terzo Programma della Rai Gadda rivedeva i testi prima che andassero in onda e non si tratteneva da aggiungere a lapis dei commenti. Una volta nella rubrica del cinema trovò un elogio del neorealismo italiano. Al lato del foglio scrisse un suo giudizio: «Macaco!». Quando l’annunciatore lesse il testo fornitogli pronunciò: «Il neorealismo macaco del cinema italiano».

A Firenze nell’immediato dopoguerra, la bella villa del pittore Carena a San Domenico di Fiesole – il pittore era da tempo altrove – diventò una sorta di albergo-casa da gioco frequentata da diversi amici e da alcuni americani. Si giocava forte. La moglie di Carena, Mariuccia, era l’amante di Gandolfì che abitava lì; la figlia di Carena, la bellissima Donatella (aveva sposato Bigongiari ma si era presto divisa) stava con il suo amante Antonio Delfini e poi c’erano fissi Natta, Gadda e lo scrittore Piero Santi. Santi (noto omosessuale) nel suo libro del ’63 Il sapore della menta affermava che veniva in casa anche un carabiniere per visitare Gadda. Ma pochi ci hanno creduto.

A Roma, la domenica sera, eravamo spesso invitati a casa Angioletti. C’era un cancello che venivano ad aprire, un pezzetto di giardino e il portone. Una sera Gadda arrivò con il giovane S. e se ne andò prima di noi sempre con S. Quando, dopo un’oretta, scendemmo anche noi, Gadda e S. erano ancora lì bloccatti al cancello. Di S. Gadda diceva che era un giovane simpatico ma pieno di pretese: non solo chiedeva di andare a mangiare al ristorante ma voleva essere portato nei migliori. Richiesto una volta quale compagna di viaggio avrebbe scelto, rispose: «Sceglierei un biondo amico, sesso femminile, vale a dire un’amica bionda, la capacità di crocerossina recuperatrice dei morenti…». Con il successo dei suoi libri Gadda godè di una certa popolarità ma se ne lamentava a causa di «incessanti e strane richieste di scritti, di autografi, le proposte di signore che vogliono da Losanna, da Pietra Ligure, da Venezia venirmi a sollevare lo spirito…». Ungaretti scrivendo una testimonianza per Gadda finiva: «Grazie Gadda!». Gadda replicò: «E chi sono? Pasteur?».

Gadda 3Gadda era un fervente monarchico e fu sconvolto dalla notizia che la principessa Maria Beatrice detta Titti, si fosse messa con l’attore Maurizio Arena. A colazione un giorno con Parise, Gadda espresse il suo rincrescimento e chiese a Parise come aveva potuto prodursi il fatto. Parise prese una bottiglia d’acqua minerale, gliela mostrò e disse: «Sai, dicono che ce l’abbia così». Il giorno dopo andai io a colazione con Gadda, mi pose le stesse domande, detti la stessa risposta (d’accordo con Parise) e Gadda s’alzò di scatto gridando: «Ma allora è vero!». Tante belle pagine di Gadda riguardano la guerra del ’15 che vide la morte del fratello, Caporetto, la sua prigionia: «Sputi in faccia nel ’19 – alla fine della guerra- fino a sentirmi dire nel ’40 che s’io fossi un uomo sarei partito volontario.No, non sono partito volontario a 47 anni per la bella guerra del ‘se avanzo seguitemi’. Sono partito volontario e rivolontario a 22 anni… leggetei miei testi meno sporchi ove davvero desideriate documenti, il che noncredo». «A 22 anni nessuno aveva proposto una moglie a Prosdocimo. C’era l’Adamello allora che lo aspettava, l’altopiano dei Sette Comuni, il Carso, il Sabotino, l’Isonzo. Là forse avrebbe trovato la sposa: quella che non fa le corna a nessuno, e a tutti di giorno le fa». In una intervista televisiva fu chiesto a Gadda quale persona avesse per lui contato di più. Rispose: «Questa è una domanda molto difficile… Mia madre». «Perché?». «Mi si polverizza la memoria». «L’autore non può rimpiangere la sua inesistita giovinezza».

 

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