Lidia Lombardi
La domenica: itinerari per un giorno di festa

Il Rinascimento in cinque stanze

Da non perdere l'opportunità di visitare Villa Farnesina, a Roma, sede dell'Accademia dei Lincei che da qualche anno potenzia le occasioni di apertura al pubblico. Come la conferenza che Alessandro Zuccari terrà su questo gioiello di arte e architettura il prossimo 26 marzo...

La luce radente del tramonto è come un riflettore da set che anticipa l’effetto notte. E scolpisce lassù – nel fregio della villa bianca come un fantasma in ghingheri – la danza degli amorini tra festoni di fiori. Dall’altro lato della via, le finestre d’un palazzo barocco rivelano il salone illuminato a giorno di una biblioteca. La villa è la Farnesina, la biblioteca è quella di Palazzo Corsini, l’una e l’altro ingioiellate braccia della Accademia dei Lincei, la più prestigiosa d’Italia. Ma torniamo alla prima costruzione, affacciata sul Tevere. La «visione» del fantasmatico edificio – con ingresso in via della Lungara, che pure a ogni passo stupisce – l’avranno quanti accederanno il prossimo 26 marzo, alle 18, nella villa, che è appunto sede di rappresentanza dell’Accademia. Qui Alessandro Zuccari, linceo, professore ordinario di storia dell’arte moderna all’Università La Sapienza nonché grande divulgatore, anche per la Rai, parlerà di La Villa Farnesina, un modello del Rinascimento. Agli uditori squadernerà la sua sapienza e spiegherà la storia e la bellezza della costruzione. Però, al di là della opportuna conoscenza più specifica e approfondita, entrare nel luogo di delizie del potente e ricco Agostino Chigi è come fare un sogno. Di quelli brevi e intensi, perché la «maraviglia» non ha il tempo di estenuarsi in una teoria di stanze e di oggetti.

FarnesinaGli ambienti aperti al pubblico sono cinque. Ma c’è dentro un’antologia cortese del nostro Cinquecento, declinato tra architettura e arte. Con i colori di Raffaello e della sua bottega, di Baldassarre Peruzzi, di Sebastiano del Piombo, del Sodoma. Un’esperienza che dovrebbe coinvolgere non solo i turisti stranieri, che volentieri visitano la Farnesina, ma tutti i romani fieri di appartenere a questa città. L’Accademia dei Lincei l’ha capito e da qualche anno potenzia le occasioni di apertura ai cittadini, anche con eventi speciali. Visite guidate, la domenica, con musica dal vivo, che diventano serali d’estate, con l’apertivo nel giardino. E le conversazioni, nel ciclo intitolato L’Accademia incontra… come sarà appunto quella dello Zuccari.

Farnesina 2Villa Farnesina si chiama così perché alla fine del ’500 fu comprata dal cardinale Alessandro Farnese, che già possedeva, oltretevere, quel Palazzo legato dal 1900 alla figura del truce Scarpia pucciniano e dal 1936 alla Ambasciata di Francia. Ma a volerla fortemente, la Farnesina, fu Agostino Chigi, il banchiere toscano unito a doppio filo con il papato al punto di ricevere da Giulio II della Rovere il blasone che troviamo in mezza Roma: i sei colli sormontati da una stella, accanto alla quercia appunto «della Rovere». Ricchezza, potenza, gloria, dolce vita. Messer Agostino volle reificare tutto ciò nella sua residenza in riva al fiume capitolino. Baldassarre Peruzzi comprese bene il messaggio. Messi dorate, nozze fulgide identificazione con gli dei, propiziazione della fortuna: questo racconta ogni angolo della Farnesina. Ecco allora, a incoronarla, quel fregio con gli amorini citato in apertura. Ecco il tripudio della loggia, con le cinque grandi aperture sul giardino all’italiana. Raffaello e i suoi disegnano per la volta e le pareti lo sposalizio di Amore e Psiche, che è poi quello di Agostino con la plebea Francesca Ordeaschi. E anche qui l’intreccio di festoni dipinti da Giovanni da Udine crea un Erbolario, un inventario di fiori e frutti dove dominano il mais da poco scoperto nelle Americhe e cento altri allusivi, nella forma, al fallo. Ovvero al trionfo pagano di Priapo, che un banchiere stregato dalla dea Fortuna, ancorché «papalino», doveva tenere in massimo conto.

Farnesina 1Gli astri, l’oroscopo campeggiano nella loggia di Galatea. La ninfa porta la firma di Raffaello ed è tanto vitale nel volteggiare del velo tra le onde del mare che Baldassar Castiglione chiese al Sanzio chi fosse stata la modella. «Nessuna», la risposta, a sgombrare il campo dal gossip e ad affermare la forza evocativa della propria mente. E infatti dietro l’affresco sottostante, sistemato su un pannello dopo il restauro del 1984, il muro nascondeva lo schizzo a sanguigna con il quale l’artista di Urbino cominciò a immaginare la bella nereide. La guarda, nel riquadro accanto, un muscoloso Polifemo di Sebastiano del Piombo. E stupisce, in una lunetta, un’enorme testa maschile. Di Michelangelo, si è creduto fino a venticinque anni fa. Invece è del Peruzzi. Il quale nella sala attigua ancora si esercita nel fregio. Ma questa volta dipingendo Ercole, in una sequenza di immagini che sembrano muoversi, come nel cinema.

farnesina 3Nel piano superiore del Peruzzi trionfa la prospettiva e il trompe l’oeil. Il pavimento di marmo continua negli affreschi sui muri. Simulano colonne di un loggiato. Attraverso di esse, a 360 gradi, scorci di Roma, con le alture del Gianicolo e Porta Settimiana. Ci sono anche i segni della Storia. Graffi sopra il muro dipinto. La bravata dei Lanzichenecchi. Nel 1527, col Sacco di Roma, bivaccarono nelle stanze di Agostino, morto da sette anni. «Babilonia», irride un loro sgorbio fatto con qualche arnese appuntito. Ora vale quanto una grottesca dei raffaelleschi.

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