Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

Miracolo abruzzese

Il nuovo film di Riccardo Milani con Antonio Albanese e Virginia Raffaele, "Un mondo a parte”, è un film necessario: perché ci racconta che la nostra società si salva solo se rimane unita

I miei auguri di Pasqua li faccio consigliando di vedere un film che ha l’apparenza di una commedia leggera, ma che in realtà contiene alcuni messaggi positivi di cui abbiamo molto bisogno in questi tempi bui. È il nuovo film di Riccardo Milani Un mondo a parte, protagonisti due attori “comici”, e mai etichetta è stata più inadeguata: Antonio Albanese, alla quinta collaborazione con Milani di cui ormai è l’alter ego, affiancato per la prima volta da Virginia Raffaele. Entrambi confermano in questo film non solo la loro bravura, che di conferme non ha certo bisogno, ma ci mettono qualcosa in più che fa la differenza nella narrazione di questa piccola storia ambientata nella provincia italiana: ci mettono il cuore, e qui il cuore si vede, parafrasando il titolo di un romanzo di Chiara Valerio.

Intendo non solo il cuore del regista e dei due protagonisti, ma il cuore che ci mette tutto il cast formato dai bambini e dagli adulti del luogo che attori non sono e che nella pellicola interpretano se stessi (non perdete i titoli di coda che lo rivelano). Infine e soprattutto il film di Milani racconta il cuore di una terra cui il regista romano è molto legato perché in quella terra è cresciuto: l’Abruzzo.

Non è quindi casuale la scelta di raccontare una storia che ci riguarda tutti girando la pellicola in alcuni comuni del Parco Nazionale dell’Abruzzo: Pescasseroli, Villetta Barrea col suo lago, Sperone, Civitella Alfedena, Gioia dei Marsi. E soprattutto Opi che nella finzione diventa Rupe, il paesino di 364 anime dove approda da Roma il maestro elementare Michele Cortese, cioè Albanese, stanco di «cercare di salvare gente che non ha intenzione di essere salvata, e ti mena pure».

Perché la storia dell’unica classe della scuola di Rupe intitolata al poeta pastore Cesidio Gentile detto Jurico, classe che conta solo 7 bambini di prima, terza e quinta elementare e che perciò rischia la chiusura – come peraltro la rischiano tante piccole scuole di questa Italia “minore”, l’Italia degli Appennini e dei paesi svuotati dal crollo demografico – perché dunque questa storia ci riguarda tutti? Perché ci ricorda che solo insieme possiamo salvarci, che solo insieme possiamo trovare il coraggio per non arrenderci alla rassegnazione e alla fuga.

Certo vedendo arrancare nella tormenta di neve e tra gli ululati dei lupi il maestro Cortese in mocassini e giacchetta, come ci appare Albanese nella prima scena del film, la sensazione è di déjà vu: vengono in mente le molte commedie che hanno raccontato questi incontri tra mondi diversi, dal mitico Pane, amore e fantasia di Comencini al francese Bienvenue chez les Ch’tis ovvero Giù al Nord, che avrebbe originato il clone italiano Benvenuti al Sud.

Ma Un mondo a parte è solo in apparenza una commedia già vista. Perché, come spiega subito la vicepreside Agnese (Virginia Raffaele) al maestro che arriva con l’entusiasmo naïf del cittadino che ha idealizzato la natura e comanda ai suoi piccoli allievi di “salvare il mondo prima di cena”, questo “non è un mondo di sogno, è un mondo a parte”. È una terra dimenticata dai centri del potere dove le scuole chiudono e il medico non c’è, dove la speranza è morta e la rassegnazione vince su tutto, dove le persone si salutano per strada con un grugnito e dove è necessario il coraggio di credere ancora nelle favole per non scappare.

E allora lo spettatore capisce subito che la storia della piccola comunità di Rupe è in realtà la metafora dei tempi che tutti stiamo vivendo.

Certo si ride vedendo gli espedienti che i protagonisti architettano per sconfiggere la burocrazia ed evitare la chiusura della scuola, che sarebbe la morte del paese: dirottano i profughi ucraini per portare in classe i loro figli, si aggiudicano una famiglia marocchina trattando sulle connessioni veloci e le piattaforme tv, fanno stilare alla veterinaria del Parco il referto del leggero deficit cognitivo di un allievo così da blindare tutta la classe.
Ma queste gag rivelano la forza della complicità che tiene insieme la piccola comunità tra le montagne dove volano le aquile e ululano i lupi, il fine di farla sopravvivere a dispetto di tutti giustifica ogni mezzo. “La montagna lo fa”, è il mantra che la gente ripete. Per non abituarsi al peggio, che è la cosa peggiore che può capitarci.

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