Sergio Buttiglieri
Al Teatro Due di Parma

Danza delle identità

Il nuovo spettacolo di Maguy Marin, “Singspiele”, è una bellissima riflessione coreografica sulla perdita di identità: «La vita è un inferno quando non riusciamo a farci riconoscere dagli altri come vorremmo»

Uno degli spettacoli che in questi mesi mi ha più colpito nell’anima è Singspiele della mitica coreografa francese Maguy Marin, interpretato magnificamente da David Mambouch. Ho avuto la fortuna di vederlo al Teatro Due di Parma qualche settimana fa nell’ambito di una serie di eventi tra Parma e Reggio Emilia, dedicati a questa figura che da tanti anni produce coreografie piacevolmente destabilizzanti che rimettono in gioco la danza tradizionale contaminandola con il teatro e le performances.

Questo assolo è del 2014. Debuttò al Theâtre Garonne a Toulouse. Sempre con la scenografia di Benjamin Lebreton. Un semplice muro scrostato con 3 appendiabiti carichi di vestiti che il danzatore a mano a mano indossa durante l’atto unico. Lui ha fisso sul volto una sorta di maschera con volti in bianco e nero che, man mano strappa come fossero i fogli di un calendario. Una carrellata infinita di esistenze che denotano una presunta personalità di chi ci sta dietro.

Alcuni di questi volti ci sono noti e fanno parte del nostro immaginario, altri sono assolutamente sconosciuti. Ma tutti sorprendentemente interagiscono con i movimenti del danzatore che ne reinterpreta la personalità. Bastano i suoi micro-gesti per fiondarci in personaggi agli antipodi da quello appena interpretato con l’altro volto. La maestria della prossemica agisce perfettamente in noi spettatori. Questo per pochi attimi ognuno. È strepitoso quanto un volto che copre il nostro vero volto, anche per un istante, sappia farci apparire diversi. Anche noi ogni giorno, senza accorgercene, ci trasformiamo continuamente al cospetto degli altri. Perché tutti siamo perennemente in scena e quasi non sappiamo più chi veramente siamo.

Il nostro mondo oggi è raccontato massicciamente dai social sempre più invasivi sulla nostra vita reale. Maguy Marin nelle note di regia ci ricorda che la vita è un inferno quando non riusciamo a farci riconoscere dagli altri come vorremmo. Noi tutti necessitiamo di andare in scena con la nostra maschera del giorno per ricevere apprezzamenti dagli altri. Altrimenti gli altri diventeranno animali feroci da cui non sappiamo difenderci.

Questa coreografia è sempre più attuale. Pur citando una forma di Opera apparsa nel XVIII secolo fatta di Lieder e teatro parlato, spesso leggero e magico, dove le continue trasformazioni dei personaggi creano inaspettati colpi di scena.

Tutto ciò Maguy Marin – questa pasionaria della danza, nata nel 1952 a Tolosa da madre madrilena e padre andaluso, che fuggirono in Francia per scappare dal regime di Francisco Franco – in questo lavoro lo rilegge con una acuta ironia impregnata di un profondo spirito filosofico.

Uno spettacolo che ci ha sicuramente divertito, ma che ci ha anche aperto inediti stralci sulla nostra vita in continua dissimulazione.

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