Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Che farà Biden?

Gradimento personale basso ma ottimi risultati alle elezioni: davvero il presidente Biden deve cambiare strategia? Oppure è solo un problema di empatia e comunicazione?

A quasi un anno dalle presidenziali americane tutti si domandano se Joe Biden ce la farà a conquistare il secondo mandato. Eh sì, perché se gli exit poll lo danno in calo esponenziale (appena il 38% della popolazione adulta approva in generale la sua performance), le elezioni della settimana scorsa in Kentucky, Virginia, Ohio (un importante swing state che l’ultima volta è andato proprio a Trump) e Pennsylvania registrano vittorie dei democratici su fronti diversi e per il rinnovo di varie istituzioni e mandati. E allora perché questa contraddizione? Sembrerebbe quasi che da un lato il messaggio e la strategia del partito democratico siano positivi e dall’altro che ci sia qualcosa di sbagliato nel messaggero. Dunque ci si chiede: perché il presidente registra tassi di gradimento così bassi, pur avendo approvato riforme epocali, come quella del salario minimo, portato da 10 a 15 dollari, e avere varato provvedimenti essenziali per la ripresa del paese dopo la grave crisi della pandemia, come quel Build Back Better, il più grande investimento federale dagli anni ‘50 ad oggi? Quest’ultimo, che consiste in una serie di spese statali da sostenere per problemi come il cambiamento climatico, le infrastrutture, lo stato sociale e gli aiuti a famiglie e imprese per il Covid-19, è stato diviso in 3 parti: American Rescue Plan, American Jobs Plan e American Families Plan, ha richiesto un lunghissimo e tortuoso iter parlamentare prima di essere firmato dal presidente il 15 novembre 2021, ma ha letteralmente risollevato il paese sul piano economico. E sebbene io creda che Joe Biden sia uno dei presidenti migliori che l’America abbia mai avuto, vien fatto di pensare che ci debbano essere punti essenziali della sua strategia che vanno cambiati.

In un recente incontro a Chicago per un fundraising tra il presidente e un gruppo di donatori del partito democratico, Biden li ha incoraggiati a guardare oltre i numeri negativi assicurando loro che le generose donazioni fatte alla sua campagna elettorale non andranno sprecate.

Tuttavia c’è decisamente un gap tra i risultati elettorali e quelli statistici di gradimento del presidente. Biden, si sa, è un grande mediatore e soprattutto un politico di grandi risorse, capace di ribaltare situazioni disperate, ma nel partito democratico e tra gli elettori si agitano anime e pareri diversi che trovano tuttavia un punto di unione nella preoccupazione che possa perdere contro Donald Trump. Tra le tante opinioni che circolano due sembrano essere quelle prevalenti come possibili shortcoming; la sua età e il costo della vita.

Tutti i maggiori giornali dal New York Times allo Washington Post lo vedono iniziare le prossime elezioni come svantaggiato e vedono queste elezioni come straordinariamente delicate e difficili per vari motivi. Tra di essi, in politica interna, per il fatto che il presidente secondo la stampa non è capace, proprio a causa della sua età, di rispondere a certe sfide soprattutto nel campo della comunicazione come dovrebbe, ma anche perché Donald Trump è davvero una minaccia alla democrazia del paese e certamente, come abbiamo visto, non si fa nessuno scrupolo a disattendere la Costituzione. Dunque secondo alcuni sono necessari dei cambiamenti tra cui deleghe più allargate, più ampie dentro al partito, affidate a personaggi nuovi come i senatori Corey Booker o Ralph Warnock o a deputati come Lauren Underwood o Maxwell Frost e una politica più aggressiva nei confronti dei repubblicani e di Trump il quale, dovrebbe essere ripetuto giornalmente da Biden, a dispetto del suo populismo, quando si tratta di governare lascia decidere a Wall Street. Inoltre un’attenzione più calibrata verso certi moderati nel partito democratico che potrebbero attirare figure di repubblicani dissidenti come Mitt Romney o Liz Cheney i quali temono una rielezione di Donald Trump. Infine, recuperare personaggi che sono capaci di una campagna elettorale più aggressiva e competitiva come Rahm Immanuel, ex sindaco di Chicago e capo dello staff di Barack Obama, oggi ambasciatore in Giappone, o Jennifer O’Malley Dillon che sembra essere più aggiornata sulle moderne tattiche elettorali.

In politica estera la situazione di due guerre in corso non aiuta e la difficoltà di Biden, a compiere delle scelte decise e precise neanche. I suoi amletici dubbi, seppur giustificati, sul continuare a inviare armi all’Ucraina o sul cercare di placare l’ira cieca di Israele che nella persona di Netanyahu è pronta a radere al suolo Gaza no matter what, ci mostrano insieme alla sua fragilità una debolezza tutta umana e molto comprensibile, direi quasi da persona saggia, ma che anch’esse non aiutano sul piano politico. Di nuovo qui qualcuno suggerisce di delegare la situazione, specie in medio oriente, ad esempio ai Clinton.

Per quando riguarda la situazione economica, si tratta di un altro punto dolente della strategia comunicativa di Biden che non sembra mordere e arrivare agli elettori come dovrebbe quando il costo della vita aumenta e l’inflazione mangia parte degli stipendi: bisogna compiere dei cambiamenti. Dunque l’essere più simpatetico con i problemi della gente, non tanto il mostrare che hanno torto a lamentarsi, cosa pur vera, ma che il presidente è loro accanto nei momenti cruciali, come quando si è schierato con gli operai durante lo sciopero dei metalmeccanici dell’industria automobilistica a dispetto delle opposizioni che ha dovuto affrontare, invece è molto di aiuto.

Inoltre rivendicare quotidianamente che Trump è responsabile per la nomina di tre giudici della Corte Suprema che hanno abolito la legge sull’aborto (Roe vs Wade) nel paese e che sembra avere ferito molti cittadini americani. Si capisce che Biden non si sente a suo agio nel parlare di questo soggetto, perché cattolico, ma può far parlare la sua vicepresidente e molti governatori donne, perché questo invece sembra essere un soggetto essenziale per la maggioranza degli americani.

Infine il presidente dovrebbe parlare del futuro, di cosa farà nel secondo mandato a cominciare dalla situazione internazionale in medio oriente e in Ucraina, mentre in politica interna suoi soggetti preferiti dovrebbero essere il problema dell’aborto, il prezzo dei farmaci e la situazione dell’immigrazione. Solo cosi il messaggero si potrà riconciliare con un messaggio che sembra essere gradito alla maggioranza del popolo americano.

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