Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

Poesia al cinema

Da non perdere il documentario di Annalena Benini e Francesco Piccolo dedicato alla vita e ai versi di Patrizia Cavalli. Da perdere, invece, l'opera prima di Simone Bozzelli tanto acclamata dalla critica al festival di Locarno

La poeta Patrizia Cavalli (di lei mi occuperò alla fine) diceva che il disgusto è più forte dell’amore. Ora confesso qualcosa che non credo sarà condivisa da chi ha già visto il film: a evocarmi un sentimento molto simile è stata l’opera prima del giovane Simone Bozzelli Patagonia, presentato in concorso al Locarno Film Festival e osannato unanimemente dalla critica. Il libro di Bruce Chatwin In Patagonia non c’entra niente, nel film il paese è solo il miraggio della libertà inseguito dai due protagonisti della pellicola: Yuri, ventenne insicuro accudito come un bambino dalle “zie” in un piccolo paese abruzzese, e Agostino, sbruffone saltimbanco che anima le feste di compleanno ed è la controfigura di Damiano David dei Måneskin (e certo non è un caso visto che Bozzelli è il regista del loro video I wanna be your slave, potrebbe essere il commento musicale perfetto).

Tra i due nasce un’attrazione malata che forse nasconde l’amore e si basa sul gioco crudele che il gatto fa col topo: Yuri scappa dalla gabbia familiare inseguendo il sogno che Agostino cinicamente gli prospetta, riducendolo in realtà a schiavo dei suoi capricci, compresi quelli sessuali. I due vagano su un camper alluvionato nel paesaggio lunare dell’altopiano abruzzese (Bozzelli è teramano) accampandosi tra relitti di cose e persone che la società ha espulso, nelle allucinazioni di una vita che si abbandona al caso e alla musica assordante dei rave. Una storia di naufragi (con spettatori) che poteva avere un senso. Il disgusto mi è montato per le scelte del regista, la ripetizione delle stesse inquadrature e delle stesse situazioni, i primi piani di dettagli di corpi e di oggetti, bocche masticanti cibo che mai assaggerei, luoghi di inimmaginabile sporcizia che magari vogliono comunicare qualcosa di profondo (critica alla società che rifiuta chi non accetta le sue regole?) e che in me hanno prodotto solo noia (come le inquadrature identiche di fili d’erba, fiori secchi, la luna, ma perché?).

Per trovare un senso ci vuole altro, ci vogliono per esempio le parole di Patrizia Cavalli. È assolutamente imperdibile il breve documentario (solo 77 minuti e anche questa è un’opera prima) che Annalena Benini e Francesco Piccolo hanno dedicato alla poeta amata da Elsa Morante e intitolato Le mie poesie non cambieranno il mondo. Trastevere è il set della sua ultima struggente intervista pochi mesi prima della morte, un racconto pieno di sorrisi, leggerezza, grazia e ironia e amore per la vita. Ogni tanto Patrizia torna giovane, recita le sue poesie con la sua bella faccia umbra, canta divertita con Mika Al cuore fa bene far le scale. A noi fa bene rivederla e riascoltare le sue parole.

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