Il cinema de laMeneghello
Contro la vecchiaia
“Plan 75”, il nuovo film di Hayakawa Chie immagina un futuro nel quale lo Stato organizza l'eutanasia obbligatoria dei vecchi. Un'opera inquietante che suggerisce una soluzione alternativa: l'incontro tra le generazioni
Odio l’estate, arriva il caldo africano (forse) e le sale chiudono in attesa della mostra del cinema di Venezia e delle novità autunnali. Mi consolo sapendo che dal 24 giugno al 2 luglio tornerà a Bologna, la mia meravigliosa città cinematografica, “Il cinema ritrovato”, oasi luminosa in questi tempi bui dedicata quest’anno a due primedonne assolute, Anna Magnani e Suso Cecchi D’Amico. E per l’occasione riaprirà il cinema più bello del mondo: Piazza Maggiore. In attesa di questo festival benedetto dalla Cineteca Nazionale, è ancora possibile cogliere qualche perla che si attarda in sala. È il caso di Plan 75, il film distopico giapponese sull’eutanasia di Stato, che detta così non invoglia certo la visione. Eppure se lo trovate non perdetelo, perché vi sussurrerà qualcosa di importante sul senso del vivere e del morire. L’avevo visto quando è uscito e mi aveva convinta a metà, la lentezza di tante pellicole orientali aveva pesato sul giudizio. L’ho rivisto e l’impressione è stata completamente diversa.
Premessa. C’è una lunga gestazione all’origine del film: in principio fu un corto girato nel 2015 a Hong Kong e subito bloccato dal governo cinese, poi arrivò il progetto Jûn-nen firmato da cinque registi – tra i quali la giapponese Hayakawa Chie – che immaginano il futuro distopico del proprio paese (la supervisione era del regista Kore’eda Hirokazu, vincitore della Palma d’oro a Cannes con Un affare di famiglia). È a questo punto che Hayakawa decide di sviluppare il tema in un film: cosa potrebbe succedere in una società in cui i vecchi sono la popolazione dominante che assorbe tutte le risorse negando il futuro alle nuove generazioni? Plan 75 è una risposta certamente paradossale, ma tutt’altro che inverosimile: il governo giapponese vara un piano nazionale che offre l’eutanasia gratuita e centomila yen agli anziani che hanno compiuto 75 anni, sono soli e indigenti e quindi possono togliere il disturbo e alleggerire così il bilancio dello Stato.
Hayakawa intreccia le storie di quattro personaggi: Michi (interpretata con grazia elegante da Baisho Chieko) è una signora che a 78 anni lavora ancora finché non viene licenziata perché improduttiva e si trova costretta ad aderire a “plan 75”; Hiromu, giovane consulente di “plan 75” che entra in crisi quando scopre che suo zio ha aderito al progetto; Maria, una filippina che per pagare le cure alla figlia recupera gli oggetti personali appartenuti ai morti; infine Yoko, una ragazza che lavora al call-center di “plan 75” e assiste gli anziani per cercare di convincerli a non cambiare idea all’ultimo momento. Il film ha il passo lento delle pellicole giapponesi ma trasmette, collegando e sovrapponendo le quattro storie, un messaggio forte che contraddistingue la società nipponica rispetto all’esasperato individualismo occidentale: i vecchi che accettano l’eutanasia di Stato si sacrificano consapevolmente per il futuro dei giovani. C’è un momento struggente nella pellicola in cui questa scelta appare chiara e lo spettatore può solo rabbrividire: violando il divieto delle autorità, Yoko porta Michi al bowling, è l’incontro tra le generazioni che lo Stato vuole assolutamente impedire perché rivela tutta la crudeltà di “plan 75”. Siamo certi che si tratti di un’improbabile distopia?