Nicola Fano
Alla galleria Blocco 13 di Roma

Un ricamo d’arte

Sauro Cardinali espone un ciclo di opere costruite come un ricamo di (finti) pixel manuali. Un modo per scavalcare l'ossessione dell'immagine computerizzata della ricerca contemporanea e ricollegarsi alla concretezza della pittura

Capita ancora, sottotraccia, di trovare qualche vena creativa, a Roma; e, quando succede, ci si sente con i piedi per aria – pare di sognare, via! – pur avendoli piantati per terra. Proprio al piano terra, con uno sbocco in un grazioso giardino, in zona Ostiense c’è – per esempio – una piccola galleria d’arte (Blocco 13, si chiama) per la quale il suo animatore, Carlo Alberto Bucci, apparecchia occasioni di piacere imprevedibili. Ora c’è una mostra di Sauro Cardinali, artista umbro radicato a Roma, intitolata Eremita ornamentale e che vale davvero la pena non perdere.

Sauro Cardinali è passato attraverso stagioni e stili diversi. Personalmente, avevamo molto apprezzato un ciclo di “dischi” costruiti arrotolando cartigli scritti e colorati: un modo di spiazzare la tradizionale distinzione tra pittura e scultura, tra opera d’arte e oggetto d’arte. Stavolta invece, è tornato a una tecnica già sperimentata in passato: si tratta di intrecciare strisce di colore in modo da ricostruire le immagini. Pensate – per intenderci – a un paesaggio impressionista riprodotto da pixel fuori misura. Ebbene, questo mi è parso l’effetto: un artificio manuale che ripropone, sconfessandolo, un meccanismo computerizzato. Come a voler parodiare l’overdose di immagini gelide e gelidamente riprodotte cui tanti artisti oggi affidano la loro creatività. Sauro Cardinali, viceversa, concentra il suo lavoro su una manualità vecchio stile che poi, volta a volta, adegua a idee e prodotti nuovi. Così, appunto, succede anche per le opere esposte ora alla galleria Blocco 13. Che comunque recuperano uno stile già sperimentato dall’artista nel 1998, in occasione di una mostra collettiva, Il segno di Diario, ospitata dalla Galleria Il Segno di Angelica Savinio.

Si tratta, a tutti gli effetti, di trame, orditi complessi nei quali il filo è sostituito da tracce di immagini e colori. In questo modo la figurazione viene appena evocata, quasi trasformata in “mostro”, come nel caso dei tre autoritratti proposti qui, realizzati sempre con la medesima tecnica. Ma ci sono pure frammenti che paiono tratti da qualche paesaggio rinascimentale: particolari ingranditi, appunto come se fossero realizzati da pixel fuori misura. Tanto è vero che l’allestimento della mostra ha pure un suo senso: fatta eccezione per i tre autoritratti posti di fronte, tutte le opere sono esposte una accanto all’altra, raggruppate come a formare una ulteriore immagine sul bianco della parete della galleria. Tre grandi, ulteriori immagini, infine, formano una installazione specifica nello spazio esterno: rappresentano il “dietro”, la trama degli autoritratti, come a svelare il segreto di questi inediti ricami d’arte.

Un motivo in più, insomma, per allungarsi a conoscere questo angolo romano di creatività, dominato dal gazometro, dal moderno ponte dell’Ostiense e dalla memoria, lì accanto, di quello che fu il Teatro La Piramide, fucina della genialità scenica di Memè Perlini e Antonello Aglioti quarant’anni fa. Proprio con quel passato, Blocco 13 oggi riallaccia i fili, per rilanciarlo in avanti.  


La mostra rimarrà aperta fino all’11 giugno su prenotazione al telefono 3292866299. La Galleria Blocco 13 è in via Benzoni, al civico 13.

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