Luigi Saitta
Un libro a cura di Alberto Crespi

Il mito di Roma

Pubblicata una parte delle lettere conservate nell’archivio del grande attore. Inviate a Alberto Sordi da personalità del mondo della politica e dello spettacolo e da ammiratori, anche dopo la sua morte, raccontano la stima e l’autentico affetto che ha saputo suscitare

Sono trascorsi vent’anni dalla morte di Alberto Sordi, avvenuta il 24 febbraio 2003. Eppure il suo ricordo non svanisce, non si perde nei meandri del tempo. I suoi film costituiscono un quadro, una testimonianza del nostro carattere nazionale a tutt’oggi quanto mai attuale, veritiera. Alberto Crespi, uno dei critici cinematografici più aggiornati e più profondi dell’universo filmico italiano, attualmente direttore della rivista “Bianco e Nero” del Centro Sperimentale di Cinematografia, ha raccolto in Caro Alberto (Editori Laterza, 25 euro) le lettere (non tutte peraltro) ritrovate nell’archivio Sordi, e le ha catalogate in tre parti. La prima è costituita dalle lettere degli ammiratori; la seconda da lettere di personalità dello spettacolo e della politica; la terza da lettere pervenute nella residenza romana dell’attore dopo la sua morte.

Leggendo queste missive da parte di eminenti personalità politiche (tre presidenti della Repubblica) e di una schiera di attori e attrici da tutto il mondo (dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Russia all’Iran) non si può non provare grandissima stima e ammirazione per un attore che ha segnato una pietra miliare nella storia della cinematografia italiana. Stima, ammirazione ma anche sincera commozione per il tributo epistolare di tantissimi (e anonimi) cittadini, ammiratori e seguaci della carriera del popolare Alberto da tutti considerato un vero amico, uno di casa, un familiare. «…e ora c’è rimasto solo er Colosseo! Ciao Arbè!», «Ettore Petrolini cantò l’anima di Roma: tu, Alberto, l’hai rappresentata!», «M’hai fatto ride… M’hai fatto piagne… Al di sopra di ogni colore, bandiera, classe sociale… onore a te, Marchese, simbolo della romanità!», «È morto l’ottavo re di Roma… ciao Alberto, falli ride tutti lassù…». Sono soltanto alcuni dei messaggi racchiusi in biglietti spesso scritti a mano da persone di ogni età, ceto sociale, appartenenza al tifo calcistico (Sordi era della Roma e più di un tifoso laziale confessò di essere tentato di abbandonare i colori biancazzurri), che dimostrano l’ammirazione e l’affetto di tutti verso questo grande attore. 

«Alberto Sordi ha non solo incarnato, ma anche plasmato il carattere profondo e l’umorismo fulminante di un popolo», ha scritto in una delle due prefazioni che arricchiscono il volume (unitamente a moltissime foto in gran parte inedite ) Walter Veltroni, che da sindaco di Roma organizzò la camera ardente nella sala della Protomoteca in Campidoglio con una partecipazione popolare davvero incredibile. E ancora, nell’altra prefazione, il ricordo di Carlo Verdone, «uno dei pochissimi colleghi che con Alberto ha condiviso sia esperienze di lavoro sia momenti di vita vissuta», scrive Crespi. Ebbene, rileva Verdone, «con la sua maschera di attore, con i suoi personaggi, Alberto Sordi ha rappresentato un’Italia allegra, rassicurante, in fondo piena di ottimismo. Faceva ridere e la risata – anche quando è amara o beffarda – genera positività. Quindi non mi stupisce che le lettere raccolte in questo libro siano piene di affetto, di un’identificazione calda e positiva».

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