Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Noi e la salvezza

William Blake racconta di un bambino sperduto, di una madre in lacrime che lo cerca, di una padre “in bianco” che lo riconduce. Forse è Dio, e forse il bambino è il Figlio, ma forse è l’uomo che deve essere guidato da una luce, seppur «errabonda»

Meraviglia di episodio minimo, forse quotidiano, forse evangelico, che l’incanto di Blake fa mito. È un bambino, perso nella palude deserta, guidato da una luce vagante, incerta: pare il bambino dell’uomo, colui, o ciò, che tutti siamo stati, all’origine del tempo. Certo Dio, sempre vicino, come un padre bianco (vestito? capelli? barba?), pare il padre della divinità cristiana, ma quel bambino perduto e sperduto non è il piccolo Gesù, già sapiente e autoconsapevole, come ben sappiamo, anche da infante
Siamo noi.
E Dio, che senza dichiaralo era sempre lì, presente, ci ha preso, e ci ha portato dalla madre. Che in una valle deserta come era deserta la palude in cui era perso il bambino, lo stava aspettando. In lacrime, e Dio glielo riporta. Ricompone l’origine: un bambino che cerca la sua strada nel mondo, una madre che deve ritrovare il suo piccolo figlio. Non c’è un vero padre, ma Dio come un padre bianco: il bambino, la donna, Dio. Si intuisce, nella grande poesia: l’uomo verrà, e sarà il bambino ora perso e salvato, che grazie a Dio e a sua madre diverrà grande, diventerà uomo.

Il figliolo ritrovato

Il bimbo perduto nella deserta palude,
Guidato dalla luce errabonda,
Si mise a piangere: ma Dio, sempre vicino,
Gli apparve come suo padre in bianco.

Baciò il bambino e lo condusse per mano
E lo portò dalla madre,
Che pallida di dolore, nella valle deserta,
In lacrime cercava il suo figliolo.

William Blake

Traduzione di Gerald Parks

Facebooktwitterlinkedin