Paola Benadusi Marzocca
Sulla pianta più intelligente del mondo

Chiamatemi Orchidea

“Storia e mirabilia del fiore”, narrate in un libro da Alessandro Wagner. Che ci guida nel suo complesso quadro evoluzionistico fatto di complicate intercorrelazioni in cui tutto è in rapporto con tutto. Anche con noi, che ci allontaniamo dalla natura

Oggi non fa certo impressione sapere che le piante passano la maggior parte del loro tempo a inventare stratagemmi per riprodursi. È un fortissimo istinto che condividono con gli animali e gli uomini. Una sorta di volontà inconscia di perpetuare la specie e sconfiggere la morte. Fare l’amore come un’orchidea – Storia e mirabilia del fiore più intelligente del mondo di Alessandro Wagner (Ponte alle Grazie, illustrazioni di Lorenzo Dotti, 244 pagine, 18 euro) racconta con ritmo brillante e chiaro come attraverso i millenni fra gli insetti e i fiori si siano stabilite relazioni sempre più complesse. Senza gli insetti i fiori non esisterebbero e viceversa le api e le farfalle non sarebbero mai nate se le piante non avessero creato il fiore. «Ed è senza dubbio fra le orchidee che troviamo le manifestazioni più perfette e armoniose dell’intelligenza vegetale…». Anche in natura quindi, dimenticando se stessi, si riesce a innamorarsi dell’altro; in un certo senso perdendo la propria vita la si conquista. 

Il tema dell’amore delle piante è stato per molto tempo un tabù. Quando il botanico Linneo nel Settecento lo affrontò, suscitò un notevole scandalo e un secolo dopo Charles Darwin passò per essere un voyeur avendo descritto con precisione al famoso biologo inglese Huxley le manifestazioni della sessualità vegetale. Ma dovette ancora passare qualche decennio prima che fosse svelato «l’ultimo grande mistero insoluto della natura, il mio mimetismo e il suo scopo…». Insomma un dato è certo: l’universo naturale che ci circonda supera di gran lunga ogni immaginazione. Fin dalla notte dei tempi è iniziata la ricerca degli umani per capire il mistero della nostra origine e una cosa intuirono quasi subito e cioè che «è dai semi che nasce la vita vegetale».

L’orchidea nel libro di Wagner è l’io narrante che spiega come i suoi semi contengano «solo embrioni allo stato puro», «semi impalpabili», milioni di semi «microscopici, invisibili, leggerissimi». La maggior parte si disperdono finendo nel nulla, ma alcuni si adattano avviando una feconda simbiosi soprattutto con i funghi. Tra i fiori l’orchidea è quella che più degli altri ha conosciuto competizione e collaborazione soggiacendo agli inconvenienti della vita sociale e non solo amando, ma facendo la guerra senza esclusione di colpi per la sopravvivenza. Pagina dopo pagina si apprende così che l’orchidea è stata la più forte e prolifica delle famiglie vegetali attirando con i suoi fiori di straordinaria bellezza gli insetti e mimando la copulazione per riprodursi. Per secoli è stata la più misteriosa e ricercata pianta del pianeta tanto da spingere un gran numero di cacciatori di piante al soldo dell’aristocrazia e della borghesia mercantile inglese a setacciare ogni angolo delle foreste tropicali per trovare l’ambita preda. Non solo per interesse scientifico, trovare una nuova specie di orchidea procurava ingenti guadagni. 

Il complesso quadro evoluzionistico che presenta Alessandro Wagner nel suo libro svela i segreti di una pianta che ci appartiene profondamente insieme al mondo naturale dal quale ci stiamo allontanando. Oggi si è perso il senso dell’arcano, come scrive Rilke, e con esso la capacità di intuire il mistero di cui la terra è piena fino alle sue più piccole cose. La storia dell’orchidea non procede in linea retta, ma per cicli successivi che subentrano l’uno all’altro e il cui significato profondo ci sfugge. Forse perché contrariamente agli uomini la natura conosce i suoi limiti, sa dove può spingersi senza andare troppo lontano. E tutto questo concedendosi un ampio margine di libertà senza, tuttavia, mai sfociare nell’anarchia. Se è vero che il ventaglio delle possibilità è inesauribile, la legge dell’evoluzione richiede la massima efficienza e può diventare spietatamente dura perché tutto è in rapporto con tutto, mediante reti di intercorrelazione assai complicate che ci riportano all’inevitabile legame che ci unisce alla natura e per il quale torniamo inesorabilmente alla terra. E forse non è un caso che alcuni scrittori come Marcel Proust abbiano creato metafore immortali sulle orchidee, «la cui strana e morbosa bellezza non ha radici nel suolo». Immagine sublime della varietà e insieme della caducità della natura. 

Nell’immagine vicino al titolo, un disegno di Lorenzo Dotti, illustratore del libro di Alessandro Wagner, Fare l’amore come un’orchidea (Ponte alle Grazie editore)

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