Loretto Rafanelli
“L’oceano delle voci” di Silvia Granata

Vita di un poeta

Roberto Mussapi racconta la sua poetica ma spaziando in ambiti personali ed evocando i luoghi e le “voci” che lo hanno ispirato. Da quelle della sua formazione, non solo familiare, a quelle dei Maestri: Luzi, Bigongiari, Bonnefoy, Soyinka

È una stagione ricca di pubblicazioni per Roberto Mussapi, ricordiamo: Magia (Vallecchi), La voce del mare (Marietti), la traduzione di John Keats, Lucente stella (Feltrinelli), infine il libro L’oceano delle voci. Conversazione con Roberto MussapiUn viaggio nella vita e nelle opere del poeta (Algra Editore), in cui dialoga con Silvia Granata che ha concepito questo libro particolare. Il poeta in questo volume non si limita a definire le linee e i passaggi del proprio lavoro poetico, ma spazia in ambiti personali, raccontando molti momenti della propria esistenza, partendo dall’infanzia a Cuneo. Sono le domande intelligenti (“appoggiate” a una raffinata scrittura) di Silvia Granata che permettono di raggiunge l’obiettivo di dare sostanza teorica all’intervista e curiosità circa i vari momenti della vita del poeta, indirizzandolo in una traiettoria in cui poter focalizzare ciò che è più profondo e centrale, sia sulla poesia sia sulla propria vita. Il libro diviene così un grande racconto, che si legge con piacevole e istruttivo trasporto. Si svelano in tal modo le “venature” di una scrittura, quella di Mussapi, che ha valenze teoriche complesse, in quanto ricca di conoscenze plurime e di un prezioso e profondo pensiero. 

Non conoscevamo aspetti della vita privata del poeta, il quale si è sempre “avvalso” della tipica riservatezza piemontese, in particolare non conoscevamo i rapporti con la madre e con il padre, anche se quest’ultimo è presente in alcune opere del figlio. Uomo dal carattere affabile e curioso, era assicuratore noto a Cuneo, e si avvicinò alla poesia e al teatro attraverso i libri del figlio, il quale esprime verso questo “stregone del fuoco e delle nevi” un affetto intenso e pieno di gratitudine. Era di origine dalmata il padre del poeta, e da qui si spiegano varie cose come lo stesso Mussapi racconta: «l’amore per il mare, l’amore per Bisanzio, la mia attrazione verso i levantini, verso i veneziani, il mio interesse per Marco Polo, veneziano sì di nascita, ma con casa a Curzola, di fronte a Zara, avamposto dei veneziani, nasce proprio dalla mia origine dalmata». La madre, donna dal carattere forte, tesa alla cura familiare con amore e qualche rigidità, da tipica piemontese, guarda l’impegno poetico del figlio con un po’ di apprensione, via via sfumata, vigile nel suo ruolo di coordinatrice della “truppa”.

Poi Mussapi dice a lungo del suo maestro, Gabriele Minardi, a cui dedica anche un testo teatrale, personaggio tanto carismatico, quanto formativo, il maestro Minardi fu la figura che più ha potuto nel creare un gusto letterario, oltre che dare una disciplina di studio, per quanto si dica di una età infantile del poeta. Poi abbiamo i poeti amici o i Maestri, ecco allora Mario Luzi, che Mussapi va spesso a trovare, quando lavorava dall’editore Cappelli a Bologna, partendo per Firenze in treno nel tardo pomeriggio, quindi rientrando la sera tardi. Del grande fiorentino ricorda tanto, fino a quel 31 dicembre 2005: una veloce visita, una chiacchierata, un saluto e poi il ritorno a Milano, e quello fu l’ultimo incontro perché da lì a poco Luzi morì. «Ho molti ricordi legati a Luzi e ai suoi insegnamenti, alcuni di questi ancora molto vivi nella mia memoria… Luzi per me rimane un Maestro per tutta la vita». Ma pure c’è l’amicizia con Bigongiari, il quale, con la moglie Elena, spesso si fermò a pranzare a casa di Mussapi. E c’è Bertolucci, che lo sostenne per la pubblicazione presso Garzanti. E ‘Peppo’ Pontiggia. E arriviamo a Bonnefoy: col grande poeta francese, dice Mussapi, si stabilì una frequentazione intensa e un’amicizia importante, che è durata fino alla morte del francese il 1° luglio 2016, con collaborazioni, lavori in comune, apprezzamenti reciproci e tante condivisioni (anche culinarie). Mussapi considerava Bonnefoy un suo riferimento poetico e ebbe modo di incontrarlo in un’occasione romana, e di dirgli della sua attenzione per la sua poesia: «parlammo del senso della poesia, e io dissi che per me lui rappresentava un Maestro». Fu lo stesso Bonnefoy a favorire la pubblicazione di Mussapi presso Gallimard. 

Wole Soyinka con Roberto Mussapi

Poi Soyinka, il nigeriano premio Nobel del 1984, conosciuto da Mussapi nel 1982, in occasione della presentazione del libro, AkéGli anni dell’infanzia, appena pubblicato da Jaca Book, dove allora Mussapi era responsabile dell’ufficio stampa. Soyinka «fu fondamentale nel farmi conoscere che era ancora possibile scrivere teatro in una certa prospettiva, un fatto poetico, ancora un fatto sacrale», per quanto diverso da quello studiato e praticato dallo stesso Mussapi. L’amicizia con Soyinka si rafforzò nel tempo e tanti sono gli episodi legati a quello che Mussapi considera il terzo Maestro (con Luzi e Bonnefoy) e che tuttora frequenta. A Soyinka, nel 1994, Mussapi salvò la vita: una storia incredibile che non voglio qui svelare, rimandando al libro. E il Nobel nigeriano non dimenticò più quel salvifico intervento del poeta cuneese. Partendo dal teatro magico e istrionico di Soyinka, Mussapi nell’intervista parla a lungo della sua passione per il teatro, passione che nasce fin da adolescente allorché frequentava il teatro Toselli di Cuneo, divenendo infine l’autore-poeta più autorevole del panorama nazionale. Oltre che autore di testi messi in scena dai maggiori registi e attori nazionali, Mussapi è anche teorico e critico teatrale, collaborando in tale veste con Avvenire e scrivendo testi e saggi critici: una intensa attenzione che diviene anche studio sulle implicazioni teoriche della scena. E di tutto questo dice nell’intervista.

In questo bel libro Mussapi fissa l’attenzione sui luoghi, i tanti luoghi della sua vita: Cuneo, Torino, Genova, Venezia, Roma e Celle e la Cina, quella ormai scomparsa, con scoperte stupefacenti. Viene fuori la visione dei luoghi dell’anima, affreschi unici, tra felicità e malinconia, spazi simbolici e grigi approdi. Luoghi narrati a suo tempo in varie poesie, luoghi ripresi nel libro con profondità, partecipazione e incantato smarrimento. E quante storie, quante originali considerazioni si legano allo sguardo vertiginoso del poeta verso i tanti spazi che sono divenuti la sua vita, la sua intensa cadenza poetica, e che non si possono qui riportare. Diciamo infine che solo la lettura di queste pagine può rendere adeguatamente il senso di una grande narrazione poetica, di una preziosa pagina che diviene testimonianza di una delle voci più importanti della poesia italiana.

Foto accanto al titolo © Orlandi

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