Roberto Cavallini
Al Leica Store di Roma

Occhi su Roma

Quindici fotografi interpretano Roma e la raccontano, in una serie di esposizioni diverse. Un modo diverso, talvolta nuovo di esprimere lo spirito di una città che è tra le più "fotografate" del mondo

Roma ChilometroZero (un ciclo di mostre presso il Leica Store di Roma) è un progetto interessante, perché si propone di scoprire Roma attraverso “punti di vista differenti, spesso lontani dall’immaginario consueto e condiviso, dai percorsi più usuali”. Roma ChilometroZero è un progetto ambizioso, tant’è che è stato definito dai curatori “un metodo di indagine alternativa della capitale”.

Ricordiamo, per rimanere nella contemporaneità comunque, che Roma è stata fotografata in mille modi, da mille occhi, anonimi e blasonati; ricordiamo, per rimanere alla contemporaneità, tra i tanti Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Mimmo Jodice, William Klein e proprio di quest’ultimo, oltre alla monumentale mostra ai Mercati Traianei nel 2010, c’è una mostra di cui abbiamo parlato su queste pagine ancora in esposizione al Padiglione 9a del Mattatoio di Roma insieme a Plinio De Martiis, dove compaiono due Rome degli anni ’50 che più distanti tra loro è difficile immaginare.

Oggi, nuove Rome sono sorte e ce lo ricorda un recente saggio, Rome. Nome plurale di città, una pubblicazione a cura di Giorgio De Finis e Fabio Benincasa dove Stefano Simoncini definisce così la città: «Roma è assimilabile a un personaggio pirandelliano, è una, nessuna, centomila, una gigantesca città-matrioska».

Ricordiamo inoltre che Roma è stata fonte di ispirazione per scrittori e poeti, per non parlare del cinema, l’elenco sarebbe lungo e risulterebbe sicuramente incompleto e allora prendiamo un esempio su tutti, Pier Paolo Pasolini di cui, per i cento anni dalla nascita, nell’appena terminato 2022, si sono succedute numerose mostre e rievocazioni e prendiamo in considerazione i suoi primi film: Accattone, Mamma Roma, l’episodio della Ricotta, perché è nel film che si stabilisce un legame assoluto e indissolubile tra racconto e immagine e in quei film Roma non è lo sfondo, non è la scena su cui si muovono gli attori, Roma è una attrice protagonista, con le sue crepe, la sua polvere i prati e gli sterrati fra i cantieri e gli acquedotti, la sua religiosità pagana della crocefissione alla Caffarella, la sua monumentalità diroccata del Mandrione e di Caracalla. Roma è la madre generatrice di Accattone, del Riccetto. Roma è Mamma Roma e Mamma Roma è la Magnani e non è a caso che Fellini abbia voluto girare le scene conclusive del suo film Roma incontrando la Magnani come simbolo della città. Una Roma vista come lupa e vestale, come aristocratica e stracciona, come tetra e buffonesca. Una Roma dunque, sostanziata da elementi contraddittori se non addirittura inconciliabili.

Quali strumenti sono stati messi in campo dalla collaborazione tra Contrasto e Leica, dai selezionatori dei fotografi, Simona Antonacci, Maurizio Beucci, Simona Ghizzoni, Francesca Marani e Alessandra Mauro, ma soprattutto come accorderanno l’occhio, la mente ed il cuore i 15 fotografi, selezionati fra 200, per affrontare il difficile lavoro di “scoperta e riscoperta” (anche di sintesi?) di una città le cui immagini, pur presenti davanti ai loro occhi, ritagliate nel rettangolo del mirino fotografico si sovrapporranno a quelle sedimentate nell’immaginario del loro bagaglio visivo e culturale?

Una prima scelta è stata quella di restringere il campo d’indagine di ognuno di loro: 15 fotografi romani per i 15 municipi di Roma, in ottemperanza alla completezza territoriale e per garantire uno sguardo effettivamente a chilometro zero indirizzato sulla quota parte di territorio con la quale il fotografo si sente più in sintonia.

Tutto ciò, quindi, darà vita a 15 mostre presso Leica Store Roma, con un calendario biennale che può essere considerato come un programma e un “itinerario di viaggio”.

“Velaria” di Gianni Rauso

Un itinerario che si intraprende con una fotocamera Leica al collo, perché proprio la casa produttrice ha fornito vari modelli di fotocamere che verranno utilizzati dai singoli fotografi secondo le necessità fotografiche. L’abbinamento tra la città eterna e la fotocamera più iconica al mondo è stato definito, “un incontro tra due leggende”.

È fuor di discussione che il risultato prettamente visivo condiziona il senso ed il significato complessivo dell’opera e bisogna ammettere che le stampe esposte delle prime due tappe  di questo itinerario di viaggio hanno una resa sbalorditiva sia dal punto di vista cromatico che per la definizione del dettaglio, un senso di impalpabilità, di leggerezza, dove i toni intermedi appaiono come in filigrana, restituendo il senso di profondità e di tridimensionalità del soggetto ripreso (senza dubbio merito anche di sofisticate attrezzature di stampa).

Le fotografie in bianco e nero del primo itinerario VELARIA sono di Gianni “Gianorso” Rauso e sono state esposte, presso il Leica Store Roma dal 23.11.2022 al 14.01.2023. “Come parlare di Roma, senza mostrare Roma? Come evitare i suoi simboli conosciuti in tutto il mondo e mostrare una realtà che vivo quotidianamente? Si chiede l’autore e continua: “Il mio progetto di ritratti parte dal Parco della Cervelletta, riscoperto in piena pandemia, quando non si poteva fare nulla se non camminare in spazi aperti, distanziati, quasi prigionieri nell’ora di aria di un carcere.
Il verde mi ha aiutato a sopravvivere in un periodo difficile, di piena solitudine e depressione, uno spazio verde all’interno di una zona urbana apparentemente tranquilla, Colli Aniene, ma che nasconde tutte le contraddizioni e i problemi delle periferie romane. Il velo bianco che appare nei ritratti, portato dal vento, vero o immaginario, incastrato tra i rami degli alberi, è il mio abbraccio ai soggetti che ho fotografato, a cui vorrei donare quella tranquillità che non ho.  La “V E L A R I A” originariamente era la copertura di vele sopra il Colosseo, ma per questo mio progetto nasce dalla crasi tra il VELUM latino e l’ARIA, che mi mancava e che il parco mi ha restituito.”

“Pietre” di Nicoletta Leni Di Ruocco e Massimiliano Pugliese

Il secondo itinerario PIETRE, è costituito da una serie di fotografie a colori, scattate nel primo municipio che resteranno in mostra fino al 18.02.2023, e sono opera di Nicoletta Leni di Ruocco e di Massimiliano Pugliese. Così gli autori presentano il loro lavoro: “Sguardi fugaci, pochissime persone ingoiate dal paesaggio. Scopriamo una città che durante la notte non si riposa ma resta appesa ad aspettare. La sensazione che se ne ricava non ha l’enfasi del rullo di tamburi: un’atmosfera cupa, oscura, un silenzio sinistro, delle figure fuori luogo, che forse non riescono a reggere quella maestosità, guardano da un’altra parte, sole e immobili.”

Se storicamente Leica è associata all’opera di Henri Cartier-Bresson e all’image a la sauvette, le foto mostrate in questi primi due “itinerari” sono tutte molto costruite, sia quelle di VELARIA, dove ritratti posati si alternano a Tableau Vivant, che quelle di PIETRE dove oltre all’uso di una modella si è ricorso a fonti di luci aggiuntive. Entrambi i lavori, presentano una componente progettuale molto forte, forse preponderante rispetto alla sorpresa dell’occhio, che quasi si ha paura che si posi sull’ovvio, sul già visto; le parole di una delle selezionatrici, Simona Antonacci mi pare che esprimano appieno questo concetto specialmente per l’uso del verbo “costruire”:«Da Roma ChilometroZero non mi aspetto soltanto una più classica fotografia di reportage, ma un progetto che sappia partire dalla città di Roma, da tutti i suoi aspetti, per costruire degli immaginari, delle storie, delle narrazioni diverse. Quindi, Roma come punto di partenza per nuovi racconti».

È presto per esprimere giudizi. Per conoscere quale sarà la Roma ChilometroZero o forse le Rome a ChilometroZero, bisognerà attendere che si portino a compimento i lavori sugli altri 13 municipi, che si delinei la costruzione di immaginari, di storie, di narrazioni diverse e che Roma (una nessuna e centomila, città-matrioska) si configuri come punto di partenza per nuovi racconti.


La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini

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