Anna Camaiti Hostert
Cartolina dagli Usa

L’America in bilico

Il risultato delle elezioni di midterm è appeso a quello in quattro stati: Arizona, Georgia, Nevada e Pennsylvania. Proprio lì si deciderà il destino degli Stati Uniti al termine di una campagna infuocata: ideologizzata ma senza idee

A poche ore dalle elezioni di midterm di martedì prossimo per il rinnovo della House e del Senato americani, elezioni che cadono sempre a metà mandato di quelle presidenziali, ci domandiamo, senza poter dare una risposta neanche approssimativa, quale sarà il loro esito.  Vista la polarizzazione dell’elettorato americano, e, come scrive il filosofo Michael Walzer, vista anche la mancanza di quel dibattito profondo che dovrebbe caratterizzare ogni tornata elettorale, queste elezioni si rivelano importanti proprio per la garanzia di tenuta del tessuto democratico del paese.

Sono quattro gli stati nell’occhio del ciclone: Arizona, Georgia, Nevada e Pennsylvania. Di questi, i democratici hanno bisogno di vincerne almeno tre per mantenere il controllo del Senato. Per i repubblicani invece è più semplice, perché gliene bastano solo due. E ognuno di questi stati ha problemi differenti e densità demografiche diverse. Senza entrare nello specifico di ognuno di essi e dei candidati che si fronteggiano, basterà ricordare che mentre per due di essi, Arizona e Nevada, senza fare previsioni, i trend che li hanno caratterizzati in passato forse possono aiutare, per gli ultimi due le cose stanno in modo diverso.

Cosi in Arizona dove i problemi dei confini con il Messico giocano un ruolo determinante, i democratici hanno vinto le ultime due tornate elettorali per il Senato dopo che non vincevano dal 1988 e il loro candidato Mark Kelly sembra avere un leggero vantaggio su quello repubblicano Blake Masters. Mentre più favorevole ai repubblicani sembra essere il Nevada dove la democratica Catherine Cortez Masto è meno popolare del repubblicano Adam Lexalt. In Nevada che anni fa sembrava propendere per i democratici dopo che Barack Obama vinse facilmente i voti di quello stato per due mandati consecutivi, si assiste adesso un’inversione di tendenza. I repubblicani infatti sono stati aiutati dalla risalita dei voti degli ispanici e dei voti dei bianchi con diplomi universitari. Inoltre per uno stato dove il turismo è fonte primaria di reddito, durante il Covid le restrizioni imposte dal presidente democratico sono state viste come penalizzazione ad una sua ripresa.

Mentre per Georgia e Pennsylvania è più difficile anche solo servirci dei trend del passato per fare modeste previsioni. Ambedue alle ultime elezioni tuttavia hanno votato per Biden.

In Georgia, stato del sud unico nel suo genere si fronteggiano alla pari il senatore democratico uscente Rapahel Warnock e il repubblicano Hershel Walker, un ex giocatore di football sostenuto da Trump che si batte ferocemente contro l’aborto anche se si è scoperto recentemente che ha pagato per far abortire alcune delle sue ex girlfriend. Quasi sicuramente ci sarà un ballottaggio finale. Qui inoltre ci sono anche le elezioni del governatore dove una democratica combattiva e preparata come Stacey Abrams deve affrontare il governatore uscente Brian Kemp sostenuto dal ex-vicepresidente Mike Pence. Non aiuta la differenza di prospettiva tra i due candidati democratici, ambedue neri, in uno stato con una delle concentrazioni di popolazione nera più alte del paese.

E infine c’è la Pennsylvania dove i democratici hanno perso un gran numero di consensi e dove Hillary Clinton perse dopo che nessun democratico aveva mai perso da dopo Mike Dukakis nel 1988. Qui si affrontano il democratico John Fetterman e il medico repubblicano Mhemet Oz, sostenuto da Trump, personaggio del piccolo schermo divenuto popolare grazie alla trasmissione televisiva della famosa giornalista Oprah Winfrey che nei giorni ha rilasciato una dichiarazione di voto in favore di Fetterman. Oz ha battuto molto il tasto della crescita esponenziale del crimine in tutto lo stato.  Qui sono scesi sia Biden che Obama per aiutare il candidato democratico che nonostante abbia poco tempo fa avuto un ictus ha coraggiosamente continuato la sua campagna elettorale. Sembra tuttavia che nel dibattito di alcuni giorni sia andato malissimo con gravi difficolta ad articolare le risposte dopo che sembrava guidare la sfida di piccolissime proporzioni. Tuttavia il clima di queste elezioni rimane incandescente e molto teso, fenomeno allarmante ancora secondo il filosofo Michel Walzer il quale ha parlato di pericolo per la democrazia nel paese e il quale vede nella rabbia e nel risentimento della gente qualcosa che ovunque fa perdere il senso del reale. Proprio quella rabbia e quel risentimento che si rivelano nell’accusa a tutti i democratici di essere comunisti, anche a quelli più moderati. Un’accusa che viene principalmente dai repubblicani che ritirano in ballo l’ideologia quando serve. Da questo la decisione del filosofo americano di scrivere un libro proprio per chiarire quell’aggettivo “liberal” che in inglese ha notoriamente il significato di progressista e certamente non di marxista o comunista.

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