Mariano Ragusa
A proposito de “L'Intelligenza dei fiori”

I fiori di Maeterlinck

Il libro della Natura di Maurice Maeterlinck, nella versione di Giuseppe Grattacaso, diventa quasi un prontuario di filosofia. Perché è nel cuore delle cose vive che occorre andare per trovare un senso alla vita e alle sue regole

Qual è il posto dell’uomo nel mondo? Quale il limite della sua volontà di potenza e quale il debito da onorare nei confronti della natura? Interrogativi assoluti, ricerca di senso nel tempo in cui la natura piagata (da crisi climatiche e pandemie) impone un nuovo patto tra sé stessa e l’Umano.

“Sostenibilità” è il nuovo credo profano. Assunzione dei limiti come risorsa di vita passibile di un futuro. E proprio per questo la domanda ritorna impellente. Qual è il posto dell’uomo nella natura dalla quale trae vita? Il nuovo patto impone un riconoscimento che è insieme un posizionamento: la specie umana non può immaginarsi come “privilegiata” rispetto alle altre. L’accettazione della dismissione di sovranità antropologica impone il decentramento ed uno sguardo diverso sulla realtà e su se stesso.

Per postura di lettore, non viziata da ossessioni di attualizzazione, il quadro di considerazioni delineato appare ragionevolmente offrirsi come spazio che accoglie e alimenta la lettura del prezioso libro di Maurice Maeterlinck L’intelligenza dei fiori scritto nel 1921 che torna in libreria per l’editore Elliot, arricchita dal testo “I profumi”, con una fine e luminosa introduzione del poeta e saggista Giuseppe Grattacaso.

Nel percorso creativo ed intellettuale dell’autore belga, premio Nobel per la Letteratura nel 1911, l’attenzione al mondo delle scienze naturali ha rappresentato un aspetto non occasionale dei suoi interessi incrociando la produzione di drammaturgo e poeta ascritto al movimento simbolista (categoria per Maeterlinck assai stretta: argomenta Grattacaso), con quella del saggista.

Il mondo naturale assorbe, tra 1901e il 1930, gli interessi culturali di Maeterlinck con i saggi dedicati agli insetti (La vita delle api, La vita delle termiti, La vita delle formiche). L’intelligenza dei fiori sposta il suo sguardo sul mondo vegetale.

Né trattato scientifico né opera di divulgazione, eppure nutrita di profonda conoscenza di scienze naturali, L’intelligenza dei fiori si muove nella cifra di una narrazione che intreccia l’osservazione analitica delle varie tipologie e generi di piante con riflessi di convergenza, evocazione, prossimità alla vita degli esseri umani. Non si tratta di trasfigurazione romanzesca bensì di un linguaggio che scavando nelle evidenze scientifiche estrae il valore di metafora che apre la scrittura ad un inesplorato territorio dell’immaginazione.

A questo sguardo i fiori si rivelano macchine funzionali attraverso le quali si muovono strategie orientate alla vita e alla sopravvivenza. Ecco allora la affascinante resilienza dell’Alloro che, nato per caso da un seme attecchito in un luogo impervio, riesce a riorientarsi sventando un destino di morte.

Ecco ancora l’anticipazione in alcuni fiori di tecniche inventati dagli uomini, forse ignari dell’intelligenza dei fiori. È il caso, per dirne una, della Castagna di mare (Trapa natans) che nella fase della fecondazione, attiva dispositivi in cui si mostrano «alcune delle più feconde e recenti invenzioni umane: il gioco delle valvole e degli otturatori, la pressione dei liquidi e dell’aria, i sistemi di galleggiamento dei bastimenti» che rimandano alle leggi di Archimede.

Lo sguardo del poeta è tuttavia più lungo e profondo del racconto dello scienziato. Il mondo dei fiori è tutt’altro che un sistema stabile e definito una volta e per sempre. Non c’è nulla di predeterminato e meccanico a scandirne il movimento interno. Le leggi di natura non sono garanti di un dominio che tutto riduce a «silenzio, obbedienza, raccoglimento». Il principio di causalità declina piuttosto verso l’imposizione di un destino. La visione del mondo dei fiori esplorato specie per specie, sfocia in una visione che evidenzia il conflitto piuttosto che l’idillio giacché «il mondo vegetale – avverte Maeterlinck – è il luogo dove la rivolta contro il destino è la più veemente ed ostinata».

Incubato nella notte delle radici, ogni fiore cerca di liberarsene, si «protende verso la luce ad occupare uno spazio nel mondo». Ed è una lotta contro la “fatalità del basso” impostagli dalla natura. È qui che l’intelligenza dei fiori richiama e può anche farsi maestra dell’uomo donando il suo «prodigioso esempio di insubordinazione, coraggio, perseveranza ed ingegnosità». Non è forse quella lotta dei fiori assai simile a quella dell’uomo che cerca di convertire la necessità in libertà?

Ma cosa ha in palio questa incessante e sempre replicata lotta aperta ad uno scenario di incessante mobilità e adattamento, fallimenti e successi? Sul filo dell’interrogativo Maeterlinck apre ad una riflessione che va dritta al cuore dell’Umano. Ancora attraversando l’intelligenza dei fiori.

In palio non c’è solo la vita del singolo esemplare bensì e soprattutto quella della specie. Lo racconta l’Orchidea che nel complesso, ingegnoso meccanismo della sua struttura si dispone, nella stagione della fecondazione, all’accoglienza delle api implementando il massimo rilascio del polline affinché sia più ampia e diffusa la sua trasmissione agli altri fiori.

Altrettanto lo racconta la modesta Vallisneria (Hydrocaritaceceae), una pianta acquatica il cui esemplare maschio sacrifica sé stesso con lo strappo fatale dello stelo per raggiungere la femmina da fecondare. Eccola la posta in palio: adempiere alle ispirazioni della specie. Riconoscere l’individuo come parte cooperante alla creazione ed alla proiezione della vita e della natura perché «è lì che risiede tutta l’intelligenza».

L’individualità che voglia sottrarsi a questo destino sarà risucchiata in un vuoto arrovellarsi blindandosi in quell’orgoglio «alquanto stupido nel crederci degli essere miracolosi, probabilmente caduti da un altro mondo senza alcun legame con il resto della vita». Dovrà superare questo pregiudizio l’intelligenza umana che si specchia in quella dei fiori perché è quello, segmento della Natura, «esattamente il nostro posto e la nostra casa».

In questo riconoscimento si dà luogo la rinnovata relazione tra umano e natura. Maeterlinck indica il collante di una comune appartenenza intimamente generata e non sovrastante da quella che lo scrittore indica come Genio universale o Intelligenza generale diffusa come «una sorta di fluido universale che penetra in maniera differente gli organismi che tocca».

È questo fluido la casa dell’uomo perché «sarebbe sulla terra la modalità di vita in grado di assicurare minore resistenza a questo fluido». È sorgente per tutte le creature non prerogativa sovrana dell’essere umano a meno che, come altrove lo scrittore avverte, voglia scegliere come condizione propria la stupidità. Fonte universale che non sfuma nelle nebbie rassicuranti del misticismo ma reca l’impronta di ciò che «le religioni chiamano divino». L’umano che si riconosce nella natura lascia aperto l’interrogativo su Dio, sul mistero inconoscibile che ci avvolge come creature del mondo. Tema affrontato problematicamente da Maeterlinck in altre sue opere (La vie de l’espace) e che nella sua bella Introduzione a L’intelligenza dei fiori, Grattacaso affronta per ricordarci la gioiosa accettazione dell’appartenenza al mondo giacché «a questo Dio che è dappertutto e che pure non c’è arriviamo solo sapendo che non è possibile conoscerlo davvero». Condizione che non spiega ma apre «alla ricerca di una ragione – sottolinea ancora Grattacaso cogliendo la cifra unificante dell’intera produzione di Maeterlinck – che spieghi la presenza nel mondo degli esseri viventi e delle cose, di un motivo che renda esplicito quel tratto, per ora misterioso e invisibile, che accomuna le vite e i destini di esseri umani, api, formiche, fiori e stelle».

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