Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Lucrezio e la poesia di Milo De Angelis

“De rerum natura”, capolavoro universale amato dai maggiori lungo i secoli, tradotto da uno dei nostri maggiori di oggi. Che ricrea il poema, «tragico, con lampeggiamenti di vita felice», con lo stile «duro e alto» che gli si addice

Versi sulla materia, sulla natura, versi di meraviglia. Nel 1417 avviene una scoperta che cambierà la nostra visione del mondo. L’umanista toscano Poggio Bracciolini trova nell’abbazia di San Gallo, vicina al lago di Costanza, il manoscritto del De rerum natura, in italiano Della natura, o La natura delle cose, che sembrava perduto per sempre. Lucrezio, uno dei massimi poeti del pantheon latino, era rimasto quasi ignoto per secoli e secoli, nonostante tutti conoscessero il giudizio lusinghiero di Cicerone e la sua presenza fosse innegabile nell’opera dei più grandi poeti latini, da Virgilio a Orazio, da Properzio a Ovidio, che lo nomina direttamente. La riapparizione di Tito Lucrezio Caro ha esiti formidabili che si protraggono nei secoli: lo citano e amano Poliziano e Tasso, Bruno e Machiavelli, Leonardo, Galileo, Vico, Botticelli, fino ai suoi «tre innamorati, Shelley, Foscolo e Leopardi»… 
Ora abbiamo una nuova versione italiana di uno dei capolavori della poesia universale, il De rerum natura nella traduzione di uno dei nostri maggiori poeti, Milo De Angelis.
Il poema di Lucrezio che contrappone alla religio la razio, «che squarcia le tenebre dell’oscurità» che inizia con l’inno a Venere e vede nel sacrificio di Ifigenia, nella guerra di Troia, la prova di indifferenza divina, non sollecita gli spiriti illuministi; il suo atomismo, lo sguardo disperato anche sull’amore negli umani, sono poesia tragica, inconcepibile in una prospettiva desacralizzante.
Tragico è il poema, con lampeggiamenti di vita felice, duro e alto lo stile che De Angelis sa ricreare. Il poeta traduttore non intende farci perdere nulla. Sceglie un verso lungo, che rivive ogni sfumatura dell’originale, fluisce e canta, ci introduce al mistero della natura, alla magia degli atomi, a quel mondo vitale svelato da Lucrezio che incantava Mario Luzi.

Non farti trarre in inganno dagli atomi della fiamma.
Certo, nascendo essi tendono verso l’alto e si slanciano,
come d’altronde fanno gli alberi e le splendide messi,
mentre i corpi pesanti sono trascinati verso il basso.
Ma quando un incendio sale fino al tetto delle nostre case
e le sue fiamme sfiorano le assi e le travi, non credere
che lo faccia da solo. C’è sempre una forza che lo alimenta.
Succede la stessa cosa con il sangue, quando sprizza
da una ferita che spinge in alto il suo liquido rosso.
E succede lo stesso con l’acqua, quando porta a galla
tavole o tronchi: più noi li spingiamo in basso
e cerchiamo di affondarli con tutte le nostre forze
e più l’acqua li espelle e li spinge in alto con furore,
al punto che la maggior parte ritorna in superficie.
Eppure non dubitiamo, credo, che tutti questi corpi
lasciati a se stessi tendano a precipitare nel vuoto.
Lo stesso avviene per le fiamme: si sprigionano
con tutta la loro forza e riescono a innalzarsi nell’aria,
benché il loro peso tenda a ricacciarle giù in basso.
E quelle fiaccole notturne che percorrono altissime il cielo,
in qualsiasi luogo la natura le abbia fatte volare?

Da Milo De Angelis, De rerum natura di Lucrezio

Facebooktwitterlinkedin