Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Il passato non passa

La nuova raccolta di racconti di Georges Simenon e un romanzo dell'algerino Yasmina Khadra hanno qualcosa in comune: raccontano storie di un passato sempre drammaticamente presente

Incubo. Con quella vasta produzione di romanzi, Georges Simenon trovava tempo anche per i racconti. Nella nuova raccolta pubblicata da Adelphi, intitolata Pena la morte (155 pagine, 12 Euro), spicca per qualità e costruzione geometrica il testo che dà il titolo al libro. Il signor Labro, di Porquerolles, uomo tranquillo, ex sindaco, comincia a ricevere messaggi angoscianti. Il primo è una cartolina col francobollo etiope. Vi si legge: “Alla fine ci si ritrova, mascalzone. Pena la morte”. Dopo due settimane un’altra cartolina. L’impiegata postale gliela porta e commenta: “Tenga! È del matto”. Il francobollo è di Gibuti. La frase non è meno rassicurante della prima: “Contaci, porco, un giorno ci rivedremo. Pena la morte, lo sai. Jules”. Perché tanta costante e rabbiosa voglia di vendetta? L’incubo dura 168 giorni; Labro esce di casa raramente, talvolta esce in barca. È consapevole del fatto che anni prima aveva commesso un crimine.

In un suo viaggio precedente Labro aveva scorto, sulla spiaggia, una piroga, attaccato alla quale un cartello dove vi si leggeva: “Vietato rubare questa imbarcazione. Pena la morte. Jules”. Labro, per spezzare una solitudine isolana in mezzo a ragni e serpenti, non solo se n’era impossessato, ma aveva replicato con un messaggio, sullo stesso cartello, con un insulto: “vaffanculo”. E aveva aggiunto pure la firma, ossia: Oscar Labro. Finalmente un giorno arriva Jules, che ha una gamba artificiale. Si istalla a casa di Labro, beve dal mattino alla sera e costringe a fare lo stesso all’involontario ospite. Finché non decidono di salire su una barca. Labro ha intenzione di liquidarlo. Il finale non va rilevato, ovviamente. Mi limito registrare un pensiero dell’ex sindaco: e se Jules non fosse veramente chi dice di essere?

Lontano. Storia tragica dell’algerino Nait-Gagen Adem, improvvisamente abbandonato dalla moglie Dalal. Il marito è sconvolto, lascia il posto di insegnante elementare e comincia a vagare, mal sopportando la polvere del deserto, la promiscuità con pezzenti e disperati. Quando riesce, di notte trova una semi-tranquillità negli hamman (termine arabo per indicare rifugi a chi non ha o non ha mai avuto una casa propria). Va sempre più lontano. Quasi sempre non risponde a chi gli rivolge la parola. Durante un lungo viaggio sosta davanti a una caverna. Lì ci abita da moltissimo tempo il nano Mikka, straordinariamente disposto a fornirgli da mangiare. Lo aiuta in tutto, gli lava anche i vestiti, gli prepara una stuoia per la notte. Molte le domande del nano, orfano fin dalla nascita, sul passato di Adem. Il quale o non risponde. La parabola d’un uomo solo e disperato è scritta dall’algerino Yasmina Khadra nome della moglie, avendo l’autore lasciato il paese natale per motivi politici e trasferitosi in Francia. Khadra è noto internazionalmente e ha scritto superbi racconti. Il libro, a volte monotono ma sempre di ottima scrittura, è edito dalla Sellerio (Il sale dell’oblio, 259 pg., 16 euro). Adem lascerà il suo garbatissimo ospite (salvo re-incontrarlo mesi e mesi dopo) per continuare il vagabondaggio, spinto dal dolore e dal “caos nell’anima”. Affronterà la prigione e anche il manicomio. In tutte le circostanze è sia abulico che disperato, sempre sull’orlo di un abisso. Il romanzo pare terminare perché l’autore racconta un’altra storia, riprendendo in mano quella precedente (tecnica un po’ spiazzante, che disorienta il lettore). Adem si avvicina ad Algeri, sempre in preda allo sconvolgimento interiore. Nei pressi della scuola dove aveva insegnato, a raccontare di lui la gente. “A quanto pare, ha perso la memoria in seguito a un incidente” riassume chi l’ha conosciuto anni prima. Nel frattempo (siamo nella primavera del 1965) scoppiano disordini per cause politiche. Adem, aiutato ancora dal nano Mikka, che l’ha cercato e alla fine ritrovato. Il finale: “Da quel giorno nessuno sa dove siano andati né che ne sia stato di loro”. Un oblio condiviso da due uomini completamente diversi.

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