Paolo Petroni
In scena a Napoli

Ritorno a teatro

Dopo i due anni di distacco dovuti al covid, torna il Campania Teatro Festival: 140 appuntamenti in un mese. L'apertura è stata affidata a tre diversi spettacoli sul dolore, di Lina Sastri, Vinicio Marchioni e Graziano Piazza e Viola Graziosi

Sulle note di Massenet e Mozart col duo di Ciro Cascino e Gennaro Desiderio e la lettura drammatizzata de La mancanza di Lina Sastri, che l’attrice ha scritto sulla malattia e sulla morte del fratello Carmine, si è aperto, nel cortile del Palazzo Reale di Capodimonte, il Campania Teatro Festival con i suoi circa 140 appuntamenti sino al 12 luglio.

È, come la stessa Sastri dice alla fine, «un diario scritto nel tempo in cui è tutto vero, testimonianza del dolore e di una perdita», che comincia nel 2013 con una corsa notturna in ospedale per accompagnare il fratello, ricoverato per quella che si rivelerà un’emorragia cerebrale, che lo lascerà menomato. Poi ecco anche un cancro che lo colpisce nel 2017, per arrivare al gennaio 2021 con la morte per Covid in un reparto dove nessuno può entrare, mentre sono vietati anche i funerali: «Non è umano non poter onorare i propri morti, è una cosa atroce». In una sorta di lettera al fratello con cui aveva poche frequentazioni, ne racconta la riscoperta, la via crucis e la reazione, l’invito a farlo pensare al presente e dimenticare quel che era una volta, ritrovando vitalità, curiosità, e passioni nuove per la musica, a cominciare da Mozart, e per la storia e bellezza di Napoli, che, passeggiando al braccio della sorella, le racconta affascinandola. E sono questi brevi inserti, in cui dà voce al fratello, in cui Sastri diventa davvero evocatrice, mostra stupore e meraviglia nei toni della voce che prende anche la verità del suono del napoletano. Un doloroso raccontare, sino a un finale fantastico, cui un poco più di scrittura e struttura teatrale avrebbe giovato al ritmo e all’emozione.

Dopo tre anni e tutto quel che è passato e che sta accadendo ”Il teatro rinasce con te” è l’annuncio-esortazione che Ruggero Cappuccio, direttore artistico di questa grande rassegna, con più appuntamenti quotidiani, rivolge quest’anno agli spettatori. Aperta dalla Sastri, a chiuderla il 12 luglio saranno L’intervista, progetto e interpretazione di Sara Bertelà su un testo di Pascal Rambert che mette a confronto due donne che condividono un innominabile dolore, che solo attraverso il reciproco ascolto può sperare di sciogliersi, e Il cacciatore di nazisti con regia e testo di Giorgio Gallione dagli scritti di Simon Wiesenthal, che dopo essere sopravvissuto a cinque campi di sterminio dedicò la sua vita a dare la caccia ai responsabili dell’Olocausto. Un programma molto ricco, diviso in nove sezioni (Prosa nazionale, Prosa internazionale, Danza, Osservatorio, Musica, SportOpera, Letteratura, Cinema, Progetti speciali) con 26 spettacoli in prima nazionale, 36 in prima campana, che affrontano temi di attualità, dalla guerra alla condizione femminile, dall’emigrazione ai problemi d’identità, moltissimi proposti da giovani autori, anche debuttanti, così da svolgere un importante lavoro di scoperta e sostegno alla nuova drammaturgia, senza la quale il teatro non avrebbe un futuro. Ne è ben cosciente Cappuccio, autore in proprio, fine e sapiente manipolatore della lingua teatrale, che in questa edizione propone anche una sua riscrittura de Il soccombente di Thomas Bernhard con regia di Federico Tiezzi. Questo oltre a curare il Progetto speciale ”Il sogno reale. I Borboni di Napoli”, percorso storico in un fantastico Settecento attraverso una serie di spettacoli la cui scrittura è stata affidata a autori che vanno da Diego De Silva a Alberto Rollo. Non mancheranno nomi internazionali, da Daniel Auteuil a Charlotte Rampling o Martin Zimmerman, accanto a nostri artisti importanti, da Vinicio Marchioni a Filippo Timi, da Elio Germano a Sergio Rubini, da Elio De Capitani a Pino Di Buduo, da Danilo Rea a Luca Barbarossa, da Alessandro Baricco a Silvio Perrella, solo per fermarsi ai primi che vengono in mente, visto il numero di artisti presenti per dar vita a decine e decine di serate, che andranno da momenti di pura e libera comicità a otto monologhi di otto donne di mafia, da testi di Eduardo Scarpetta a altri di Pier Paolo Pasolini, in un ricchezza di varietà e contrasti che non è confusione, ma cercar di mostrare nell’insieme una sorta di mosaico dei nostri tempi, dei nostri umori, del nostro mondo in questi anni così incerti.

Vinicio Marchioni

Ecco allora Vinicio Marchioni che ha proposto Uno Studio su Illusioni di Ivan Vyrypaev, autore, attore e regista russo di teatro e cinema (ha vinto anche un Leone d’oro a Venezia nel 2006 col film Euforia), il più amato nel suo paese dove quest’anno era rappresentato in 40 teatri, sino a quando ha mandato loro una lettera annunciando che tutti i diritti d’autore delle repliche delle sue opere li avrebbe fatti avere alle vittime civili ucraine dell’aggressione russa, ed è sparito dai cartelloni e se tornasse in Russia dovrebbe scontare 15 anni di prigione. Il suo è un testo complesso, raffinato, che analizza l’amore e la sua verbalizzazione in profondità e affrontandolo da diversi punti di vista, costruito con sottigliezza su una serie di colpi di scena, di sentimenti veri e illusori, di incapacità di comunicare davvero e riconoscere la verità, come proprio la pienezza e serenità della vita portasse a aver bisogno di scossoni e fantasie, di un qualcosa di diverso e più coinvolgente del quotidiano. Così due coppie sposate da più di 50 anni, Albert e Sandra, Danny e Magreth, tutti superati gli 80 anni, dopo la morte del primo innestano un gioco di confessioni vere e false, di trasalimenti, di illusioni senili, che porteranno le due donne a morire sentendosi addolorate e tradite dalla vita, mentre gli uomini riescono a avere serenità e coscienza del bene che hanno vissuto. Tutto questo resta anche in questa che è una lettura narrativa, con l’inevitabile racconto delle didascalie e movimenti, che pure non ha la forza che avrebbe una vera rappresentazione.

Infine, limitandoci al primo week end di apertura, una riproposta della figura di Enea e dell’Eneide virgiliana che di questi tempi non pare un caso, come conferma l’ascolto dei brani scelti per lo spettacolo L’amore, le armi: Enea, eroe moderno che vede Piero Maccarinelli direttore artistico di questo progetto speciale e attento regista al lavoro degli attori di questo terzo atto della trilogia per il Campania Teatro Festival, iniziata nel 2017 con un lavoro sulle leggende dedicate alla nascita di Roma e proseguita nel 2021 con uno dedicato alla figura di Ulisse.  

Viola Graziosi e Graziano Piazza

La figura e le vicende dell’eroe virgiliano ben rappresentano, come ha illustrato in una introduzione allo spettacolo Giusto Traina, docente di Storia Romana alla Sorbona, uno spirito bellico di rivalsa e dominio, basato sulla lotta e sul sangue, fuggito disperato dai disastri di una guerra eppure deciso a rifarsi una vita e riconquistare il proprio ruolo, guidato dagli dei. È, se vogliamo, qualcosa che oggi ben conosciamo, l’uomo che, perso tutto, si sacrifica, difendendo se stesso, il padre (la memoria) e il proprio figlio (il futuro) in un mondo cruento e ostile. Su un palcoscenico nudo, col sostegno, gli intermezzi, il sottofondo – l’eco della musica mediterranea di Stefano Saletti e la Banda Ikona con la bella, suadente voce di Barbara Eramo – sono risuonati così i versi virgiliani, nella moderna, dicibile e ritmata versione di Mario Ramous rivista da Dario Del Corno. Ecco Enea a Cartagine, dove rievoca col cuore spezzato la caduta della sua Troia e poi decide di partire, inflessibile, sordo ai sentimenti per compiere il suo destino, abbandonando Didone, nonostante le sue suppliche e dichiarazioni d’amore, poi la maledizione e la morte. Quindi sono venuti quelli dell’arrivo nella terra dei Latini, dove dovrà lottare a lungo e vincere più di una battaglia e condottieri, da Messapo alla giovane Camilla regina dei Volsci sino a Turno, tra volare di aste e dardi che trafiggono il nemico, che fanno sgorgare sangue e sfuggire vite. Da veri attori, più che dicitori, alla ricerca del tono delle voci, a variarne intensità a suono, Graziano Piazza crea meravigliosamente la tensione del ricordo e poi l’ansia, l’agitazione e la foga di Enea e delle sue battaglie, con risvolti di umanità e verità, e Viola Graziosi trova una profonda delicatezza e intensità nelle parole d’amore come nella furia dell’invettiva sofferta di Didone e poi fa vivere nelle sfumature dei sentimenti degli altri che via via incontra. E tutti i personaggi prendono davvero vita e emozionano e coinvolgono.  (Lo spettacolo sarà poi il 1° settembre al Parco Archeologico di Cuma a Pozzuoli, per il Festival internazionale della Rotta di Enea, e il 20 settembre a Roma, nella Cavea del Parco della Musica).

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