Luigi Saitta
Un libro di Stefano Pontecorvo

Addio a Kabul

È la “cronaca di una missione impossibile” quella raccontata dall'ambasciatore italiano, rappresentante Nato per l’Afghanistan, impegnato sul campo nei drammatici momenti del fallimento occidentale nel Paese nuovamente in mano ai talebani. Una utile analisi storica, politica, economica e sociale

I fragori delle bombe russe e gli eccidi perpetrati dai soldati di Putin sul suolo dell’Ucraina hanno posto in secondo piano quanto accaduto di recente in Afghanistan, con l’uscita americana e la fine della missione Nato in questo Paese. Eventi, questi, che forse hanno fatto da trampolino di lancio per l’azione militare russa contro l’Ucraina, come rileva Stefano Pontecorvo ne L’ultimo aereo da Kabul – Cronaca di una missione impossibile (Piemme Editore, 310 pagine, 18,50 euro). Di questo si occuperanno in futuro gli storici in maniera più organica e approfondita, ma per comprendere il fallimento americano (e della Nato) in Afghanistan, grande due volte l’Italia, il libro di Pontecorvo costituisce una tappa fondamentale in un processo di difficile analisi storica, politica, economica, sociale.

L’autore, ambasciatore con una lunga esperienza in Pakistan nonché consigliere diplomatico di tre ministri della difesa italiani, è stato Nato Senior Civilian Representative per l’Afghanistan, e in tale veste ha seguito direttamente le vicende afghane, coordinando l’evacuazione di 124 mila persone prima di lasciare lui stesso il Paese. Il suo libro, che si legge tutto d’un fiato, come un thriller di cui però già si conosce l’epilogo, ripercorre con dovizia di dati, di date, di episodi, i drammi privati e collettivi che si consumano all’interno di un mondo quanto mai difficile da vivere. In questo Pontecorvo, pur non essendo uno storico di professione, analizza, radiografa, vaglia le complesse vicende di un Paese prigioniero di etnie e religioni diverse, di odi, rancori e gelosie tribali: tutti elementi ancorati a tradizioni ataviche difficili da sradicare. Un Paese che l’Occidente non ha mai compreso (o voluto comprendere) sino in fondo.

E l’autore non risparmia le sue critiche alle operazioni politiche e militari effettuate in Afghanistan, a suo giudizio con superficialità, pressappochismo e mancanza di lungimiranza da parte occidentale. Molto interessanti, al riguardo, i passaggi riguardanti i colloqui della Nato (nella persona di Pontecorvo) con i talebani, ricchi di particolari inediti, che proiettano una luce diversa sui drammi presenti e futuri del travagliato Paese. Davvero angoscianti, infine, le pagine degli ultimi giorni di Kabul. Nella loro tragica drammaticità colpiscono l’immaginazione del lettore, hanno una cadenza quasi cinematografica, con la cruda descrizione della fiumana di persone in fuga dalla capitale. Pagine che destano sgomento e indignazione.

Un libro, quello di Pontecorvo, che tutti dovrebbero leggere, soprattutto quei professionisti dell’informazione che, inviati in Paesi “caldi” come l’Irak o l’Afghanistan, dopo un paio di settimane, mostrano di aver capito tutto, sfornando il più delle volte cronache o, peggio, libri di dubbia attendibilità. E ben al di là di ogni intento nazionalistico o retorico, il libro di Stefano Pontecorvo evidenzia la professionalità, la preparazione, la serietà di una classe diplomatica italiana (e l’autore ne è un valido esponente) di cui il nostro Paese può dirsi fiero.

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