Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Abominio americano

La decisione della Corte Suprema degli Usa in materia di aborto non cancella solo i diritti, tenta anche di cancellare la realtà e la storia. Con un provvedimento razzista. Tutto il peggio, in un solo atto. Con la firma avvelenata di Trump

Se nel 2017, quando uscì la serie distopica The Handmaid’s Tale (Il racconto dell’ancella) da un libro di Margaret Atwood, mi avessero chiesto se i suoi temi potevano essere riferiti agli Stati Uniti, avrei semplicemente sorriso. Quella serie, che, come altre con accenti simili, lascia intravedere la possibilità di un futuro catastrofico, racconta infatti di un ipotetico paese dove esiste una dittatura teocratica in cui le donne sono completamente asservite al potere maschile e dove le divisioni di classe sono rigide ed esasperate. Non sarebbero mai potuti essere gli Stati Uniti, il paese dalla Costituzione più solida e democratica al mondo di cui peraltro sono anche cittadina. Allora, mi sembrò semplicemente un prodotto originato dalla presidenza Trump che non faceva altro che portare a galla un sentire purtroppo diffuso e condiviso nel paese. Non certo la possibilità di cambiamenti epocali nel suo tessuto democratico. E cosi non mi preoccupai più di tanto.

Non supponevo certo che la sua presidenza fosse foriera davvero di trasformazioni strutturali e istituzionali di massima portata che andassero ad alterare le caratteristiche fondamentali di una democrazia consolidata come quella degli Stati Uniti. O almeno mi illudevo. Anche se, devo confessare, cominciavo a intravedere delle fessure nella sua compattezza. Pensavo soltanto che la mia avversione esagerata nei confronti di Agent Orange, ovvero il presidente Trump, (cosi lo chiama il regista Spike Lee per il colore dei suoi capelli, paragonandolo al colore arancio dei barili di diossina con i quali i militari americani spruzzavano le foreste del Vietnam per stanare dai loro nascondigli i guerriglieri vietcong e che poi si rivelò veleno letale anche per gli stessi soldati che l’avevano maneggiato) mi portasse a conclusioni estreme.

E anche quando con Enzo Antonio Cicchino abbiamo scritto, prima dei fatti del 6 gennaio 2021 su cui ora sta indagando una commissione parlamentare con l’accusa di colpo di stato, il saggio Trump e moschetto, paragonando il presidente americano a Mussolini, continuavo a pensare che, pur con prove alla mano, stessimo lanciando una provocazione, un allarme insomma, ma che la capacita reattiva delle istituzioni democratiche avrebbe potuto reggere all’urto. Era come dire: stiamo attenti, le spie di un deragliamento ci sono, ma sono ancora possibili correzioni! Bisogna solo prestare loro attenzione!

Ma mai e poi mai avrei immaginato che un giorno, per l’appunto venerdì 24 giugno 2022, la Corte Suprema degli Stati Uniti, il massimo organo del potere giudiziario del paese, sopprimesse la legge sull’aborto a livello nazionale, quella Roe versus Wade che da quasi cinquant’anni garantiva la libertà o meglio il diritto delle donne di decidere sul proprio corpo. E la cosa mi indigna ancora di più quando penso che più del 70% degli americani è favorevole al permanere di tale legge. Anche perché il principio giurisprudenziale latino che vige anche nel sistema giuridico americano, quello stare decisis, impone di non abrogare qualcosa che è stato approvato in passato dalla Corte Suprema e costituisce una sorta di conferma del proprio operato. E non vale l’opinione di Samuel Alito, uno dei componenti della Corte Suprema che parla della legge sull’aborto come di un abominio, considerandola una questione morale e non un diritto.

Perché se pure posso capire in parte la torsione morale che egli attribuisce al problema, non posso assolutamente comprendere l‘eliminazione di un diritto acquisito che sancisce il principio che le donne sono padrone di decidere del proprio corpo. Nessuno obbliga le donne a scegliere l’opzione di abortire; infatti il movimento favorevole alla legge si chiama pro-choice, mentre quello contro di esso pro-life. Già dal nome si capisce da che parte stia la democrazia: il primo lascia la libertà di scelta alle donne, mentre il secondo ha la pretesa di decidere per tutte.

Saranno 13 gli Stati che, grazie aila trigger ban law, aboliranno immediatamente la legge, cioè entro 30 giorni, altri 12 passeranno leggi restrittive a breve, in altri 7 non ci sono al momento decisioni di proteggere o abrogare la legge e infine in 18 rimarrà valida.

L’aberrazione di questa sospensione include il fatto che se qualcuno aiuta la cittadina di uno stato che ha abolito la legge ad abortire potrà essere perseguito legalmente e che se la residente di quello stesso stato sceglie di andare in un altro dove invece la legge è ancora in vigore, anch’essa potrà essere perseguita legalmente. Ça va sans dire che gran parte degli stati che hanno abolito la legge sono stati del sud nei quali sono in maggioranza le donne afroamericane a scegliere l’opzione di abortire. Dunque lì non solo è un restringimento dei diritti delle donne, ma anche un elemento di discriminazione razziale. Inoltre va considerato che, per quanto i giudici della Corte Suprema l’abbiano negato, adesso sono in pericolo anche le leggi sulla contraccezione e i matrimoni con persone dello stesso sesso, cioè tutto il mondo LGBTQ. Con un grave pericolo per tutte le libertà individuali e il diritto alla privacy.

Infine una nota specifica sulla composizione della Corte Suprema, prodotto ancora di Agent Orange il quale sfortunatamente ha avuto l’opportunità di nominare ben 3 giudici, spostando cosi il baricentro decisionale decisamente verso una direzione conservatrice e a tratti antidemocratica. Non entrerò nelle caratteristiche specifiche di ogni giudice, ma basterà dire che la nomina di tutti e tre, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, e Amy Coney Barrett è stata elogiata da quel movimento dei Tea party che ha plagiato e plasmato il partito repubblicano negli ultimi anni, conducendolo verso una deriva reazionaria senza ritorno e incoraggiando la disgraziata nomina di Donald Trump come candidato alla presidenza.

 Devo infine ricordare che Amy Coney Barrett è stata la scialba e pericolosa sostituzione della giudice e grande giurista famosa per le sue battaglie democratiche in favore delle donne, essendo ella stessa la prima donna a sedere in quella istituzione, Ruth Bader Ginsburg, che sul letto di morte ha implorato Trump di attendere per la nomina della sua sostituta, il nuovo presidente degli Stati Uniti in quando mancavano ormai pochi giorni al risultato elettorale. Richiesta ovviamente ignorata che ha facilitato adesso l’abolizione di uno dei capisaldi della democrazia americana.

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