Lidia Lombardi
Al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma

L’organo di Roma

Torna, dopo il Covid, il festival "Un organo per Roma" diretto dal Maestro Giorgio Carnini. Dopo quelli a Bach e a Mozart ci saranno gli omaggi a Franck e a Schumann: «Ma è indispensabile che l'Auditorium si doti di un organo da concerto, come progettato da Piano»

Il Bolero di Ravel, Una notte sul Monte Calvo di Mussorgskij, una Sonata di Liszt. Composizioni famose che usciranno da uno strumento inusitato, l’organo. È “l’ardita sfida” della loro trascrizione il tema del terzo concerto di “Un organo per Roma”, la manifestazione ideata e organizzata dal Maestro Giorgio Carnini (nella foto accanto), giunta alla VII edizione dopo la forzata sosta di due anni imposta dal Covid. Ed è la “provocazione” più evidente nel programma della manifestazione, che si tiene ogni domenica pomeriggio di maggio (ore 18,30) e nelle prime tre di ottobre al Conservatorio di Santa Cecilia, in via dei Greci a Roma.

Perché l’organo non deve suonare solo nelle chiese, ma è presente in partiture “laiche” ed è duttile nella resa di musiche pensate per altri strumenti, rivelando sonorità di intensa suggestione. Per questo Giorgio Carnini da tempo conduce una “battaglia” affinché esso trovi posto presso l’Auditorium Parco della Musica, ormai da vent’anni la “casa” dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia.  “Dopo sette edizioni e undici anni di impegno costante – è il suo appello – crediamo che non sia più il tempo di richieste sommesse: occorre rendere perentoriamente evidente che l’anomala assenza dell’organo da concerto nell’Auditorium Parco della Musica non è soltanto imbarazzante, ma ormai insostenibile. Roma – spiega – non può più rappresentare il raro caso mondiale in cui un’orchestra sinfonica prestigiosa si trova nella condizione di non poter eseguire correttamente alcune opere del grande repertorio per mancanza di uno strumento essenziale come l’organo, dovendo ripiegare su un clone elettronico. A quale pianista verrebbe in mente di suonare il quinto concerto di Beethoven su un pianoforte digitale?”.

E argomenta con vigore: “Il progetto e festival Un organo per Roma è la voce di una coscienza che felicemente si sta risvegliando, tanto che anche dall’estero riceviamo manifestazioni di adesione morale alla nostra campagna, segno evidente che i problemi della Capitale, persino quelli apparentemente minori, non passano inosservati agli occhi del mondo”. Ricorda poi, il Maestro, che l’organo era stato previsto da Renzo Piano nella progettazione delle sale del Parco della Musica. Tanto più la sua assenza, dopo quattro lustri, si rivela assurda. Ecco allora la necessità di puntare i riflettori sull’anomalia, con l’impegno collettivo e gratuito di tutti i concertisti “che ci sta avvicinando sempre più all’obiettivo finale del nostro progetto: la restituzione a Roma di un grande organo”.

Domenica prossima saranno presenti sul palco del Conservatorio di Santa Cecilia (tutti gli appuntamenti sono a ingresso gratuito, dopo quelli dedicati a Bach e a Mozart ci saranno gli omaggi a Franck e a Schumann) gli organisti e i trascrittori Roberto Marini, Angelo Bruzzese e Alberto Pavoni. Le note usciranno da uno strumento di eccezionale importanza storica e artistica: l’organo Walcker-Tamburini troneggia coma una scultura sullo sfondo della Sala Accademica del Conservatorio, nel chiarore rimandato dal candido soffitto a cassettoni e dalla sequenza di grandi finestre ad arco aperte sulla balconata. Un ambiente maestoso e leggiadro insieme, degno delle svettanti canne pronte ad emanare musica assai articolata: dai 39 registri sonori del Walcker, costruito nel 1894 dalla antica ditta tedesca, si passò, negli anni Sessanta, agli 83 (oltre a tutte le unioni di ottava, super e sub ottava, per un totale di 123 placchette) dell’ampliamento effettuato dalla ditta Tamburini. Il monumentale strumento fu inaugurato nel 1966 e ha costituito l’oggetto principale di studio e di applicazione di generazioni di organisti, oltre che a vibrare sotto le mani di celebri musicisti.

Il ciclo di concerti, che conta sulla collaborazione del Conservatorio, dell’Accademia Filarmonica Romana, della Camerata Italica, di Nuova Consonanza, Accademia di Villa Massimo, Società Dante Alighieri, è anche l’occasione per i cittadini di conoscere la prestigiosa istituzione che vede tra i suoi antenati la Congregazione dei Musici nata nel 1565 e che divenne Accademia, prima pontificia e poi, nel 1870, regia. Una storia legata ai nomi di Gaspare Spontini e Giovanni Sgambati, prediletto allievo di Liszt. E una sede ricavata nell’ex convento posto tra via del Corso e via del Babuino – allorché i Savoia requisirono gli edifici religiosi – del quale rimangono il verdeggiante chiostro e l’austero impianto architettonico. Ma che diventa monumentale appunto nella Sala Accademica inaugurata nel 1895 dalla Regina Margherita, la quale contribuì personalmente, con 10.000 lire, al finanziamento dei lavori: nei suoi 795 metri quadrati e nei 94 di altezza, poteva contenere 1200 spettatori “seduti e in piedi”, raccontano le cronache dell’epoca, sottolineando che si trattava della più grande sala da concerti della novella Capitale d’Italia. Il Walcker-Tamburini, con la sua eccezionalità esaltata dal restauro recente (2008-2011), ne è stato l’anima.

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