Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Giallo in flash

Carlo Lucarelli racconta per immagini frettolose un incidente in autostrada. Gianni Biondillo descrive un rapimento finito male. Due modi diversi di interpretare il romanzo di genere. Ma sempre per immagini

Sulla strada. Cambiare il più delle volte giova. Ma ci possono essere casi in cui un autore allunga l’elastico della sperimentazione a tal punto che si spezza, o meglio: si aggroviglia. Parliamo di Carlo Lucarelli, uno dei massimi giallisti italiani, divulgatore di storia, ricercatore. Nella sua nuova opera, Autosole (Einaudi, 83 pagine, 11 Euro), descrive con la velocità di una macchina fotografica quanto succede, o potrebbe succedere, in un’autostrada. La bretella d’asfalto si fa pagina di narrazione. Un esempio: “Mercedes 5000, terza corsia. In frenata. L’avvocato alza la testa, trattenendo i fogli che gli scivolano sulle ginocchia. Che succede, Osvaldo, un incidente?”. E ancora: “La biondina nella Fiesta di fianco si tocca l’unghia rossa dell’alluce con la punta del dito, appoggia la guancia al ginocchio sollevato e mi guarda di nuovo. Cioè no, non mi guarda… uno sguardo strano, insistente. Così dritto su di me che sembra mi passi attraverso. Uno sguardo indecente”.

La musica, si fa per dire, non cambia pagina dopo pagina. Si va dallo sguardo indecente a: “Piano. Non bere così in fretta. Gustalo per favore. Io più che bere ingoio. Mia moglie dice che ho una percezione ridotta del piacere… in realtà non me ne frega niente”. Personalmente ho avuto tanta nostalgia di molti altri libri di Lucarelli, dalle indagini dell’arguto commissario De Luca, a cavallo tra due opposti regimi, al raffinato Almost Blue (1997). Mi piace augurarmi che questi “scatti letterari” siano forieri di scritti più ampi e articolati. Oppure sono io, forse, troppo legato alla trama classica.

Esecuzione. In questo romanzo c’è una trama ben dipanata e ben articolata, come del resto in tutte le opere di Gianni Biondillo che, oltre a essere scrittore è anche architetto. Forse questa professione – la prima o la seconda? – giova alla creazione dell’impalcatura letteraria. Biondillo vive a Milano ma strizza l’occhio alla periferia, brutta come tutte le periferie del mondo. In questa sua nuova opera (edita da Guanda, 395 pagine, 18 Euro) e intitolata I cani del Barrio, il protagonista è l’ispettore Ferrario. L’ambiente viene descritto a partire dalla fine della prima pagina: “Da dentro il furgone il percorso si intuisce sempre più accidentato. L’autista si sta inoltrando in una strada che non è neppure una sterrata, ma un sentiero nel bosco. Gli ammortizzatori stentano a smorzare i colpi, l’uomo bendato seduto sul pavimento viene sballottato ovunque. Ha le mani legate, fa fatica a tenersi in equilibrio, ogni tanto picchia la testa sulla portiera metallica. Al suo fianco c’è il so carnefice…che s’informa sulla sua salute, sarcastico…la vittima alza la testa, il suo è uno sguardo cieco, celato dalla benda. Neppure una lacrima gli riga il volto. Sembra voler chiedere qualcosa ma sta zitto. Allora il suo carnefice, di volta in volta, gli stampa una manata in faccia, o un calcio nel fianco. Così, per puro sadismo”. Potrebbe essere l’incipit di un noir americano. Il furgone si ferma, il prigioniero viene legato a un albero. Tutto fa presagire a una esecuzione. Colpo di scena: passano due cacciatori la cui presenza mette in fuga autista e carceriere. Arrivano i nostri, ma i poliziotti si limitano ad accertare che il prigioniero è un uomo importante, “un pezzo grosso”. L’ispettore Ferrario riesce a sapere che il rapito è un “imprenditore etico”, che ha costruito la sua fortuna combattendo malaffare e mafie. Per questo è tenuto in gran conto da alcuni politici (quelli non collusi con le organizzazioni criminali, ovviamente). Ferrario obbedisce a un ordine superiore e s’infila nel ventre sporco e molle di Milano. Ove subentra una donna di origini sudamericana che ha denunciato la scomparsa del figlio adolescente. Il racconto comprende bande di latinos, uomini che “marcano il territorio”. Ci sono elementi sufficienti, nel romanzo di Biondillo, da far scorrere velocemente le pagine (che non sono poche).

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