Giorgio Ficara
Ceppo 2022: Ficara su Giacomo Casanova

Amore contro noia

Nel bicentenario dell’“Histoire de ma vie” una lettura “d’autore” sul celebre libertino che coltivò l’idea di uno spazio amoroso puro, con relativi esercizi di felicità e regole del piacere. Nel giorno in cui il Salone di Torino rende omaggio ai 70 anni di Giorgio Ficara con il libro “Letteratura permanente”

Giorgio Ficara, uno dei maggiori intellettuali italiani, ha recentemente ricevuto a Pistoia la Menzione Speciale Ceppo Biennale Racconto (la motivazione sul sito web del Premio Ceppo, diretto da Paolo Fabrizio Iacuzzi: https://paolofabrizioiacuzzi.it/autore/giorgio-ficara-menzione-speciale-ceppo-racconto-2022/) per i volumi Vite libertine (La nave di Teseo) e Classici in cammino (Marsilio). Per l’occasione ha tenuto una lecture intitolata “Il Casanova automatico e malinconico di Federico Fellini”. Ne pubblichiamo un brano, nel giorno della presentazione, oggi 19 maggio (ore 18.15-19.15), al Salone del Libro di Torino, di Letteratura permanente (La nave di Teseo) che raccoglie saggi e testimonianze di critici, scrittori e poeti su Ficara per i suoi 70 anni. 

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Si dice che Casanova, in quanto emblema virile e predatorio, irritasse Federico Fellini alle prese con una Histoire de ma vie interminabile, prolissa e senza capo né coda. Uno spettatore d’eccezione, Roland Barthes, insinuava addirittura che buona parte della sua fatica di lettore Fellini l’avesse trasferita nell’esecuzione, cioè nel suo stesso film e nel suo stesso personaggio, risolto in noiosissimo uomo-macchina sul modello di La Mettrie o di qualche libertino minore. Naturalmente, né l’Histoire di Casanova né il Casanova di Fellini sono noiosi. Anzi, l’una è la traduzione viva, storica, concreta, più unica che rara, del vagheggiato nuovo mondo amoroso dei philosophes; l’altro è un capolavoro che coglie in essa tutti gli elementi insormontabili d’aporia e malinconia. Da una parte, cioè, Casanova è il tipo di libertino che guarda alla condivisione del bene sessuale come al bene supremo: un passo obbligato sulla via della giustizia e della felicità. La seduzione stessa è considerata un’impostura da questo anti-don Giovanni che non combatte né espugna fortezze o virtù, ma insieme alla donna detta gli articoli d’un nuovo accordo che oltrepassa il confine tra maschile e femminile, come ogni altro pregiudizio nel Settecento. 

Giorgio Ficara

D’altra parte, accordo e felicità, e perfetta chiarezza dell’amourgoût, sono messi alla prova dall’oscuro perturbante dell’amour-passion che precipita Casanova nel “prima” insondabile di ogni ragione e di ogni progetto. La bellissima monaca di Murano, l’intelligente Henriette, la terribile Charpillon, personaggi-chiave dell’Histoire ma anche del film di Fellini, non sono che alti ostacoli sulla via razionale del libertino, ma anche rivelazioni improvvise e indecifrabili d’un altro mondo e d’una incognita geografia interiore. La «discontinuità generale dell’esistenza», ha osservato Georges Poulet, tocca con lui anche l’amore. Lontano da don Giovanni e da tutti i dongiovanni in carne e ossa, ma anche da quelli letterari (per esempio Lovelace, del Richardson: «I love opposition!»); lontano dai seduttori, che anzi giudica «abietti» e «nemici giurati delle donne», Casanova è pur sempre un innamorato discontinuo. Sainte-Beuve, il più grande lettore dell’Histoire, considerava volgare – una stonatura, in un’aria perfetta – la “consecutività” degli amori di Casanova, in assenza di salti o scarti drammatici, nonché la pretesa grandezza e singolarità di ogni amore, che la catena ricorsiva di “tutti gli amori” riduce, tuttavia, a quasi niente.

La “noncuranza” e la “facilità” e, in qualche modo, l’ottusità libertina che Sainte-Beuve rimprovera a Casanova sono tuttavia, al grado zero, puro amor vitae, cioè, in senso proprio, disposizione avventurosa, slancio vitale. Uno slancio, peraltro, disciplinato e governato da regole: tra echi diversi settecenteschi – innanzitutto Le Souverain bien e L’Homme machine di La Mettrie – affiora in effetti nell’Histoire l’idea di uno spazio amoroso puro, con relativi esercizi di felicità e regole del piacere; nonché, applicato all’amore, il principio della superiorità dell’arte sulla natura: se muore Raffaello, scriveva il Bembo a suo tempo, muore tutta la natura, privata del suo modello. E qui: l’amore (cioè l’arte, l’ordine) è il perfetto scioglimento della furia esagerata della passione (cioè la natura, il caos).

Il “discorso” restituisce all’amore, cieco e irruento, una vista perfetta. E al confine, precisamente, di “facilità” e buone maniere, gli amori avventurosi di Casanova rappresentano bene un secolo che, nella scala dei mali, ha combattuto innanzitutto la noia come il male peggiore. In una pagina dell’Histoire Casanova scrive che l’amore, il più alto dei divertimenti, «vuole rendere inavvertibile il corso della vita», come se qualcosa nella vita chiedesse di essere reso inavvertibile e l’amore obbedisse esercitando la sua arte. Perché la vita non dovrebbe essere “avvertita” così com’è? Perché Casanova ha bisogno di una supervita «per non morire di disperazione»? Perché cerca senza posa una felicità maggiore di quella che ognuno può provare nei limiti della semplice ragione?

Gli amori e le avventure che dovrebberosalvargli la vita, alla fine assomigliano a quella palla da biliardo che, secondo Pascal, non salva la vita del libertino. E il paradosso delle avventure di Casanova, precisamente, è che riducono l’avventuriero al punto di partenza, cioè a quel sé da cui era fuggito a rotta di collo, a quella verità del vuoto di sé che sempre lo inorridisce. Non solo le avventure non hanno reso la sua vita inavvertibile, ma hanno particolarmente legato lui a se stesso.

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