Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Il soffio e la pietra

Lo spirito si esprime etereo come l’aria ma si posa sul macigno dove si imprime. Lo aveva capito bene Yves Bonnefoy: «il soffio primigenio del poeta non cerca la carta, lo strumento dello scriba, del letterato...», cerca la pietra, «l’altra faccia del sogno»

Non solo le tue parole ma la tua angelica custodia, non solo ora e ieri, ma la pietra, l’immortalità.
Da Pietra scritta, uno dei capolavori di Yves Bonnefoy. Quando scrissi, sulla sua opera, La pietra e il vento, peraltro pubblicato dal poeta Raf – che i nostri lettori ben conoscono, allora anche editore, e dirigeva I quaderni del Battello Ebbro – intendevo sottolineare come il flatus vocis, cioè il soffio dello spirito che si fa parola volante, il segreto di Ariel – il demone dei venti di Shakespeare – la pietra, l’epigrafe – dove leggi date di nascita e di morte, e a volte poche parole, assolute – sono i due estremi.
Bonnefoy comprende più di altri come la poesia nasca come soffio, soffio d’origine, ma abbia bisogno della scrittura per durare oltre quell’irrepetibile attimo. Ma la carta, ove si scrive, brucia, divorata dalle fiamme come la Biblioteca di Alessandria, o si consuma in polvere.
No, il soffio primigenio del poeta non cerca la carta, lo strumento del leguleio, dello scriba, del letterato.
Cerca la pietra, dura, dove batti la testa e ti fai male e senti che il mondo esiste, esiste ed è una cosa. Questa è per Yves Bonnefoy la pietra, l’altra faccia del soffio, l’altra faccia del sogno.

Una pietra

Fui bella, un tempo.
Può darsi che un giorno come questo mi somigli.
Ma i rovi hanno vinto il mio viso,
la pietra grava sul mio corpo.

Avvicinati,
ancella verticale striata di nero,
e il tuo piccolo viso.

Espandi il latte tenebroso che esalta
la mia forza semplice.
Restami fedele,
nutrice ancora, ma d’immortalità.

Yves Bonnefoy

Traduzione di Roberto Mussapi

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