Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Ulisse in Walcott

Il poeta caraibico «magicamente prodigioso… lirico, omerico», così descrive se stesso in un breve autoritratto: «… ho avuto una buona educazione coloniale, ho in me dell’olandese, del negro e dell’inglese, sono nessuno, o sono una nazione»

Ho una costellazione di poeti del Novecento di generazione successiva a quella degli Eliot e dei Pound, e i nomi di Heaney, Luzi, Bonnefoy e Walcott la compongono.
Di questi il caraibico Derek Walcott è il più magicamente prodigioso per l’incanto di una lingua che nasce da quella magia caraibica da cui soffia e sorge la voce di Ariel, il demone dei venti della Tempesta di Shakespeare. Questo poeta lirico, omerico, narrante e teatrale all’unisono, in un breve autoritratto descrive un uomo di pelle nera e capelli rossi, per l’origine mista afrocaraibica e olandese e la cultura inglese. I capelli di quest’uomo bellissimo, possente, non erano rossi ma di un castano rossastro come un tramonto dei mari del sud, la pelle nerissima e la corporatura scultorea, da nuotatore delle isole. E lui, il nuotatore della sua isola, San Lucia, coglie, in se stesso, la realtà ulissica del poeta: sono questo e quell’altro, come etnia, storia, cultura, ma in sintesi, «io sono nessuno, o sono una nazione». Ulisse, si dichiara nessuno, a Polifemo. E sa anche di essere altro.

Conosco queste isole da Monos a Nassau,
marinaio con la testa di ruggine e occhi verde-mare
che chiamano Shabine, il soprannome patois
per ogni negro rosso; e io, Shabine, ho visto
questi bassifondi dell’impero quando erano paradiso.
Io sono solo un negro rosso che ama il mare,
ho avuto una buona educazione coloniale,
ho in me dell’olandese, del negro e dell’inglese,
sono nessuno, o sono una nazione.

Ma Maria Concepciòn era ogni mio pensiero
mentre guardavo il mare che saliva e scendeva
e il fianco sinistro di canotti, golette e yacht
veniva ridipinto dalle pennellate del sole
che in ogni riflesso scriveva il suo nome;
sapevo, quando la sera dai capelli scuri indossava
la sua seta splendente nel tramonto e, ripiegando il mare,
s’infilava sotto il lenzuolo col suo riso stellato,
che non ci sarebbe stata pace, non oblio.

Derek Walcott

Da La golette Flight, traduzione di Roberto Mussapi, in Derek Walcott, Mappa del Nuovo Mondo, Adelphi, 1992

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