Roberto Mussapi
Every beat of my heart

La poesia assoluta di Alfonso Gatto

Tra svelamento e nascondimenti irrompe nel prodigioso Novecento la voce del poeta salernitano e partecipa al coro dei grandi, nati all’inizio del secolo scorso. Nei suoi versi oggi proposti, «la ricerca della vita dopo la morte si cela nella memoria dei morti, visti come su treni…»

Nel prodigioso Novecento della poesia italiana (Luzi, Montale, Ungaretti, Caproni, Quasimodo, Bertolucci, Bigongiari, Sereni, Sbarbaro, per limitarci ad alcuni dei nati all’inizio del secolo), la voce di Alfonso Gatto è una delle più assolutamente poetiche, se poesia assoluta è anche la capacità di celare la sapienza nell’incanto della voce, al punto che lo svelamento poetico è portato, ma anche celato dal canto.
Così qui la ricerca della vita dopo la morte si cela nella memoria dei morti, visti come su treni… In un simile movimento verso non si sa dove, in quella incorporea forma della loro persona, li aveva incontrati Eliot nei Quattro quartetti, li vedrà in Sogni il regista Kurosawa.
E qui la presenza di una voce, un volto invisibile ma femminile, una misteriosa, fatale accompagnatrice della vita. Tornerà, dal naufragio, tornerà l’ala del suo volo.

Io penso ai morti

Nella pioggia che batte e scioglie i cieli
– i grandi cieli all’improvviso soli –
io penso ai morti, udranno a lungo i treni
chiamare in sogno le città perdute
e dare ai nomi dell’addio la voce
che resta della sera.

Sei, a chiamarti, il nome delle sere
che non risponde, ma potresti avere
bisogno del racconto, d’una voce,
per questa pioggia che ti fa più sola
dei lumi senza requie.
                   Tornerai
dalle musiche morte, dalle gronde
dei tuoi mattini, amore che riprendi
dal naufragio l’ala del tuo volo.

Alfonso Gatto

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