Silvia D’Oria
A proposito de “Il mostruoso femminile"

Apocalisse maschio

Il saggio di Jude Ellison Sady Doyle affronta il tema millenario della rappresentazione (spesso falsa) della donna nella mitologia, nella letteratura noir, nei film horror e nella cronaca nera: un'alternanza continua di alto e basso, per spiegare la ragione di mille preconcetti

«È comune negli uomini dover vincere quel minimo di resistenza che ogni donna […] tende a esercitare quando un marito, che nel caso di specie appare particolarmente amante della materia, tenta l’approccio sessuale». Sono le parole con cui nel dicembre 2021 la PM Flavia Felaco della Procura della Repubblica di Beneventoha disposto l’archiviazione della denuncia di violenza sessuale presentata da Audrey Ubeda contro il marito. Il concetto nelle parole di Felaco è molto semplice: è impossibile che avvenga una violenza sessuale in un matrimonio considerato il fatto che la moglie, tramite il contratto matrimoniale, certifica il suo costante desiderio sessuale nei confronti del marito o, in mancanza di questo, si impegna a soddisfare i bisogni di lui in ogni circostanza. E allora le resistenze della moglie non sono giustificate e devono essere vinte, giustamente secondo Felaco, dal marito voglioso.

La sentenza di Benevento, (forse) legittima da un punto di vista formale, appare totalmente incrostata di pregiudizi che sarebbero più consoni a un talk show che a una Procura della Repubblica Italiana. E nonostante ciò, nonostante una sentenza dalle conseguenze potenzialmente apocalittiche, non possiamo non definirla prevedibile. Prevedibile nel suo modo di classificare le donne in base alle funzioni che rivestono e non alle persone che sono.

Quali sono queste funzioni? Figlie. Mogli. Madri.

La stessa divisione è presente nel nuovo saggio di Jude Ellison Sady Doyle intitolato Il mostruoso femminile – Il patriarcato e la paura delle donne (2021, traduzione di Laura Fantoni, Edizioni Tlon, pagine 301, 18 Euro). Questo è il percorso di vita che gli uomini hanno disegnato per le donne, da sempre, ma non per sempre.

Il saggio affronta la mostruosa figura femminile nella sua rappresentazione mitologica, noir, horror cinematografica e di cronaca (nera). Con un’agilità difficile da riprodurre, Jude Ellison Sady Doyle tratta cronaca giudiziaria, racconta leggende celtiche e della Grecia classica e scrive di film slasher. Improvvisamente, senza che il lettore se ne renda conto, si passa dalla rappresentazione dell’apocalisse nella Bibbia alle pellicole horror cinematografiche di serie B grazie a una penna fluida come poche, una solidità accademica invidiabile e una godibilità altissima. La densità e la complessità della materia trattata potrebbero essere spaventose da gestire ma Jude Ellison Sady Doyle è capace di tenere tutto insieme individuando un filo rosso che regge alla prova dei fatti ed è incrollabile anche davanti a più di un’obiezione. E lo fa attraverso una raccolta di informazioni fra le più disparate e apparentemente inconciliabili fra loro.

È questo il salto di qualità de Il mostruoso femminile, ovvero l’accostamento fra l’alto e il basso, fra l’elegante e il trash, fra il classico e il cringe; dal Norman Bates di Psycho (Alfred Hitchcock, 1960) a Jennifer’s Body (K. Kusama, 2009), da Bram Stoker’s Dracula (F.F. Coppola, 1992) a Specie mortale (R. Donalsdon, 1995). Fatta eccezione per le ultime pagine nella Conclusione – in cui si perde parte della brillantezza della scrittura ripetendo quasi fino allo sfinimento gli stessi concetti che vengono a noia – questo saggio è già un classico, ogni parte è funzionale e irrinunciabile, un tuffo nella storia dell’umanità, divertente e tragica, sarcastica e terribile, godibile, popolare.

Ciò che si comprende in modo chiaro ed esaltante in questo libro, a tratti rivoluzionario fin dalla complessa e bellissima copertina, è che il patriarcato e la paura delle donne, il tentativo della loro sottomissione e disumanizzazione permea ogni anfratto, ogni strato, ogni contesto della nostra società. Nessun luogo, nessun ambiente, nessun riflesso è libero dal terrore che arrivi l’apocalisse, ovvero la liberazione delle donne. Il terrore che una figlia possa fare sesso con chi preferisce, che una madre possa essere altro oltre all’istitutrice e foraggiatrice dei propri figli, che una moglie possa rifiutare il proprio marito, smettere di amarlo.

Neppure un Tribunale è libero dal pregiudizio, dal tentativo di sottomissione delle donne, neppure le donne sono esenti dalla paura di se stesse (cosa che ci ricorda drammaticamente che non basta appartenere al genere per essere femminista). Diversamente non sarebbe stata una donna ad affermare il diritto di un uomo di vincere la resistenza della moglie, come nella sentenza da cui siamo partiti.

Dinanzi a deludenti risposte istituzionali come quella della Procura di Benevento, conviene ripartire da dove il saggio di Jude Ellison Sady Doyle ha inizio ovvero da quel Frankenstein di Mary Shelley che promette «Mi vendicherò dei torti subiti. Se non posso ispirare affetto, seminerò terrore». La domanda qui è molto chiara: il sistema della giustizia merita ancora di essere rispettato e soprattutto ubbidito quando il suo compito primario, alla prova dei fatti, diventa infliggere ingiustizia?

Forse l’apocalisse di cui parla Jude Ellison Sady Doyle è proprio questa, ed è molto vicina.


La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini

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