Francesco Arturo Saponaro
Domani al Teatro Palladium a Roma

Note in giallo per Cartesio

La novità operistica di Guido Barbieri e Mauro Cardi che apre il Festival di Nuova Consonanza si ispira alla misteriosa morte del filosofo francese alla corte di Cristina di Svezia. E restituisce la vicenda con grande intensità espressiva e musicale

Sarà lo spettacolo di apertura del 58esimo Festival di Nuova Consonanza, domenica 7 novembre, ore 20,30, al Teatro Palladium in Roma. Le ossa di Cartesio è il titolo della novità operistica su testo di Guido Barbieri con musica di Mauro Cardi, compositore da tempo affermato nell’odierno panorama italiano. Ed è un giallo seicentesco di forte curiosità. Il lavoro è coprodotto da Nuova Consonanza e dall’Associazione OperaInCanto, che lo ha da poco presentato nel Teatro Comunale “Sergio Secci” di Terni. La vicenda è curiosa, ma ancor prima è misteriosa, e riguarda la morte di René Descartes, in italiano Cartesio, il grande filosofo e matematico francese, vissuto tra 1596 e il 1650. Opera in un atto e sei capitoli, Le ossa di Cartesio va in scena con la “mise en espace” di Enrico Frattaroli, mentre Fabio Maestri dirige l’Ensemble In Canto. Una specie di noir, dunque, in cui il protagonista è Cartesio stesso (interpretato dall’attore Franco Mazzi) che da morto racconta quanto accaduto dopo il suo assassinio del 1650, e tutti gli enigmi che lo circondano. Completano il cast i cantanti Valeria Matrosova, Patrizia Polia e Federico Benetti.

Cartesio è morto nel febbraio 1650 a Stoccolma, dove si era recato sul finire dell’anno precedente. Era stato invitato dalla regina Cristina di Svezia (1626-1689), originale figura di sovrana, affinché le impartisse di persona i suoi insegnamenti. Con l’impegno, però, di tenere lezione ogni mattina alle sei, recandosi al palazzo reale. Nel rigido inverno scandinavo, quindi, il filosofo era costretto a uscire di casa nelle ore più fredde. Il che ha indotto i biografi ad accogliere la tesi ufficiale di una polmonite, quale causa della morte di Cartesio, l’11 febbraio 1650. Ma qualche anno fa uno studioso tedesco ha pubblicato un libro nel quale si documenta la tesi che non per polmonite sia morto Cartesio, bensì per avvelenamento da arsenico. Dopo anni di ricerche, il professor Theoodor Ebert ha scoperto e portato alla luce un’annotazione del medico della corte svedese dell’epoca. Questi prese in cura Cartesio negli ultimi giorni; e nel suo scritto non soltanto descrive nel filosofo i sintomi inconfondibili dell’arsenico, ma aggiunge che, alla vigilia della fine, Cartesio stesso chiese un infuso di vino e tabacco, che all’epoca si usava per stimolare il vomito, proprio perché sospettava di essere stato intossicato. Pochi anni prima di Ebert, un altro autore, Eike Pies, rinvenne nell’archivio dell’Università olandese di Leiden una lettera dello stesso medico di corte a un suo collega, nella quale si riportava la sintomatologia del filosofo moribondo, sottolineando che questa sintomatologia nulla aveva a che vedere con la polmonite, bensì con l’arsenico. 

Il sospettato c’è, eccome! Ed è l’agostiniano Jacques Viogué, cappellano dell’ambasciata francese, confessore della regina Cristina, e in stretto contatto con il Papa dell’epoca, Innocenzo X. Questi – a conoscenza delle simpatie di Cristina per la confessione cattolica, e speranzoso di un’alleanza con un potente regno europeo – incarica Viogué di adoperarsi per favorire in ogni modo la conversione della sovrana. Il sopraggiungere di Cartesio a Stoccolma, e a stretto contatto con la regina, mette in allarme il padre agostiniano. Le teorie cartesiane sono troppo pericolose, per quanto il filosofo si professi anch’egli cattolico. E per di più Cartesio, arrivando a corte, ha recato con sé il suo ultimo trattato fresco di stampa, Le passioni dell’anima, nel quale si sostiene che le passioni umane fondamentali – amore, odio, gioia, tristezza, meraviglia, desiderio – non dall’anima sono ispirate, bensì dai diversi umori corporali che agiscono nel nostro organismo. Figuriamoci! Un bel pericolo per le manovre dell’abate Viogué e della Chiesa cattolica! Il bravo prete quindi, secondo Ebert, durante una cerimonia nella cappella della sua ambasciata somministra a Cartesio una comunione con ostia all’arsenico, come dai successivi, inequivocabili sintomi. Sicché il 2 febbraio il filosofo si aggrava, e nell’arco di una decina di giorni passa a miglior vita. 

Ma non è tutto. Perché Le ossa di Cartesio? Cartesio viene sepolto in un cimitero protestante di Stoccolma. Pochi anni dopo la sua morte, nel 1666, il Regno di Francia reclama i resti del grande filosofo. Durante l’esumazione, il capitano Planstrom, a capo del drappello di guardie svedesi che presenziano alla cerimonia, sottrae l’illustre cranio, sostituendolo. Era di moda, all’epoca, esibire sullo scrittoio un teschio, memento della caducità delle umane cose. Da lì in poi il prezioso teschio conosce surreali peripezie: considerato una reliquia, sarà venduto e comprato infinite volte da collezionisti, mercanti, alti funzionari, alti prelati, alti ufficiali. E ciascuno si sentirà in diritto di personalizzare il pregiato reperto, incidendovi il proprio nome, o un motto. Come che sia nel corso dell’Ottocento il cranio, che nel suo girovagare ha perso la mandibola, è battuto in una pubblica asta, in Svezia. Evidentemente ispirato dal pensiero positivista, l’acquirente lo dona al parigino Musée de l’Homme, dove tuttora è esposto. Il resto dello scheletro è invece nell’Abbazia di Saint-Germain-des-Prés.

Dall’appassionante vicenda resa in veste teatrale, Guido Barbieri ha ricavato un libretto agile, incisivo e al tempo stesso coinvolgente, centrato da una parte sul presunto avvelenamento, e dall’altro sulla rocambolesca dispersione del cranio e dello scheletro. Il testo scorre con persuasiva naturalezza, levigato nella concatenazione drammaturgica, fluido nel ritmo narrativo. Essenziale, tersa, incisiva, la partitura di Mauro Cardi è perfetta nella presa emotiva, nella funzionalità, nell’economia drammaturgica. Con elegante finezza, la scrittura musicale avvolge e trasfigura la narrazione in un’atmosfera di efficace trasparenza. Un omaggio raffinato, la creazione di Cardi, al fascino della meditazione, della profondità, dell’ordine stupefacente del pensiero cartesiano. Il filo conduttore introduce ogni capitolo affidando a un cantante una pagina vocale di un autore dell’epoca. Da ognuna di tali citazioni, ripresa integralmente o in parte, la scrittura musicale si diparte in altre direzioni, per proseguire su un itinerario dettato dal linguaggio e dal sentire di oggi. L’esito è di intensa suggestione, con una musica che avvolge l’intero spettacolo in uno scavo di penetrante, ipnotico effetto espressivo. 

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