Francesco Arturo Saponaro
All'Accademia di Santa Cecilia di Roma

Il trionfo del violino

Grande successo per due musicisti giovani ma di notevole talento: il violinista Giuseppe Gibboni, che ha appena vinto il prestigioso Premio Paganini, e il direttore Lorenzo Viotti. La musica ha in sé la forza per rinnovare il suo secolare rito sociale e creativo

Un gran bel colpo, va detto. Messa in difficoltà, alla vigilia di un concerto, dall’improvviso forfait della violinista in programma, l’Accademia di Santa Cecilia l’ha subito rimpiazzata. E che cambio! Sorretta della fortuna, l’Accademia ha trovato libero da impegni Giuseppe Gibboni, il giovane violinista salernitano che a Genova ha appena vinto la 56esima edizione del Premio Paganini, di altissimo prestigio internazionale, le olimpiadi del violino. Ed erano ben ventiquattr’anni che non vinceva un italiano! Catapultato all’ultimo istante sul palcoscenico ceciliano, e ovviamente avvolto dalla curiosità, Gibboni ha ottenuto un successo trionfale, confermando il talento e la stoffa del virtuoso. D’altra parte, questo violinista ventenne si è appassionato allo strumento fin da bambino. Genitori entrambi musicisti, diploma con menzione d’onore a soli quindici anni nel Conservatorio di Salerno, Giuseppe Gibboni vanta un curriculum già nutrito di esibizioni e premi importanti. E ha rivelato il suo animo generoso e sensibile anche in un episodio di cronaca: pochi giorni prima di aggiudicarsi il premio, sempre a Genova, il ragazzo era seduto ai tavolini di un bar quando ha assistito a uno scippo, e ha inseguito e afferrato il ladro che aveva sottratto la borsa a una signora poco distante.

Da notare che, nelle prime settimane, la straordinaria affermazione di questo ragazzo era stata accuratamente ignorata da tutti i mezzi di informazione. Superfluo ogni commento. Soltanto una tenace campagna di indignate proteste, campagna che ha ottenuto larga diffusione, ha finalmente infranto il muro di silenzio e d’ignoranza della stampa di regime. E sono stati dapprima Mattarella a consacrare istituzionalmente l’impresa di Gibboni, ricevendolo al Quirinale, e a stretto giro il ministro Franceschini in un incontro nel quale egli ha preso impegni importanti per la musica italiana, ai quali veniamo tra poco. E il brillante, imprevisto ingaggio da parte dell’Accademia ha felicemente coronato il cerchio.

Data la sostituzione in corsa, logico per Giuseppe Gibboni presentarsi a Santa Cecilia con un titolo di grande repertorio, tra l’altro appena eseguito nel Premio Paganini: il Concerto per violino e orchestra in re maggiore di Čajkovskij. Alla guida dell’orchestra, un direttore svizzero, Lorenzo Viotti, anch’egli molto giovane ma già affermato sulla scena internazionale. Viotti ha incorniciato il concerto di Čajkovskij con altre pagine celebri, e di sicuro favore presso il pubblico: Ouverture dal Pipistrello di Johann Strauss jr (quello dei celebri valzer viennesi), Suite dal Cavaliere della rosa di Richard Strauss (nessuna parentela con l’altro), La Valse di Maurice Ravel.

Misurandosi con il monumentale Concerto per violino di Čajkovskij, Gibboni ha impressionato a fondo. Guidato da matura consapevolezza, l’artista ha affrontato questa pagina esibendo un approccio e una personalità di tangibile rilievo. Temperamento sicuro, approccio perfetto nelle agilità e nelle articolazioni più impegnative, sempre scandite con perlacea nitidezza, Gibboni ha offerto una lettura illuminante della sua personalità. Fraseggio impeccabile e morbidezza di suono, coniugati a un’indiscutibile autorevolezza interpretativa, hanno condotto il violinista lungo un intenso confronto con l’orchestra, anch’essa magnifica, dal quale è emersa un’esecuzione di alto significato. Il tempo e l’esperienza daranno poi a questo ragazzo la misura più opportuna per attraversare pagine come la Canzonetta, il movimento centrale cantabile, con un peso un po’ più autorevole e marcato.

Pubblico entusiasta anche per le altre musiche in locandina, com’era prevedibile per il loro fascino. Molti applausi anche per Lorenzo Viotti. Il trentunenne direttore d’orchestra, già impegnato in una carriera di giro internazionale, mette in mostra una tecnica palesemente sicura, e fondata su solidi studi. In pagine così belle, oltre al clangore e all’effetto che destano, si vorrebbero però sfumature di gusto più attente ai dettagli, e più sensibili a magie e colori che nella sua lettura erano appena accennate. È un bagaglio di scelte che, data la personalità di questo direttore, arriveranno probabilmente col tempo, e col dosaggio di colori ed equilibri che l’esperienza suggerirà.

Tornando al versante istituzionale, pochi giorni fa il ministro Franceschini ha preso un’iniziativa molto promettente. In controtendenza alla disattenzione generale, ha convocato i giovani musicisti che, in questi ultimi tempi, hanno riscosso prestigiosi riconoscimenti di valore internazionale. E quindi, accanto a Giuseppe Gibboni, c’erano Giovanni Bertolazzi, secondo classificato nel Concorso Liszt a Budapest, il goriziano Alexander Gadjiev e Leonora Armellini, rispettivamente secondo ex aequo e quinta nel Concorso Chopin a Varsavia, e Ottavio Dantone, direttore dell’Accademia Bizantina, seconda migliore orchestra di musica barocca nel mondo, secondo la classifica di quest’anno dei Gramophone Awards. Con l’occasione, Franceschini ha dato un annuncio che potrebb’essere fondamentale per la vita musicale del nostro Paese. Nel Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) per il 2022, sarà previsto un contributo straordinario per la nascita di orchestre stabili nelle città e nelle regioni in cui è presente un Conservatorio, ma non c’è un’orchestra stabile. «Il Paese si mobilita giustamente per le vittorie sportive – ha detto il ministro – ma non abbastanza per dei risultati incredibili e straordinari sul piano culturale, che sono quelli raggiunti da questi ragazzi… È necessario che tutti i giovani che si sono laureati nei nostri Conservatori abbiano la possibilità di affermare la loro professionalità, e di trovare lavoro nel nostro Paese».

Musica per le nostre orecchie, è proprio il caso…

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