Lidia Lombardi
Perugino a Palazzo Ducale di Urbino

Il “divin pittore”

Al maestro di Raffaello, poi “sorpassato” dall’allievo, è dedicata una mostra che attraverso i venti dipinti dell’artista umbro e di altre opere di suoi contemporanei inquadra, proiettandosi verso il secolo successivo, gli ultimi trent’anni del '400

Il Palazzo Ducale di Urbino restituisce il suo cuore più antico, l’appartamento cosiddetto della Duchessa, nell’ala più settentrionale, per continuare a parlare intorno a Raffaello. Una mostra, curata da Vittorio Sgarbi, sta rallegrando l’estate e lo farà nella prima metà dell’autunno, fino al 17 ottobre, sotto il segno del Perugino, che di Raffaello fu il maestro e poi quasi ne divenne l’allievo, tanto esplose la fama del Sanzio. Non è solo, con i venti dipinti in esposizione nella sala del Castelliere, più due video, una ricognizione sulla bottega di Pietro Vanucci, così si chiamava l’artista che spaziò dalla nativa Umbria (Città della Pieve 1448 circa – Fontignano 1523) alle Marche, valicando un Appennino che invece di dividere univa. È uno squarcio sul prima di Raffaello che significa il meglio del Quattrocento, là dove echi del tardogotico si declinano nel classicismo presto vibrante di manierismo: un impasto sapiente di umori stilistici dove la fa da padrone il paesaggio, quegli sfondi che Perugino quasi inventa come leit motiv della pittura.

Sono gli ultimi trent’anni del Quattrocento che la rassegna inquadra, proiettandosi verso il secolo successivo: «Gli artisti tra Umbria, Marche e Toscana cercano una strada nuova dopo l’arrivo della Pala di Piero della Francesca per la Chiesa di San Bernardino, mausoleo dei Duchi – osserva Sgarbi. È una lingua di emozioni e sentimenti che nessuno saprà interpretare meglio di Raffaello. Ma a ispirarlo e indirizzarlo sarà proprio il Perugino». Così la rassegna che chiude il cinquecentenario della morte del Sanzio, 1520, si aggancia alle celebrazioni per quello del Perugino, 1523, che sopravvisse all’allievo.

Ecco allora che una narrazione per opere d’arte evoca personaggi e clima: la corte dei Montefeltro, il bon ton politico e diplomatico dettato da Baldassar Castiglione, l’intrecciarsi di pennelli eccellenti. Sgarbi, da anni ormai proiettato a rilanciare i nomi degli artisti d’Italia Centrale meno conosciuti dal grande pubblico, propone in apertura di rassegna Giovanni Boccali, Bartolomeo Caporali, Bartolomeo della Gatta, per non parlare di Giovanni Santi, il padre di Raffaello. Anche il Perugino va poi a bottega, a Firenze: il maestro è Andrea Verrocchio, gli esempi alcune firme fiamminghe, i compagni Leonardo, Botticelli, Ghirlandaio. Si ritroveranno in molti a decorare, nel 1481, la Cappella Sistina. Ma da quell’apprendistato Perugino aveva imparato a realizzare paesaggi luminosi, quasi smaltati, e contemporaneamente, memore di Piero della Francesca, a usare un’apollinea misura. Eccoli gli sfondi di aere cilestrino, di colline, di trasparenti alberature: li troviamo nella Madonna degli Alberelli (nell’immagine) del contemporaneo (e nato a Perugia) Eusebio di San Giorgio come nella serie sulla vita di Cristo della predella firmata dal nostro Pietro Vannucci. Sono gli stessi panorami che si rivelano se ci affacciamo alle finestre del Palazzo Ducale, vedute della bella Italia dolci e languenti, speranzose ed enigmatiche insieme, allusive a decine di sensazioni e significati. Ma ecco anche le suggestioni di Pinturicchio, del “nervoso” Signorelli, gli stessi che a Roma si calarono con Raffaello nei buchi del colle Oppio e scoprirono le meraviglie affrescate della Domus Aurea, dando il via alla moda delle grottesche.

Emozionante anche uno dei filmati: mette a confronto lo Sposalizio della Vergine del Perugino, dipinto nei primi anni del Cinquecento per la cattedrale di Perugia e oggi in Normandia, con l’omonima tavola fatta da Raffaello nel 1504 per la chiesa di San Francesco a Città di Castello e oggi alla Pinacoteca di Brera. Si squarcia il debito verso il Perugino, chiamato “divin pittore”, e insieme il “sorpasso” compiuto dal giovane Raffaello. Ma la grazia immanente di certe Madonne o di quell’Arcangelo Gabriele provenienti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria danno conto di un’osmosi di ingegni in un’epoca inimitabile. Il percorso e le scoperte potrebbero continuare nelle decine di conventi, pievi, parrocchie, confraternite di qua e di là dell’Appennino, da Città della Pieve a Panicale, da Foligno a Corciano, a Montefalco. È un invito a un turismo lento e consapevole, per riprenderci il Bel Paese e dimenticare il confinamento.

Nell’immagine vicino al titolo: particolare dell’Arcangelo Gabriele di Perugino.

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